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Il paesaggio dei castelli

Gli antichi sentieri della Valdinievole fra natura e storia

Lungo la strada provinciale, che va da Pistoia a Montecatini Terme, l’attenzione viene attratta dal turrito borgo di Serravalle, a presidio del valico, superato il quale si apre la Valdinievole. Ed ecco qui, in cima a un erto colle, sulla sponda sinistra del fiume, svetta una torre solitaria (illuminata di notte), residuo baluardo del castello di Monsummano, a cui, in un bellicoso Medioevo, faceva da contraltare, sull’opposta riva della Nievole, quello di Montecatini, oggi Montecatini Alto. Seguono, poi, sui rilievi verso Ovest, quelli di Massa, Cozzile, Colle, Buggiano, Uzzano e Montecarlo ‘di Lucca’.

Lungo la dorsale del Montalbano invece, naturale confine occidentale della Valdinievole, potremmo percorrere il crinale verso Sud, fra antichi sentieri, da Mosummano Alto verso Montevettolini, Cecina, Larciano, i ruderi dei due castelli di Lamporecchio, Cerreto Guidi, Vinci (già, il paese di Leonardo!). La straordinaria densità di castelli ha precise ragioni storiche e geografiche: non solo era necessario difendersi nei ‘secoli bui’, ma la pianura, in gran parte occupata dal Padule di Fucecchio, era insalubre. Va da sé che la popolazione rurale abitasse nei borghi fortificati sulle alture, sopravvissuti anche in età di rinascita urbana, fra XII e XIV secolo, giacché la Valdinievole, dominio lucchese, fu terra di aspri scontri prima con Pistoia, poi con Firenze.

Nel 1339 la vallata divenne tutta fiorentina ma i castelli rimasero, ancora, a presidiare il confine. La loro decadenza iniziò quando, nel Seicento, con la bonifica medicea e la fondazione di insediamenti di pianura (primo fra tutti l’attuale Mosummano Terme, nel 1602), la vita gradualmente ‘scivolò’ verso valle: la peggior sorte certo toccò al castello di Monsummano, quello posto sul colle più impervio e da sempre privo di fonti d’acqua, oggi fascinoso paese fantasma dove restano, fra i ruderi delle antiche case e stalle sepolte dai rovi, solo gli edifici religiosi e un’unica casa abitata. Lunghi tratti della cinta muraria dugentesca rimasti, più o meno diroccati, consentono ancora di leggere l’impianto urbano ‘a fuso’, modellato sulla morfologia del colle. All’estremità nord si trova la torre pentagonale, piccolo gioiello di architettura militare, che offriva all’esterno i lati obliqui, più sfuggenti, ai colpi dei nemici e garantiva un’ampia visuale, dal castello di Serravalle ai Monti Pisani. Poco distante sul lato nord-ovest, ben conservata, la Porta di Nostra Donna dalla quale si scendeva a fondovalle, verso la via Cassia. Dalla torre la strada principale conduce dirimpetto alla suggestiva chiesa di San Niccolao, ancor oggi officiata, mentre sul lato destro della piazzetta si trova, sconsacrato, l’oratorio del Corpus Domini.

Antiche Strade lastricate

Monsummano alto

La chiesa, il cui impianto risale probabilmente all’XI secolo (e del resto il castello è attestato sin dal 1005), è a semplice aula unica e si presenta oggi nel suo aspetto dugentesco: l’irregolare tessitura muraria in pietra della facciata, con portale sovrastato da un arco ogivale, denuncia rifacimenti e ampliamenti. La strada prosegue a destra sotto il possente archivolto, che sorregge la torre campanaria e conduce all’estremità sud delle mura alla Porta del Pidocchio (o del Mercato).

Da questa ci si dirige verso Montevettolini: entrando dalla porta Barbacci, o del Vicino, per le antiche strade lastricate del castello si ha la sensazione che la viabilità anulare e di pendenza stringa l’edificato alla collina, molto dolce e dal culmine pianeggiante. Le residue architetture militari medievali rievocano un passato burrascoso, ormai sbiadito nell’odierna quieta vita del paese. Isolata e attraente è rimasta, poco fuori dall’abitato, la torre poligonale ‘dello Sprone’, un tempo avamposto verso valle della possente cinta muraria, che aveva il suo caposaldo nella rocca eptagonale alla sommità del colle.

La maggior parte delle torri è invece stata riutilizzata in nuove architetture (e quindi oggi scarsamente riconoscibile), come nel trecentesco ex Palazzo Comunale e sul lato ovest, originaria facciata, della chiesa dei Santi Michele e Lorenzo. Questa prospetta, col bel portico meridionale, su piazza Bargellini: in leggera pendenza e di forma triangolare, l’ampio invaso è il vero cuore del borgo, sede un tempo del mercato istituito nel 1602 dal Granduca Ferdinando I dei Medici, che, solo pochi anni prima, vi aveva fatto erigere una sua villa. A destra del loggiato la strada passa sotto la poderosa torre campanaria sorretta da un archivolto, probabile ingresso alla rocca medievale, riadattata dal 1597 a dimora signorile.

La costruzione di una residenza di caccia ai margini della riserva del Barco Reale rientrava in un più ampio progetto di riorganizzazione territoriale della Valdinievole, iniziato dalla Corona, proprio in quegli anni con la bonifica del Padule. Il ‘Palazzo’ di Montevettolini, su progetto dell’architetto granducale Gherardo Mechini, andò così a sostituire la rocca, includendone alcune torri e la Porta del Cantone.

La Villa Medicea fu poi ceduta alla famiglia Bartolommei (1650) e nel 1871 acquistata dal principe Marcantonio Borghese. Tuttora residenza privata della nobile famiglia papalina ha mantenuto il suo aspetto severo e ‘fuoriscala’ rispetto all’impianto urbano del borgo: l’affascinante mole, ben riconoscibile anche a distanza, da oramai quattro secoli caratterizza il paesaggio dei castelli.

Unica Abitante

Camminando fra le rovine di Monsummano Alto, spesso la possiamo incontrare mentre passeggia circondata dai suoi animali; da sempre si sposta a piedi, anche per andare nel piano. Nata e cresciuta nel castello, Assunta Ventavoli è l’unica abitante che ancora, oggi, risiede nell’antica piazza del borgo. La sua casa si riconosce dalle stupende piante che fioriscono in tutte le stagioni. Una persona di altri tempi, che con la sua semplicità e disponibilità ci ha aperto l’antico portone della chiesa di San Nicolao.

Dimorare in Villa Medìcea

Consapevole privilegio e serio impegno del principe Fabio Borghese

Intervista di Emanuel Carfora

Fabio Borghese nasce a Roma nel 1965, 3 figli, Alessandro, Sofia, e India,  laurea in economia e commercio conseguita all’università la Sapienza di Roma con il massimo dei voti. Manager per multinazionali in diverse sedi nazionali ed europee del settore energia, quali Exxon e Mobil. Attualmente è dirigente dell’Enel e ricopre il ruolo  di International business development. In buona sostanza, ricerca aree di sviluppo del business all’estero. Ricopre la carica di consigliere e socio nel Resort Fattoria Medicea e nell’Azienda Agricola Le Case, attività di famiglia, entrambe situate a Monsummano Terme in provincia di Pistoia.

– Cosa significa per lei essere il proprietario di una delle Ville Medicee?

È un grande privilegio, ma allo stesso tempo, anche un grande impegno verso la mia famiglia, che mi ha scelto come successore e verso tutta la comunità. Essere proprietario di un bene unico mi rende orgoglioso. Le confesso,però, che oltre a una spesa è anche un’impresa, che ti obbliga ad un’attenzione quotidiana.

Principe Borghese, una volta lei ha dichiarato che gli unici titoli che contano sono quelli della Borsa.

È vero, anche se, attualmente, pure i titoli di borsa non contano più tanto. Un triste destino comune. Oggi, sempre di più gli ultimi valori tangibili rimangono la famiglia, l’amicizia e le tradizioni.

 – Un ricordo personale legato alla sua Villa di Montevettolini?

Infiniti, potrei scrivere un libro. Ma i più indelebili sono quelli legati alle vacanze con i miei genitori e le mie sorelle. Arrivare a Montevettolini significava, è vero, la fine dell’estate, ma anche l’inizio della vendemmia e dei raccolti del granoturco. Poi, tutti giù alla fattoria medicea con mio padre, il fattore e i contadini, una “full immersion” di valori veri che porterò sempre con me.

TESTI

Claudia Becarelli

Emanuel Carfora

 

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