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Il fascino della vallata e di un’antica storia

Molte mete attraenti, da Pavana a Torri, affacciate su un ramo della via Francigena, percorso medievale dei pellegrini.

Una nidiata di case appollaiate su un’altura, una rocca medievale che le sorveglia, una via di antica fama che, assottigliandosi, si perde nel verde dei boschi, un solo abitante abbarbicato alla propria terra come una ginestra e ormai unica memoria di un passato ben più vitale: questa è la Sambuca oggi.

Ma non è stato sempre così. Il paese è antico, ha una storia importante e non di rado bellicosa. Già il nome, di probabile origine romana, parla di guerra (la sambuca era infatti una macchina militare usata dagli eserciti di Roma ) e la guerra ha accompagnato gran parte delle vicende storiche del Castrum Sambucae.

La posizione strategica del Castello (nel 1313 vi morì Selvaggia dei Vergiolesi, la donna cantata dal poeta Cino da Pistoia, lì rifugiatasi per sfuggire ai Guelfi) e del suo distretto, situati a cavallo tra Pistoia e Bologna lungo la Via Francesca, e la natura fiera e ribelle degli abitanti ne sono la spiegazione.

Nonostante il progressivo spopolamento, Sambuca Castello non dà l’impressione dell’abbandono; il paese è curato con sobrietà montanina e mantiene immutato tutto il suo fascino sia d’estate,quando si ripopola, sia nelle altre stagioni, quando tutt’intorno regna la solitudine. Vi si giunge solo a piedi, dopo aver lasciato l’auto in un minuscolo parcheggio poco lontano e, già all’ingresso, sembra di entrare in un’altra dimensione spazio-temporale, che incute rispetto e invita a silenzi che parlano all’anima.

Alcune viuzze in ciottolo si diramano all’interno dell’abitato e si arrampicano per poi ricongiungersi in prossimità della rocca; incombono case, anche a più piani, murate sulla viva roccia, quasi emanazione della roccia stessa; il ripiano più ampio è una modesta piazzetta, gremita di gente solo il 25 Luglio in occasione della festa patronale,sulla quale si aprono le porte delle ultime abitazioni. In alto, a guardia del borgo, due maestosi edifici: la chiesa medievale, dedicata ai Santi Jacopo e Cristoforo, il cui porticato si affaccia sulla valle angusta e profonda della Limentra occidentale e, in vetta, l’antica Rocca del Castello. Solo salendo fin lassù è possibile capire perché Sambuca è stata tanto contesa nei secoli: dalla sua torre, un tempo merlata, collocata sull’estremo contrafforte appenninico toscano, la vista si distende per lungo tratto, a nord verso il Bolognese, e a sud verso Pistoia, sulla direttrice che percorrevano i pellegrini diretti a Santiago di Compostela.

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Tutt’intorno una corona di monti che confinano col cielo, non di rado di un azzurro limpidissimo. Questo cantuccio fascinoso si raggiunge percorrendo la Statale n° 64 Pistoia-Bologna ; in località Bellavalle una strada carrozzabile piena di tornanti si inerpica per poco più di un chilometro e conduce ad un Convento del ‘700 , il Santuario della Madonna del Giglio, ancora affidato alla cura delle Suore Francescane dell’Immacolata. L’abitato di Sambuca Castello è lì di fronte, a non più di un centinaio di metri, da raggiungere rigorosamente a piedi.

Per il turista molte sono le mete interessanti situate nel distretto Sambucano. Oltre il crinale, nella valle del fiume Reno, è da visitare Lagacci, il paese dei proverbi (ogni viuzza e piazzetta ne espone uno), mentre nel versante opposto un’ antica mulattiera scende da Sambuca verso l’abitato di Taviano, che si snoda lungo la Statale 64 e il torrente Limentra (affluente del fiume Reno): qui si incontrano un Oratorio settecentesco, il Municipio e più avanti la casa natale dell’illustre dantista Michele Barbi.

Il paese più popoloso è Pavana, quasi al confine con l’Emilia Romagna, nominato già in alcuni documenti del X secolo; più ad est i versanti della Limentra Orientale e della Limentrella ospitano borghi estremamente suggestivi, come Treppio, col suo dialetto particolarissimo; Torri, il paese di pietra e della pietra (in passato vi si lavorava questo materiale), che ha nella chiesa di S.Maria Assunta il suo staordinario culmine; Monachino, legato in passato alla famiglia fiorentina De’ Pazzi, sede di una ferriera granducale e in origine dipendente da Pian del Toro, località lì vicina che ospitava un antico Oratorio immerso tra i faggi (oggi ne resta a ricordo solo un tabernacolo). All’interno della Foresta dell’Acquerino vi sono poi i ruderi del monastero benedettino di S.Salvatore a Fontana a Taona (a quota m. 1091), antico approdo di pellegrini e poveri.

Lupo solitario

Sergio Cioni, ultraottantenne, è l’unico residente nel borgo di Sambuca Castello. La sua vita è trascorsa interamente tra questi monti, dai quali non si è mai voluto separare. Prima boscaiolo, poi postino, ha visto spopolarsi lentamente il paese del cui passato parla con appassionate espressioni miste di lingua e dialetto sambucano.

 

TESTI

Maurizio Ferrari

FOTO

Nicolò Begliomini

 

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