La storia del contingente romano torturato e ucciso per la propria fede.
Il Martirio dei Diecimila conservato nell’ex chiesa di San Desiderio di Pistoia è considerata l’opera più importante di Sebastiano Vini, l’artista più rappresentativo della pittura pistoiese della seconda metà del ‘500. Il grande affresco fu realizzato intorno al 1570 su commissione di Domenico Amati per decorare la parete retrostante l’altare maggiore della chiesa, annessa a un convento di monache francescane.
Il soggetto raffigurato si ispira a quanto narrato nel Catalogus Sanctorum et gestorum eorum del vescovo Pietro de’ Natali (Venezia 1330-1406), una enciclopedia agiografica composta di dodici volumi, pubblicata per la prima volta a Vicenza nel 1493.
Tra le varie vite dei Santi viene narrata la storia del centurione Acacio inviato con un contingente di novemila soldati dagli imperatori Adriano e Antonino Pio in Armenia, dove si trovò a fronteggiare centomila ribelli. Nonostante la sproporzione di forze Acacio e i novemila, dopo l’apparizione di un angelo che preannunciò loro la vittoria se avessero combattuto in nome di Cristo, riuscirono a sconfiggere i nemici. Successivamente l’angelo li condusse sul monte Ararat, dove furono battezzati. Gli imperatori, saputo della conversione, cercarono di far loro abiurare la nuova fede e, non riuscendo nell’intento, li sottoposero a varie torture. Furono lapidati ma miracolosamente le pietre tornavano indietro contro chi le aveva lanciate, furono flagellati ma i flagelli cadevano a terra. Alla vista di tali prodigi, altri mille uomini si convertirono, portando il numero complessivo dei martiri a diecimila. Tra gli altri supplizi ai cristiani venne ordinato di camminare a piedi nudi su punte acuminate, ma angeli le raccolsero prima del loro passaggio. Incoronati di spine, percossi con lance e scherniti come Cristo, furono infine condotti sul monte Ararat e crocifissi.
Sebastiano Vini descrive questa storia distribuendo i vari episodi in diverse parti dell’affresco, senza un preciso ordine cronologico, ma soffermandosi con maggiore enfasi su alcune scene, ricche di dettagli e collocate in primo piano, mentre altre sono appena accennate, relegate in lontananza.
Al centro spicca il monte Ararat con alcuni martiri crocifissi ed altri inchiodati o legati a tronchi secchi, raffigurati in varie pose e atteggiamenti di sofferenza. Angeli li soccorrono, consolandoli, sorreggendo i corpi dei moribondi e portando in cielo le anime dei defunti. Sopra di loro Dio Padre li benedice tra due angeli in volo. In primo piano, sulla sinistra sotto un baldacchino siedono gli imperatori Adriano e Antonino Pio, riconoscibili dalla corona di alloro sul capo, circondati da soldati e dignitari. Di fronte a loro sono i cristiani che proclamano la loro fede, mentre assistono alla scena i mille soldati, che si uniranno nel martirio.
Al centro e sulla destra sono descritte le torture inflitte agli innocenti. Alcuni sgherri lanciano sassi contro i prigionieri nudi e con le mani legate, mentre altri li colpiscono con flagelli. In secondo piano, si vede un uomo che sta gettando a terra da un cesto delle punte acuminate che alcuni angeli si affrettano a raccogliere prima che possano ferire i piedi dei cristiani.
Sullo sfondo in lontananza e in dimensioni ridotte sono raffigurati gli episodi iniziali del racconto: l’angelo che appare ad Acacio e ai novemila annunciando la loro vittoria sul nemico e il futuro martirio; il battesimo dei soldati sul monte Ararat; la concitata battaglia che li vede miracolosamente vittoriosi. Il dipinto è firmato sulla pietra accanto al cane in basso a sinistra “B V inventor”.
Sebastiano Vini, numerose opere in Città
Nasce a Verona intorno al 1528, ma poco si conosce della sua formazione artistica, avvenuta probabilmente presso il pittore Domenico Brusasorci. Trasferitosi a Pistoia, nel 1548 sposa Alessandra Grandoni, legando da allora indissolubilmente la sua vita e la sua carriera alla città, dove in più occasioni riveste cariche pubbliche e acquisisce la cittadinanza nel 1578. I colori luminosi della sua formazione veneta uniti a composizioni articolate che risentono l’influenza di vari ambiti culturali – tra cui la vicina Firenze dove nel 1565 lavora accanto a Giorgio Vasari- fanno sì che la sua pittura risulti particolarmente gradita in città. La bottega del Vini diventa ben presto la più attiva e ricercata dalla committenza locale, con una produzione assai varia che spazia dagli affreschi, ai dipinti su tavola, alle tele, agli oggetti d’arte minore. Il Vini muore a Pistoia nel 1602 e viene sepolto nella chiesa di S.Francesco.
Sebbene molte sue opere siano andate perdute, tante ancora sono presenti a Pistoia e in provincia. Per un primo e facile incontro con l’artista si possono visitare la chiesa di San Vitale, dove si conserva una bella Natività della Vergine ricca di particolari domestici, la chiesa di S.Giovanni Fuorcivitas, dove si trova un’Annunciazione che è interessante confrontare con l’altra di S.Maria delle Grazie. In questa chiesa, è dell’artista anche una Madonna col Bambino e i Santi Michele Arcangelo, Leonardo, Agostino e Jacopo. Secondo la tradizione nelle figure sacre il pittore, abile ritrattista, raffigurò personaggi dell’epoca e in particolare, nel demonio ai piedi di S.Michele, la bella Cecchina Cellesi colpevole di avergli fatto una burla. Altre opere del Vini si possono trovare alla Santissima Annunziata, in S.Domenico, nel Duomo, nel Palazzo dei Priori e in Palazzo Rospigliosi.
TESTO
Maria Cristina Masdea
Funzionario di territorio della Soprintendenza BAPSAE di Firenze, Pistoia e Prato
FOTO
Nicolò Begliomini