Dal rischio estinzione degli anni Settanta all’attuale incremento della sua presenza.
Il mondo ha bisogno del sentimento degli orizzonti inesplorati, dei misteri degli spazi selvaggi, ha bisogno di un luogo dove i lupi compaiano al margine del bosco, non appena cala la sera, perché un ambiente capace di produrre un lupo è un ambiente sano, forte, perfetto …”: così scriveva George Weeden nel 1958. Il lupo (Canis lupus), progenitore del cane domestico, è un carnivoro appartenente alla famiglia dei Canidi.
Agli inizi degli anni ’70 l’alterazione degli habitat e la persecuzione diretta lo hanno portato sull’orlo dell’estinzione, tanto che la popolazione italiana contava non più di un centinaio di individui, rifugiati nelle più remote zone montuose del centro-sud Italia. Dalla fine dello stesso decennio si è assistito ad una inversione di tendenza con un costante incremento, non ancora terminato. L’espansione dell’areale è dovuta al fenomeno naturale della “dispersione” e non, come spesso ancora si crede, a fantomatiche “reintroduzioni” di individui effettuate da ricercatori, ambientalisti o Corpo Forestale dello Stato.
Il ritorno del lupo nelle foreste appenniniche e tra le valli alpine è frutto di diversi fattori, primo tra tutti le politiche di protezione che, a partire dagli anni ’70, hanno variato lo status del lupo da specie “nociva” a specie protetta dalla normativa nazionale e comunitaria. Ma sul ritorno di questa specie hanno influito anche l’incremento generalizzato delle superfici boschive (che, a partire dagli anni ’60, con lo spopolamento delle montagne e delle colline, hanno progressivamente sostituito i campi), l’aumento, dagli anni ’80, degli ungulati (caprioli, cinghiali, cervi), prede naturali del lupo e, infine, la formidabile “plasticità” ecologica ed etologica del lupo, vale a dire la sua straordinaria capacità di adattamento.
La popolazione del lupo in Italia è attualmente stimata in oltre mille esemplari: 100-120 individui nelle Alpi e il resto su tutto l’Appennino, dalla Calabria alla Liguria. Per la Regione Toscana si parla di circa una settantina di nuclei familiari per un totale di circa 310-320 animali. Nella Provincia di Pistoia il lupo è stato presente quasi sicuramente fino ai primi del Novecento, per essere successivamente considerato estinto come nel resto dell’Appennino settentrionale. I primi segni di ricomparsa si sono verificati all’inizio degli anni ’80: nel 1983 tre lupi (1 maschio e 2 femmine) vengono uccisi nel corso di una battuta di caccia nell’alto Appennino pistoiese, sul confine con la provincia di Modena; nel 1984 due femmine vengono rinvenute morte, una investita in località Casotti di Cutigliano e l’altra avvelenata a Lizzano Pistoiese. Nella Provincia di Pistoia e in corso, per la prima volta, un progetto di monitoraggio e ricerca per stabilire il numero dei branchi e la consistenza della popolazione.
Il lupo è una specie altamente sociale e con una vita di branco definita da precise posizioni gerarchiche tra gli individui. Il branco è formato dai genitori, gli unici ad avere la possibilità di accoppiarsi e considerati individui dominanti (cosiddetti alpha), oltre ad altri elementi, generalmente figli della coppia alpha. Gli accoppiamenti avvengono una sola volta all’anno tra febbraio e marzo e la cucciolata è composta generalmente da 3-4 cuccioli che nascono tra aprile e maggio. In Italia, mediamente, l’unità sociale è formata da 4-5 individui, ma la consistenza può variare in funzione del periodo: nel tardo autunno ed inverno abbiamo infatti sia i nuovi nati che ormai si spostano con il branco, sia gli individui nati l’anno precedente che ancora non si sono allontanati dal branco stesso. Raggiunta la maturità sessuale intorno ai 22 mesi, i giovani possono decidere di lasciare il nucleo familiare ed entrare in “dispersione” percorrendo anche centinaia di chilometri per cercare un compagno o una compagna e creare un nuovo branco stabilendosi in un territorio libero. È proprio grazie a questa capacità di colonizzare nuove aree che l’areale della popolazione della specie si amplia nel tempo.
Ogni territorio ha una superficie variabile in funzione di molti fattori, quali la densità di prede, il numero di lupi all’interno del branco, la presenza di branchi confinanti, ed in Appennino è stimata intorno a 100 km2. Il territorio stesso viene “marcato” da segnali odorosi (urina, feci) e da ululati, tutti segnali di comunicazione tra gli individui dello stesso branco e tra branchi diversi. All’interno di questo abbiamo una zona speciale, chiamata “sito di rendezvous”, solitamente aperta e indisturbata per l’incontro tra i cuccioli e gli adulti che tornano dalla caccia con il cibo.
La presenza del lupo sul territorio non lascia mai indifferenti: allevatori e cacciatori da un lato, ambientalisti e appassionati dall’altro.
La sfida di oggi, cui sono chiamati gli Enti in primo luogo, è quella di far comprendere al di là dei sentimenti personali, la possibilità di una convivenza pacifica con una specie in crescita e sotto alcuni aspetti problematica. Alla base ci deve però essere una profonda conoscenza della specie che porti alla consapevolezza dell’importanza di questo predatore al vertice della catena alimentare, elemento fondamentale per il buon funzionamento degli ecosistemi naturali. Solo questo processo di “educazione” porterà infatti al raggiungimento di un giusto ed equilibrato rapporto con il mondo degli animali selvatici in generale e dei grandi carnivori in particolare.
TESTO
Francesca Ciuti
FOTO
Gian Luca Gavazzi