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Attilio Frosini, martire del Risorgimento

Austriaci senza pietà per il giovane diciassettenne.

Sono le otto di sera del 28 giugno 1849 quando il giovane Attilio Frosini, dopo aver fatto una passeggiata nella campagna fuori Porta Lucchese, passa per l’attuale via Puccini e si avvia verso la sua casa di via della Pillotta (ora via Verdi, n. 30).

Attilio è uno studente del liceo Forteguerri, nato il 10 marzo 1833 da Agostino e Annunziata Sassoli: un domestico presso la famiglia Marchetti ed una stiratrice. Pistoia è occupata dal 23 maggio dalle truppe austriache che dopo gli straordinari avvenimenti italiani del 1848-1849, stanno riportando l’ordine nella Penisola e restaurando in Toscana la sovranità del Granduca Leopoldo II di Lorena.

Sotto le colonne del Palazzo Vescovile, dove è di stanza un battaglione asburgico, comandato del ten. col. De Mayer, il giovane vede la sentinella, che gli sembra di nazionalità ungherese, e esclama: “Viva Kossuth”! Il soldato finge di condividere quel giovanile entusiasmo per il campione dell’Indipendenza magiara dall’Impero e risponde con ugual grido, mentre altri suoi commilitoni escono sorridenti dal corpo di guardia del palazzo e invitano l’italiano a entrare. A quel punto tutti gli sono addosso e lo arrestano, solo allora il giovane pistoiese, amaramente, si accorge di esser caduto in una perfida trappola.

Quella che sembra una semplice “bravata”, infatti, assume rapidamente toni drammatici: Attilio è subito sottoposto da un tribunale militare a giudizio sommario, per istigazione alla diserzione di soldati asburgici, e è condannato allo strangolamento, pena commutata in fucilazione e eseguita il giorno dopo, alle ore 21, alla Fortezza di S. Barbara.

La notizia dell’arresto destò sensazione in città: prima che la sproporzionata e crudele condanna avesse corso, nella speranza di salvargli la vita, da varie parti si cercò di farlo passare per un diciassettenne, sempliciotto e un po’ squilibrato, , mentre dopo l’Unità d’Italia la sua figura verrà invece esaltata, come quella di un consapevole ed irriducibile patriota. Attilio, molto probabilmente, come l’intreccio di varie testimonianze dimostrerà, non era né l’uno né l’altro. Era entusiasta, come tanti studenti suoi coetanei, per gli ideali italiani, ma per una sua generosa, quanto ingenua e realisticamente inopportuna, leggerezza (quello non era certo l’atteggiamento di un “cospiratore”!) si trovò, suo malgrado, coinvolto in una vicenda più grande di lui.

Gli austriaci, che già con un feroce bombardamento e oltre trecento patrioti fucilati avevano stroncato la resistenza popolare e repubblicana di Livorno, infatti, aspettavano l’occasione per dare un forte, quanto crudele, monito alla cittadinanza pistoiese che, da vari segnali accaduti nei giorni precedenti (soldati spariti in Porta al Borgo, delatori collaborazionisti accoltellati, ecc.), sembrava riottosa a perdere la libertà e a sottomettersi alla dura legge “restauratrice” degli occupanti.

In questo clima, la sera del 19 luglio 1849, un altro giovane pistoiese, Sergio Sacconi, nello stesso luogo, al passaggio della carrozza del ten. col. De Mayer, dopo aver tirato una lunga boccata di sigaro, sputerà in terra: inseguito dai soldati i fino al quadrivio di San Vitale verrà ferito a morte da una sciabolata infertagli dallo stesso comandante austriaco.

Anche con il sacrificio di questi giovani martiri pistoiesi del 1849 si compì il lungo e difficile cammino dell’Indipendenza e dell’Unità Nazionale.

Carlo Onofrio Gori

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