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Passaggi segreti

Nel 1637 viene realizzato un sovrappasso per collegare il Palazzo del Comune di Pistoia alla Cattedrale di san Zeno.

Sede ancora oggi del potere cittadino, il Palazzo Comunale di Pistoia, la cui costruzione prese il via nel 1295 per volontà del Podestà fiorentino Giano della Bella, è un raro esempio di edificio che ha mantenuto la sua originaria funzione, conservando le memorie e le testimonianze civiche della città.

Edificato sul limite della cinta muraria altomedievale, esso va a definire la suggestiva quinta scenografica di Piazza del Duomo insieme alla vicina Cattedrale e al Battistero di San Giovanni. A differenza dei coevi palazzi pubblici toscani, il Palazzo degli Anziani non presenta caratteristiche difensive ma piuttosto una conformazione che richiama le residenze nobiliari: luminose bifore e trifore gotiche scandiscono elegantemente la facciata ed un imponente porticato aperto crea un continuum unico con la grande piazza.

L’attuale aspetto medievaleggiante del palazzo è in realtà frutto di una serie di restauri novecenteschi che hanno voluto recuperare lo stile originario dell’edificio, andando a rimuovere parte degli interventi di rinnovamento e adeguamento che si erano succeduti nel corso dei secoli.

Ad un osservatore più attento, però, è il palazzo stesso a raccontare l’avvicendamento dei diversi poteri che hanno governato la città sin dal periodo comunale, non solo attraverso le pitture e i decori che conserva al suo interno ma anche grazie alla presenza di due curiosi “passaggi segreti”.

Sospeso sopra Ripa del Sale, si sottrae alla vista dei passanti, schiacciato tra la maestosa cattedrale e il Palazzo Comunale, un piccolo corridoio su cui si ritagliano due finestrelle che permettono di osservare senza essere notati la piazza e la sottostante via. Questo sovrappasso fu realizzato nel 1637 dall’architetto pistoiese Pantaleone Quadri per permettere di collegare i due più importanti edifici della città e consentire ai Priori di accedere direttamente alla Cattedrale senza entrare in contatto diretto con la città.

La costruzione di questo passaggio privilegiato è emblematica perché riflette non solo un’esigenza pratica, ma anche la distanza sempre più netta che si era creata tra governanti e cittadini, considerati ormai come sudditi. Il piccolo sovrappasso è decorato con bisanti che rievocano lo stemma mediceo, ribadendo il potere della casata dei Medici sulla città e la sua annessione al Granducato di Toscana.

Attualmente è possibile percorrere il corridoio entrando da una piccola porta rialzata presente in Sala Maggiore, ma l’antico accesso in Cattedrale è stato chiuso. Il secondo “passaggio segreto” è invece ben celato all’interno del palazzo: entrati nel cortile della Magnolia, dietro una piccola porta, è nascosta una scala a chiocciola che si snoda per i tre piani dell’edificio.

Realizzata da Pierfrancesco Silvani nel 1681 all’interno del programma di rinnovo e miglioramento della residenza dei Gonfalonieri, questa scala veniva utilizzata per collegare in modo discreto l’anticamera della Cancelleria, posta a piano terra, con le stanze del Gonfaloniere, al piano nobile, e il dormitorio posto al secondo piano.

Pierfrancesco Silvani, uno dei massimi rappresentanti del barocco fiorentino insieme al padre Gherardo, scelse il modello della scala a lumaca, che fin dall’antichità veniva utilizzato all’interno di torri o campanili, o addirittura nello spessore delle murature per il loro minimo ingombro, per sfruttare il poco spazio disponibile. Sin dal Rinascimento si assiste alla distinzione tra scala nobile e di servizio per cui questa non è più solo un elemento fondamentale della composizione planimetrica, ma assolve nella progettazione un ruolo importante per la distribuzione degli spazi e per la divisione dei percorsi tra nobiltà e servitù.

Nei progetti che sono tutt’oggi conservati presso l’Archivio di Stato, è possibile vedere come il Silvani si impegni in una ricerca di una elegante soluzione anche per quello che risulta essere un elemento di servizio: non solo raccorda accuratamente la scala ad ogni piano già esistente dell’edificio, risolvendo tecnicamente il problema funzionale, ma con la scelta di una tipologia ad “occhio aperto” ottiene anche un raffinato gioco prospettico apprezzabile da chi percorre la scala.

TESTO

Cristina Ciappei

Eleonora Meneghello

FAI Giovani Pistoia

FOTO

Nicolò Begliomini

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