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Pianosinatico e la sua storia

Pianosinatico è un microscopico paesino, le cui sembianze, osservate dall’alto, dalla tortuosa strada che conduce all’Abetone, ricordano un presepe, raccolto e ordinatamente distribuito su più livelli intorno alla chiesa e la sua piazzetta.
Immagine che evoca quiete e pace, pace che venne brutalmente sconvolta dagli atroci avvenimenti che caratterizzarono gli ultimi mesi del secondo conflitto mondiale.
Sino ad allora per gli abitanti la guerra era stata apprensione, ristrettezze, notizie apprese con le orecchie incollate alla radio di quei pochissimi che la possedevano, ma mai era sfociata nella brutale violenza. Tutto iniziò il 28 settembre 1944.
Alle prime luci dell’alba di quello sventurato giorno i soldati irruppero nelle case, strappando le famiglie al loro sonno, facendo vestire tutti gli uomini alla meglio davanti a loro e trascinandoli nella sala dell’antica posta, dove restarono ore, sotto la minaccia di una mitragliatrice dietro la quale un giovane soldato tedesco imperturbabile lasciava che negli sconvolti pensieri di ognuno si evocassero i peggiori scenari possibili. Finché arrivò il momento della “conta”. Undici di loro vennero scelti, portati via, condotti sotto al cimitero e lì fucilati. Il crepitio della raffica arrivò sino a quelli rimasti, terribile, definitivo, e mamme, sorelle, mogli, figli compresero che per i loro amati cari la vita era finita. Si era compiuta quella che era ormai tristemente divenuta consuetudine per l’esercito al soldo di Hitler, una rappresaglia, quella vigliacca azione volta a uccidere vittime civili incolpevoli con lo scopo di seminare terrore e scoraggiare la guerriglia facendo ricadere la colpa  delle morti sui combattenti che agivano contro il nemico, in difesa della Patria, mentre gli alleati risalivano la penisola liberandola.
Immediatamente fu chiaro a tutti che il paese non era più sicuro e tutti sfollarono verso zone dove erano già arrivati gli americani.
Pianosinatico divenne quindi “la terra di nessuno”. Deserto, le case occupate, profanate, saccheggiate e adibite a comandi tedeschi.

                            Una sala del piccolo ma curatissimo Museo

Non rimaneva traccia di vita umana ma esclusivo teatro di violenti scontri tra la Wehrmacht, supportata dai cosiddetti “Sammarchini”, e gli assaltatori del caposaldo di Pianosinatico, gli americani della 5^ armata, in particolare la decima divisione da Montagna, affiancati dal Battaglione Autonomo Patrioti Italiani Pippo e dalla Brigata Costrignano Divisione Modena Montagna. Occorre ricordare che stiamo trattando di una zona che si trovava sulla Linea Gotica.
Già all’indomani dello sbarco alleato in Sicilia, i tedeschi iniziarono a lavorare al loro piano difensivo. Da Massa a Pesaro fu costruito un complesso di difese fisse, costituito da campi minati, reticolati, fossati anticarro, trincee, ricoveri e bunker, allo scopo di scongiurare l’accesso alla Pianura Padana e da lì all’Europa Settentrionale attraverso il Brennero.
La strada… Quella che per Pianosinatico aveva sino ad allora rappresentato un privilegio, trovarsi sulla blasonata S.S. 12, si rivelò, in tempo di guerra, un’infida trappola.
Nei boschi sovrastanti il villaggio, dove l’altitudine di 1000 metri fa sì che i castagneti si fondano con le faggete, venne allestito un poderoso caposaldo, costituito da circa dodici bunker, collegati gli uni agli altri da telefoni da campo e presidiato da soldati, la cui posizione li rendeva inattaccabili. Ogni tentativo di incursione sul campo, da parte di alleati e partigiani, risultava infruttuoso.

Gli alleati scaricandosulla zona oltre 500.000 proiettili danneggiarono l’abitato e insidiarono il presidio, che di fatto non fu mai preso né distrutto

Provenendo dal versante della Val Sestaione l’asperità del terreno rendeva l’accesso particolarmente insidioso se non impossibile, oltre al fatto che a quel tempo i boschi, fonte di sopravvivenza per le famiglie, erano talmente curati e puliti da permettere a chi si trovava più in alto di vedere senza essere visti, respingendo ogni tentativo, o quasi, di attacco.
Di contro, dai paesi vicini come Cutigliano, Melo, San Marcello, ove si trovavano già gli americani, si mise pesantemente in moto l’artiglieria, scaricando sulla zona oltre 500.000 proiettili, che danneggiarono in modo consistente l’abitato e insidiarono il presidio, che di fatto non fu mai preso né distrutto. I nemici abbandonarono la zona quando ormai la guerra volgeva al termine e dopo che l’esercito alleato aveva sfondato verso la Lucchesia e il Bolognese, accerchiando quindi anche il tratto di linea posto tra Pianosinatico e Abetone.
Quando tutto fu finalmente finito e le famiglie poterono rientrare, di quelle che erano le loro case, non era rimasto praticamente niente. Ma bisognava ripartire, pur con la morte nel cuore, con coraggio e volontà per ricostruire quello che era stato.
I mezzi per farlo non erano scarsi, erano inesistenti, cosicché anche la moltitudine di oggetti bellici rimasti sul terreno poteva prestarsi al caso.
Oggetti riutilizzati, riconvertiti con ingegno finirono nelle case destinati ai vari usi rimanendovi sino ai giorni nostri. Cose delle quali ormai i possessori si sono sentiti pronti a disfarsi e che hanno arricchito l’esposizione del museo.

 

Testo Rossella Colò

Foto laltrolato del caposaldo

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