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Borgo piccolo, grande scrittore, uomo immenso

Autore di libri importanti, giornalista e un film sulla sua vita montanina.

Terzani ed Orsigna. <<…Torno sempre anch’io e sempre più mi domando se dopo tanta strada fatta in cerca d’un senso all’insensata cosa che è la vita, questa valle non sia dopotutto il posto più altro e più sensato; e se, dopo tante avventure tanti amori per il Vietnam, la Cina, il Giappone e ora l’India, l’Orsigna non sia – se ho fortuna – il mio vero ultimo amor.>>

E’ il pensiero di Tiziano Terzani espresso nell’agosto del 1998 in un articolo, molto più lungo, per Il Corriere della Sera, riportato nel libro di chi scrive, “Tiziano Terzani: l’Orsigna ultimo amore”. Parole che raramente si leggono su una pagina di giornale, più frequenti in una raccolta di poesie d’autore, che fanno capire quanto fosse grande l’amore del giornalista – scrittore per questa piccola frazione montana pistoiese, terra di confine fra la Toscana e l’Emilia. “Da Orsigna non ci si passa, per andarci bisogna volerlo”, altra sua storica affermazione.

Tiziano Terzani arrivò in questo piccolo paese, una valle verde come poche altre, nel 1945, aveva bisogno di aria buona, questo l’ordine del medico. Suo padre Gerardo conosceva Orsigna perché ci veniva a sciare su due palanche che ogni volta toglieva dalle staccionate, non trovò migliore soluzione che portarlo su, prima in affitto dall’Azelia, la postina del paese, poi dalla Filide. Solo più tardi, quando Tiziano Terzani fu consacrato giornalista e scrittore e arrivarono i primi soldi, si costruì una casa presso la borgata “Il Contadino”, ma non di lusso, una casa come le altre.

All’Orsigna, terra di pastori e carbonai, Terzani è cresciuto, ha scoperto la libertà, quella che a Firenze i genitori non gli permettevano, ha coltivato le prime amicizie, ha vissuto i primi innamoramenti, ha conosciuto i poeti di contrasto, quelli che una volta diventato grande amava riunire nelle serate d’estate nell’aia di casa, con tanti ospiti e l’immancabile damigiana di vino.

Ancora Tiziano Terzani e Orsigna, per la quale non lesinava dichiarazioni d’amore: “Orsigna mi ha messo la poesia nella vita, ci sono venuto da ragazzo, questo rimane il posto del mio cuore e rimane il mio rifugio. Dovunque sono stato nel mondo, qualunque cosa mi succedesse, tranne l’incontro con la Signora dal mantello nero, avrei potuto rifugiarmi all’Orsigna…..”. Un’altra dimostrazione del legame che aveva instaurato, un paese autentico e integro come solo gli artisti sanno trovare e apprezzare.

Il percorso professionale di Tiziano Terzani (tessera giornalistica tedesca) è stato di grande intensità. Quasi trent’anni di corrispondente dall’Asia per il settimanale tedesco Der Spiegel: a Singapore, Hong Kong, primo giornalista occidentale a prendere servizio a Pechino, e poi Saigon, Cambogia, Tokio, Bangkok, infine l’India dove si stabilisce nel 1994.

Nel 1995 scrive, “Un indovino mi disse”, pubblicazione che incrina il suo lavoro di giornalista, dà inizio a una marcia di avvicinamento al Divino, passa molto del suo tempo all’Orsigna e sull’Himalaya dove ha preso una baita. Cambia anche l’abito, veste all’indiana, pantaloni larghi e casacche sempre di colore chiaro, vegetariano, grande difensore della natura, religioso ma senza coltivare religioni.

Purtroppo, arriva anche il male, nel 1997 gli viene diagnosticato il cancro che lo porterà alla morte il 28 luglio del 2004, avvenuta per sua scelta nel paese preferito, fra le braccia della sua amata moglie Angela, Folco e la figlia Saskia. Sette anni intensi, intervallati dal ritorno al lavoro dopo l’attacco alle torri gemelle di New York, quando, con lo scoppio della guerra in Afganistan si reca a Peshawar, collabora con Il Corriere della Sera e scrive il libro “Lettere contro la guerra. Al suo ritorno diventa uomo di pace, le sue visite si concentrano nelle scuole e luoghi istituzionali: “Ad una guerra non si può rispondere con una guerra”, questo il suo pensiero espresso a tutte le platee.

Nel 2004 le sue condizioni di salute peggiorano, il 12 marzo chiama il figlio Folco che si trova negli Stati Uniti, gli rimangono pochi mesi di vita: “Se vuoi venire a Orsigna, un’ora il giorno, ti racconterò quello che non ti ho mai detto, quello che vorrai conoscere, di me e della mia famiglia”. Folco accolse l’invito, salì all’Orsigna, registrò ogni cosa detta dal babbo, nel 2006 scrisse il libro-testamento, “La Fine è il mio inizio”, dal quale è stato tratto il film, uscito il 25 ottobre del 2010 nelle sale tedesche e il 1 aprile del 2011 in quelle italiane. Nei panni di Tiziano Terzani uno splendido Bruno Ganz, il ruolo di Folco interpretato da Elio Germano. Le ceneri di Tiziano Terzani sono state sparse nell’appenninica vallata della sua vita.

Tiziano Terzani

Conversazione con la moglie Angela

Orsigna primo e ultimo amore

Per Tiziano Terzani, autore universale, il nascondiglio che nessuno conosceva.

Orsigna, ultimo amore. L’Orsigna, primo amore. L’Orsigna, amore.

Tiziano Terzani, giornalista in giro per il mondo, poi scrittore che si liberò delle notizie, ormai inopportune lungo il suo percorso interiore, dell’Orsigna s’innamorò da piccolo e lì morì, nel 2004. S’innamorò della natura, del mistero, della spiritualità, della favola.

Quante filosofie sono nate in montagna, dice Angela Terzani Staude, che sposò Tiziano da ragazzina (aveva 18 anni) e lo accompagnò sempre: “All’Orsigna c’è gente semplice, ma intelligente. Gente che capisce tutto. L’Orsigna è stata la nostra casa, il polo opposto alla vita randagia. I nostri figli ci hanno passato l’infanzia, mia madre e mia suocera le estati. Se ci succede qualcosa nel mondo, pensavamo, c’è Orsigna. Il nascondiglio che nessuno conosceva”.

Una valle di castagni piena di gente, dopo la guerra, Tiziano bambino. Boscaioli come stuntmen descritti in La mia fine è il mio inizio, adesso un film con Bruno Ganz nelle vesti di Terzani ed Elio Germano in quelle di suo figlio Folco. “Facevano cose incredibili. Legavano un cavo di ferro nella montagna di fronte poi, a spalla, attraversando il fiume, lo portavano da questa parte, lo legavano in piazza, lo mettevano in tensione e dall’altro versante facevano partire i carichi di legna attaccati a un uncino. Arrivavano a velocità spaventosa ed andavano a sbattere contro un copertone. A volte quei pazzi ci si legavano loro stessi. Lo ricordo come fosse ora […] una volta uno si distrasse fra un carico e l’altro e finì schiacciato in piazza”. Una valle di castagni quasi disabitata, oggi. Alcune famiglie di vecchi, un pastore. Angela vorrebbe quasi celare l’Orsigna, per non svilirla, ma ne parla volentieri: “Sennò non sopravvive. La politica trascura le valli. Poche persone, pochi voti. C’è la fissazione per un mare ‘sbagliato’, per i paradisi fasulli, i villaggi vacanza.

Pochi vanno in montagna. Bisognerebbe riaprire i sentieri: lassù c’è un gran serbatoio di salute mentale. Forse la nuova povertà ci costringerà a ingegnarci di nuovo?”. Intanto, all’Orsigna hanno ricostruito un mulino da mostrare ai bambini che, durante la gita, assaggiano le castagne. Chissà, qualcuno potrebbe innamorarsene.

TESTI

Giancarlo Zampini

FOTO

Riccardo Boccardi

 

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