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Sapienza giuridica e convivenza civile

1117-2017: novecento anni sono molti e avrebbero tutti i crismi di antichità e di nobiltà, e dunque di autorevolezza, per festeggiare una ricorrenza importante e, in una qualche misura, dal valore fondante per la nostra comunità cittadina.

Il 1117 sancirebbe, infatti, secondo una lettura che ha avuto una sua fortuna e più di un motivo di plausibilità filologica e paleografica, il momento in cui la città di Pistoia, organizzata da qualche decennio secondo il modello comunale, si sarebbe dotata del suo più antico statuto, della raccolta cioè delle leggi che dovevano servire come base legislativa per il governo della città e del suo territorio. Il condizionale è tuttavia d’obbligo: quella data, in realtà, pone tutta una serie di problemi di ordine storico e si dovrà, con ogni probabilità, posticipare di qualche decennio, come già una vecchissima tradizione di studi aveva intravisto e come gli studiosi della prima età comunale tendono sempre più a ritenere.

Una più pertinente contestualizzazione storica e storiografica ci impone di spostare in avanti quel 1117 di almeno un mezzo secolo, ma questo è un aspetto noioso, di incerta e complessa discussione e che riguarda soprattutto gli specialisti con tutte le loro proposte e contro proposte. Quel che, invece, si dovrà tenere ben presente è che Pistoia può esibire una delle tradizioni normative più antiche di tutta l’Italia comunale, di quella parte d’Italia a settentrione di Roma, cioè, che, a datare dagli ultimi anni del Mille, conobbe una delle forme istituzionali più originali dell’Europa del tempo, fondata sull’autogoverno cittadino, sganciata da qualsiasi autorità politica superiore e legittimata dalla partecipazione popolare – in un senso molto ristretto naturalmente – e dal lavoro delle assemblee consiliari.

0004vPT AC C 90
Ingrandimento dello Statuto di Pistoia, contenuto nel Codice C.90 dell’Archivio del Capitolo della Cattedrale.

Pistoia, che aveva avuto una frequentazione, almeno funeraria, già in epoca etrusca, una sua storia abitativa dall’inizio del II secolo a.C., un ruolo non trascurabile lungo i secoli altomedievali, soprattutto dall’età longobarda in poi, nei decenni immediatamente successivi al Mille ebbe nel Vescovo e negli esponenti delle famiglie signorili dei Guidi e degli Alberti i maggiori riferimenti di carattere politico. Lungo il secolo XI, insomma, il potere era gestito dal capo della chiesa cittadina – erano gli anni della commistione fra potere spirituale e potere temporale – e da quei signorotti che erano riusciti a creare qualche legame con le grandi aristocrazie del Regnum e a mettere insieme cospicui patrimoni di terre. La terra, non si dovrà mai dimenticare, era il viatico per la costruzione di qualsiasi forma di eminenza e di prestigio in quei secoli.

Dobbiamo guardare allora proprio ai fideles del Vescovo, agli uomini che avevano saldato legami di fedeltà e di protezione – quei legami che rimandano alla natura feudo-vassallatica per intendersi – con la maggiore autorità politica urbana, se vogliamo capire chi furono i protagonisti di quella straordinaria stagione, forsein buona misura anche inconsapevole, che condusse alla progressiva emancipazione dal controllo signorile e alla successiva creazione di quella nuova forma di governo cittadino che sarebbe stato il Comune.

Quegli uomini, per lo più medi e grandi proprietari di terre nella campagna intorno a Pistoia, avvertirono l’esigenza di creare qualcosa di nuovo, se non altro di diverso, che consentisse di dare nuova linfa al mercato alimentare, alle attività artigianali e commerciali e più avanti alla lavorazione del ferro. Ai tratti di quella società e di quella civiltà che rimangono ancora ben inscritti nella trama identitaria e architettonica della nostra città, basti qui il solo richiamo al ruolo del Romanico delle nostre chiese più belle, da Sant’Andrea a San Giovanni Fuorcivitas a San Pier Maggiore. Fu lungo il secolo XII, il Millecento, che Pistoia si affermò come Comune autonomo, che riuscì a dotarsi di magistrature in grado di governare la città – i consoli prima e il Podestà dagli ultimi anni del secolo –, di crescere di popolazione, di specializzarsi nell’artigianato e nel prestito del denaro e di divenire – come mostra quello scrigno straordinario che è l’Archivio Capitolare – anche un centro culturale di prim’ordine, con rapporti e legami con alcuni dei poli universitari più dinamici dell’Italia e dell’Europa di allora.

In quella temperie di rinnovamento e di sperimentazione politica, economica e sociale, che è poi la capacità propulsiva tipica delle società più vive, i Pistoiesi si dotarono delle regole fondamentali della vita associata, e così fra il 1140 e il 1180 circa confezionarono ben tre statuti, il frammento di cui si è detto, uno statuto dei Consoli e uno statuto del Podestà. I tre testi normativi, oggi conservati nel codice C.90 dell’Archivio del Capitolo cattedrale e studiati magistralmente una ventina d’anni fa da Natale Rauty, tramandano l’intero patrimonio giuridico della nostra città nel primo secolo della sua vita comunale. La struttura istituzionale della civitas, i compiti delle magistrature più importanti, l’assetto amministrativo, la vita economica, le norme del vivere quotidiano, persino quelle igieniche e quelle relative alle modalità per costruire le abitazioni e le mura, per la manutenzione delle strade e per lo smaltimento dei rifiuti oppure per la gestione degli edifici ecclesiastici erano dettagliatamente disciplinate. Gli statuti costituivano allora la base di governo di una comunità cittadina, che non era soltanto un ente amministrativo come noi siamo abituati a considerare i nostri comuni ma un ente politico che aveva facoltà giurisdizionale e poteva dunque fare guerra, amministrare la giustizia e riscuotere le tasse. Quelle stesse norme rimangono a distanza di nove secoli un deposito altissimo di memoria storica e di testimonianza civile.

Il 1117 rimane, dunque, forse solo una data evocativa e per noi oggi, nell’anno in cui la nostra città è la capitale italiana della cultura, una possibilità di celebrazione centenaria, in parte mancata. Quel che però non si potrà negare è che quella che sarebbe diventata più avanti la città di Cino, la città di uno dei maggiori giuristi e poeti del primo Trecento italiano, nel primo secolo della sua vita comunale aveva giocato spesso d’anticipo fino a pensare, redigere e poi fortunatamente conservare e poter vantare, con Genova e Pisa, il più antico corpus normativo dell’intera Italia comunale. Un vero monumento di sapienza giuridica e di convivenza civica.

 

TESTO
Giampaolo Francesconi

FOTO
Archivio Capitolare di Pistoia

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