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Progettare l’eleganza

Nel 1958 ha aperto uno showroom a Roma e ha vestito le dive del cinema, da Brigitte Bardot a Audrey Hepburn.

Maria Bucciantini nasce a Pistoia nel 1920, si forma e studia la tecnica sartoriale in una delle più grandi sartorie pistoiesi: quella di Dolores Jacomelli Melani, fondata nel primo decennio del Novecento e che, già pochi anni dopo, contava una ventina di dipendenti. La giovane Maria si mostra subito molto talentuosa e capace di interpretare con originalità le tendenze della moda; nel 1943 Maria sposa Marcello Melani e undici anni dopo riceve il testimone dalla suocera che le cede la direzione della sartoria. Il 1954 è di fatto la data di nascita dell’atelier di Maria che darà vita alla griffe “Melania”. In quegli stessi anni stringe relazioni professionali con l’ambiente della moda fiorentina, entra in contatto con Giovanni Battista Giorgini che apprezza i suoi modelli tanto da invitarla a presentare alcuni capi alla sfilata collettiva, considerata come l’incipit del made in Italy, che si tiene nel 1952 alla sala Bianca di palazzo Pitti.

Maria è l’incarnazione dello stilista-artista, è puro talento, possiede una notevole tecnica, ma è del tutto priva di mentalità imprenditoriale e non tenta di nascondere il proprio carattere ruvido e asciutto permettendosi di scegliere, secondo le proprie inclinazioni e simpatie, per chi creare i propri capi. Disegna abiti collaborando per note maison fiorentine. Sia Emilio Pucci (1914-1992) che Emilio Federico Schuberth (1904-1972), apprezzano molto il suo lavoro e i suoi “abiti incredibili, strutturati in modo magistrale”. Maria sposa la capacità di costruire l’abito con l’uso di materiali in quegli anni impensabili, ereticamente “poveri”.

Non adopera sete sontuose e ricami preziosi, ma si serve di materiali prelevati direttamente dai fornitori pistoiesi che negli anni Cinquanta confezionano quasi tutta la biancheria che si vende in Italia e quindi crea i propri capi con tela da lenzuoli, sostituisce ai pizzi francesi i bordi in Sangallo di cotone, fa largo uso della così detta “tela spazzino”, un cotone molto grossolano utilizzato per confezionare le divise degli spazzini. Maria trasfigura i tessuti sfruttandone le caratteristiche per costruire abiti da busto stretto e con gonna ampia, trasformati dall’applicazione di fiori a patchwork, ricami realizzati con materiali diversi, rafia, specchietti, inserti di tessuti con stampe in contrasto usate per smaterializzare il pattern decorativo. Ed è un successo. Maria nel 1958 apre lo showroom in via Capo le Case a Roma, nel centro della moda, a due passi da Piazza di Spagna, in prossimità di via Gregoriana, e del teatro Sistina che in quegli anni è uno dei teatri più in voga nella capitale. Nello show room di Maria arrivano cantanti, attrici di cinema e di teatro, dive della televisione, entra in contatto con i grandi registi del periodo e molte delle protagoniste del cinema e della “dolce vita” hanno un capo di Maria Melani, alcune notissime attrici, da Ava Gardner a Jayne Mansfield, Abbe Lane, Gina Lollobrigida, fino a Brigitte Bardot, Anouk Aimée, e poi Sandra Mondaini, Scilla Gabel, Rosanna Schiaffino fino a Nilla Pizzi che si presenta a quattro edizioni del festival di San Remo con creazioni di Maria. L’esperienza romana è esaltante quanto difficile, in quel periodo Maria entra in contatto con Furio Pancani, pistoiese che da anni vive a Roma e gestisce una nota boutique in via Sistina. Da questo momento in poi Furio diviene il front-office di Maria ed è grazie ai contatti di Pancani che anche Audrey Hepburn indosserà un abito disegnato da Maria Melani. Grazie allo stesso legame sarà commercializzato nel piccolissimo negozio di piazza Umberto, la “Piazzetta”, di Capri un particolare modello di pantaloni creato da Maria, molto attillati, e con orlo a metà del polpaccio, quello stesso modello indossato da Brigitte Bardot e da lei reso famoso anche come modello Saint Tropez.

Tra il 1960 e il 1962 Maria capisce che è necessario un cambiamento e intuisce il tramonto della moda femminile caratterizzata dal punto di vita segnato e dall’ampio decolleté e in controtendenza Maria inizia a sperimentare lo stile geometrico che si basava sul tema del quadrato e che sarà reso famoso da Andrè Courrèges, ingegnere prestato alla haute couture. Nell’atelier “Melania” si accorciano gli orli delle gonne e contemporaneamente a Paco Rabanne, “l’architetto della moda”, Maria introduce decorazioni metalliche nei propri abiti, costituite da borchie prelevate direttamente dalla produzione di un birrificio pistoiese, sperimenta i materiali più disparati, dal legno agli intagli di cellophane pesante per il nude-look ai bottoni in galalite allora impensabili per l’impiego in un abito che volesse dirsi di “buona sartoria”. Collabora con disegnatori e artisti tra cui Moreno, noto disegnatore di foulard, con il quale stringe grande amicizia e che decorerà per lei una intera parete della sede storica dell’atelier.

Per ragioni ben diverse da quelle che successivamente assoceranno moda e charity, Maria impegna direttamente risorse proprie a favore degli anziani e dell’infanzia abbandonata, s’inventa il rito della colazione domenicale per tutti gli ospiti della casa di riposo del Comune e per questo si accorda con varie pasticcerie che ogni domenica consegnino dolci appena sfornati. Si fa carico di famiglie in difficoltà e anche dei bambini del locale brefotrofio, provvedendo a tutte le loro necessità di abbigliamento. Maria Melani è stata alla metà degli anni Cinquanta uno degli imprenditori di punta pistoiesi e ben pochi conoscono la portata del suo lavoro proprio per il suo carattere schivo e contrario al presenzialismo. Di fatto tra il 1954 e il 1968 anche il lavoro di Maria Melani ha contribuito assieme a quello di altri stilisti e capaci artigiani, all’affermazione e al successo della moda italiana.

TESTO

Maria Camilla Pagnini

FOTO

Nicolò Begliomini

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