Recentemente riconsegnato alla città un luogo di storia e bellezza
Come tutti gli altri ordini mendicanti anche l’Ordine della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo, per tutti “i Carmelitani”, trova posto all’esterno della seconda cerchia muraria di Pistoia. La fondazione della loro chiesa dedicata al Santissimo Sacramento, viene fatta risalire al 1291. Da allora la costruzione dell’edificio ha conosciuto più tappe, tutte condizionate dalla scarsità dei mezzi economici, tanto che in un documento del XIV sec. si fa riferimento alla necessità di erogare all’ordine nuovi finanziamenti “perché a questi padri si desse un luogo più onorevole e salubre”. Anche il corposo intervento del XVI sec. fu caratterizzato dalla scarsità di mezzi, tanto che alcuni degli altari in pietra non furono consacrati perché non conclusi. Rimangono a ricordo di questo periodo due portali in pietra serena.
Lo stato attuale lo dobbiamo al successivo intervento a firma dell’architetto Padre Raffaello Ulivi, datato 1741, che ha portato l’edificio a essere lo spazio sacro luminoso e accogliente che oggi possiamo vedere. Anche le altre maestranze intervenute nella fabbrica erano di alto livello: gli Arrighi, Vincenzo Meucci e Tommaso Gherardini, tutti attivi presso le famiglie De’ Rossi e Amati le quali erano entrambe titolari di due altari della chiesa.
Dei vari artisti si ricorda la collaborazione che li portò a realizzare il complesso di S. Maria degli Angeli.
Come molti conventi anche la chiesa del Carmine subisce la soppressione napoleonica nel 1803 e nel 1811 diviene sede della Reale Accademia di Scienze Lettere ed Arti in Pistoia, ma su pressione del popolo e del vescovo l’edificio viene riaperto al culto pochi anni dopo.
Gli anni che verranno porteranno il complesso del Carmine in un lento e inesorabile declino. Il convento diverrà sede di ricovero dei mendicanti fino al 1927, data in cui questi saranno trasferiti al Villone Puccini e il complesso diverrà con l’istituzione della provincia di Pistoia sede dell’intendenza di finanza, per essere poi venduto a privati. La chiesa diverrà parrocchia di S. Andrea e resterà per molti anni chiusa al pubblico per la sua fatiscenza. Nel 2005 viene riconsegnata alla città in tutto il suo splendore Rococò.
La qualità della decorazione concepita in modo unitario dagli stucchi e dagli affreschi nelle volte, di Vincenzo Meucci, Tommaso Gherardini e
Filippo Benedetto Burci, ne fanno uno degli ambienti più pregevoli del tempo. La ricchezza degli interni è caratterizzata dall’unione tra la struttura architettonica e i decori in stucco, finti marmi e pitture murali.
Gli stucchi che caratterizzano lo stile della chiesa, originariamente rifiniti in oro zecchino, rappresentano l’idea di teatralità tipica dell’ecclesiologia del tempo. Essi fanno da cornice a tutta una serie di pitture relative all’ordine e alla spiritualità dei Carmelitani, partendo dalla pala sull’altar maggiore di F. Lumicini (la caduta della manna dal cielo 1625) e arrivando alla rappresentazione della sacra famiglia (metà del XVIII sec.) di P. Marchesini. Tali raffigurazioni sono incastonate nei vari altari, ognuno dei quali può essere identificato tramite lo stemma alla base della famiglia titolare. Di particolare rilievo sono i quadri e i medaglioni ovali della navata attribuiti al Meucci e al Burci. Del primo sono le pitture murali della Fede e della Speranza sopra i lati del presbiterio e, lungo le navate, le quattro pitture che ci parlano di episodi della vita di Maria; del secondo abbiamo due pitture che raffigurano l’apparizione a Elia, da cui l’ordine si ispira, e l’apparizione a papa Onorio III che approva la regola dell’Ordine. Inoltre troviamo una tela di I. Hughord e due del pistoiese P. Marchesini, entrambi allievi di A.D. Gabbiani.
Di rilievo sono anche gli arredi lignei in noce intarsiati che danno al complesso un ulteriore senso di accoglienza. Il suo ritorno all’antico splendore si deve al restauro coordinato dalla Soprintendenza ed eseguito tra il 2001 e il 2007 e alla ricostruzione dell’organo in controfacciata inaugurato nel giugno del 2008.
TESTO
Matteo Caffiero
Stefano Mei
FAI Giovani Pistoia
FOTO
Nicolò Begliomini