Scrigno d’arte e di erudizione barocca.
Riconosciuta nel luglio del 1666 da Papa Alessandro VII (Chigi), la Biblioteca dei canonici di Pescia trasse origine dal lascito testamentario del canonico Romualdo Cecchi noto tesoriere della Prepositura Nullius di santa Maria. Questi, dopo essere stato attivo nei ranghi della magistratura pontificia aveva lasciato in eredità al capitolo della futura Cattedrale di Pescia tutti i suoi libri con l’onere di costituire una biblioteca “publicae concivium utilitati”.
Aveva disposto inoltre un lascito di venticinque scudi annui destinato a coprire le spese di amministrazione e di aggiornamento, mentre al canonico bibliotecario aveva assicurato uno stipendio di circa cinque scudi all’anno. I principali lettori del lascito del Cecchi furono senz’altro i canonici della moderna prelatura, perlopiù insigni giuristi laureati in utroque iure; nell’arco di duecento anni gli stessi ecclesiastici tentarono a più riprese di arricchire il patrimonio librario, fino ad arrivare ad un considerevole insieme composto da circa 10.000 volumi. Nella sezione libri antiquiores trovano posto 42 incunaboli; 100 manoscritti dal XIII al XIX secolo; 580 cinquecentine. Considerevole poi la sezione stampe e incisioni in cui si conserva la preziosa collezione seicentesca proveniente da Roma. Si tratta di una rarissima opera composta da 36 volumi in folio lasciata nel 1696 da mons. Andrea Buonvicini rettore del Collegio di Propaganda Fide in Roma. Essa racchiude un numero ragguardevole di incisioni; l’unicità di questa raccolta sta appunto nella scelta dei temi iconografici che vengono riportati sulla costola dei singoli tomi, secondo lo stile erudito del secolo XVII.
Nella sezione manoscritti si conservano importanti codici come il prezioso libro di Leonardo Bruni che riporta la vita di Dante e Petrarca e una rara descrizione di Firenze di Donato Accolti; un messale romano del secolo XV detto “della Maddalena” poiché fu consegnato dai confratelli della Compagnia omonima ai canonici del duomo per salvarlo dalle soppressioni granducali. Tra il corpus degli incunaboli vi è una rarissima edizione della Legenda Aurea di Iacopo da Varagine edito a Venezia da Ottavio Scoto nel 1483; il Franciscus De Accoltis, Super titulis “De verborum obligationibus” edito dai fratelli Bastiano e Raffello Orlandi di Pescia nel 1486.
Nella seconda metà del Settecento la biblioteca ormai ben funzionante fu arricchita dalla collezione libraria del Giureconsulto Gaetano Forti referendario della Consulta romana. Con l’arrivo di questo prezioso lascito si crearono i presupposti per rimettere in ordine il patrimonio librario e così fu chiamato il noto bibliotecario della Marucelliana il fiesolano Angelo Maria Bandini. A lui spettò il compito di dirigere i lavori di riordino delle classi tematiche e di stendere un primo catalogo. Alla fine dell’Ottocento la biblioteca fu arricchita nuovamente dal fondo del Senatore Leopoldo Galeotti il quale aveva disposto nel suo testamento che i suoi libri fossero donati alla Biblioteca capitolare in ricordo dei suoi studi giovanili. Quest’ultima preziosa collezione risorgimentale non fu inglobata nel sistema catalogativo della Biblioteca ma costituisce ancora oggi un fondo a sé identificato come “Fondo Galeotti”.
La sala della Biblioteca fu costruita intorno al 1688 e nell’aprile del 1711, i canonici pesciatini fecero giungere da Lucca il pittore Pietro Paolo Scorsini per dipingere il soffitto del nuovo ambiente. Il tema della volta affrescata è quello della Sapienza, nel centro, infatti, è dipinto Ermete Trimegisto con il caduceo che richiama al sapere umanistico; la Sapienza dunque, come sta ad indicare il sottostante cartiglio che reca la scritta in latino “Aedificavit sibi Domum”, si è edificata la propria casa.
L’esecuzione della grande pittura barocca caratterizzata da un suggestivo sfondato prospettico, compresa di cartigli, festoni e vasi, ebbe un costo di circa novanta scudi. Gli armadi e gli scaffali che dominano la sala monumentale, furono costruiti alla fine del secolo XVII, mentre il banco di immediata consultazione risale ai primi anni del Settecento. Tra i grandi cimeli che ornano la biblioteca vi sono due bellissimi mappamondi del secolo XVII che la tradizione capitolare vuole del Cecchi fondatore (ritratto peraltro nel quadro affisso nella parete di fondo); due candelieri dorati del Settecento che facevano parte dell’arredo del Duomo.
Il cartiglio posto sulla porta d’accesso alla sala monumentale riporta uno stralcio della Bolla alessandrina del luglio del 1666 “Extrahentes Libros Excommunicantur” ricordando così ai visitatori malintenzionati che chi “ruba” un libro della Biblioteca Capitolare di Pescia rimane “colpito” dalla scomunica.
La biblioteca è aperta ogni venerdì, su appuntamento.
TESTO
Paolo Vitali
FOTO
Nicolò Begliomini