Secondo la tradizione, fu la contessa Matilde di Canossa a farla edificare intorno al 1150.
“Per arrivare alla pieve di Valdibure c’è, nell’ultimo tratto, una breve salita che punta dritta verso il cielo. In questo luogo si respira un’intensa spiritualità che concilia sentimenti di pace” (da “Frammenti di Infinito” di Paola Vivarelli).
A Nord-Est di Pistoia, sulla cima di un poggio, limite estremo di una lunga catena appenninica che si protende verso la pianura, si erge la Chiesa di S. Giovanni di Valdibure, conosciuta anche come Pieve di Montecuccoli. La tradizione la include tra quelle che la contessa Matilde di Canossa fece costruire per devozione, lungo la strada che unisce la Toscana all’Emilia passando per la Badia a Taona, dove gli storici riferiscono che avesse il proprio confessore. La Pieve di San Giovanni a Valdibure, esempio di chiesa romanica, viene edificata probabilmente intorno al 1150 e, con la sua torre campanaria, domina le due valli della Bure.
E’ situata su un terreno scosceso, tanto che i maestri costruttori furono costretti a seguirne l’andamento, ponendo campanile e presbiterio su un piano sopraelevato rispetto alla navata. La chiesa, a croce latina, presenta un’unica navata e il presbiterio rialzato, grazie alla presenza di una scalinata, che divide la parte riservata al parroco da quella di fruizione dei fedeli.
In questa zona si apre il transetto, con gli altari della Madonna e di S. Sebastiano, quest’ultimo dominato dalla tela che rappresenta il martirio di San Sebastiano, con S. Antonio abate e S. Rocco del pittore Pietro Marchesini, oggetto di restauro nel 2008. Allo stesso periodo risalgono anche i due altari posizionati nella navata, uno dedicato alla Madonna del Rosario e l’altro a S. Margherita da Cortona, entrambi arricchiti da dipinti che hanno come soggetto i santi di riferimento degli altari.
A conclusione della navata vi è l’elegante abside, affrescata nella parte inferiore con scene riguardanti S. Giovanni Evangelista, dipinto risalente al 1518 e attribuito a Giovanni Battista Volponi, e ai lati i due Santi S. Giovanni e S. Antonio Abate; nella parte alta l’abside è dominata dal Cristo Pantocrator, con la mano destra alzata in segno benedicente e la sinistra che sorregge il globo terrestre. Di fronte vi è l’altare maggiore chiuso dal resto del presbiterio da una balaustrata continua in pietra serena.
La chiesa è ricca di elementi tipicamente romanici: archi a tutto sesto, monofore e copertura a capriate, tutti restaurati di recente. Gli archi sono situati uno sul portone centrale, uno per parte ai lati del presbiterio e uno per ciascun braccio del transetto. Rivestono sia una funzione strutturale che estetica, conferendo eleganza ai severi muri di pietra. Sotto il portico della chiesa sono murati i resti del pulpito o ambone realizzato in pietra e con facciate a bassorilievo istoriate. Risalente probabilmente al XII secolo, periodo in cui fu edificata la Pieve, fu demolito nei primi del Seicento. Di esso ci è pervenuto solo la parte centrale in cui sono ancora identificabili la scena dell’Adorazione dei Magi, terminante davanti alla Madonna con il Bambino. Nella porzione di sinistra vi è una figura di difficile interpretazione: l’ipotesi più probabile è quella di una figura femminile, vista la pia posizione a braccia incrociate, probabilmente la contessa di Canossa, che si sarebbe fatta scolpire come committente dell’opera.
La Pieve di Valdibure, come altre pievi romaniche coeve situate nel pistoiese, è stata oggetto di interventi di restauro invasivi, volti a riportare l’interno ad un ipotetico aspetto originale tramite l’eliminazione delle sovrastrutture aggiunte lungo i secoli: venne demolito a nord-est un piccolo vano adibito a sacrestia che impediva la visione dell’abside e, sulla fiancata sinistra, la Cappella settecentesca della Madonna Addolorata, che copriva un fianco della chiesa e un lato della torre campanaria; sulla fiancata destra venne abbassata e ridotta la Cappella del Sacro Cuore per rendere luce alla Chiesa attraverso le monofore. Ancora sul lato destro fu demolita una parte della casa colonica che, addossandosi al transetto, ne copriva la visione. A causa dei problemi d’infiltrazioni dell’acqua che danneggiavano gli affreschi del Cinquecento, negli anni Duemila la chiesa è stata oggetto di nuovi restauri finanziati dalla Fondazione della Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia.
TESTO
Paolo Bardi
Andrea Bartolini
Eleonora Maestripieri
FAI Giovani Pistoia
FOTO
Nicolò Begliomini
Massimo Marianeschi