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La Casa di Gello illustrata da Edoardo Salvi

I locali ospitano una comunità di soggetti autistici.

La Casa di Gello, situata in campagna ma in contiguità col paese e a due passi dalla città di Pistoia, ospita una comunità di soggetti autistici impegnata da circa tre anni in un progetto di farm community. E’ stata interamente realizzata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia e affidata in gestione ad Agrabah (una Onlus costituita dalle famiglie dei soggetti con tale patologia). In quel contesto i ragazzi (tutti con età superiore ai 18 anni) sono immersi nelle attività tipiche del lavoro in campagna; in tal modo si trovano a contatto non soltanto tra di loro e con gli operatori, ma con la natura, con la manualità, con gli animali e con il paese.

Da oltre un anno la Casa di Gello è abbellita da una serie notevole di opere di Edoardo Salvi. Infatti la Fondazione, dopo l’avvio delle attività, ritenne che fosse opportuno affidare ad un unico artista la realizzazione di un allestimento, e la scelta cadde su di lui. Salvi ha lavorato con l’alacrità, la generosità, l’inventiva e la passione che lo contraddistinguono, cercando di interpretare al meglio, per quanto possibile, lo spirito del luogo. Ha frequentato la struttura, ha redatto un progetto di allestimento e per frenetici gradi l’ha portato a compimento, cercando di rispettare le diverse funzioni degli spazi ma senza per questo rinunciare alla propria idea di pittura, come sempre forte e complessa.

Per darne conto verrebbe voglia di misurarla in metri quadri, tanto è vasta, come una tappezzeria, un rivestimento, un’amorosa e avvolgente fodera di segni e di colori. I soggetti evocano la mensa e gli animali, l’abitazione e la campagna, l’uomo e il suo fantoccio, il sogno e l’illusione, il corpo e la mente, il pieno e il vuoto, la velleità e la condivisione. Senza soluzione di continuità e con l’involontaria e spontanea disposizione d’animo di chi accetta più volentieri di essere osservato che di osservare; come un attore che per il buio non veda gli spettatori in platea. Tutti i personaggi animali, uomini e bestie, interloquiscono tra di loro dentro la cornice nella quale sono confinati, senza affacciarsi veramente sulle scale, nelle sale e negli uffici. Sono presenti con un pudore contraddetto dalla forza dei disegni e dei colori e dalla dimensione talvolta smisurata delle superfici.

chiamalo sonno

Eppure, tutto avviene senza invadere gli spazi in alcun modo, salvo che per offrirsi alla vista di chi abbia voglia e spirito per contemplarli, desiderio di soffermarsi sull’insieme o su di un particolare; opere pronte al dialogo, che però parlano una lingua silenziosa e tutta interiore, un criptico e rispettoso omaggio agli ospiti, ora fin troppo vocianti, ora fin troppo silenti.

Asini, galline e cavalli; il gatto e la volpe; anatre, pesci, buoi; caproni e uccelli di vario ordine e grado; cani barbuti e levrieri; la tartaruga costante e il coniglio rosso. Un campionario approssimativo col quale interagiscono fate e acrobati, satiri e amorini, marionette e clown, personaggi usciti dalle pagine di libri famosi e tante figure femminili, nelle pose inverosimilmente rigide di una geometria coercitiva o in quelle altrettanto inverosimilmente flessuose di danzatori o di ragazze apule.

Il mondo di Gello è frequentato da uomini e donne, da sogni e da sognatori, da un operare certosino e semplice ma anche da voli pindarici o donchisciotteschi, dal presente e dal futuro, da analfabeti e poeti. Altrettanto fa la pittura di Edoardo. Attraversa le stagioni dell’anno e quelle dell’animo, le sfumature della mente e quelle del colore. Alterna fondi neutri, impalpabili e talvolta inquietanti, a sfondi naturali o costruiti; dove sempre i personaggi galleggiano, contorcendosi o piegandosi, volanti o flettenti, in sonno o in veglia. E tutto il popolo della Casa di Gello, che si chiami Pinocchio o Pierrot, che sia un lento bove o Sancho Panza, dà il suo modesto contributo alla causa: l’amorino trascina i buoi e altrove dirige il canto degli uccelli, la buona donna porta le brocche d’acqua, cani volanti controllano gli esercizi delle acrobati, Ronzinante resta fedele al cavaliere dalla triste figura, le armature danno le loro gambe ai cavalli, la tartaruga trascina paziente sul suo guscio una porzione di mondo, chi scivola dalle scale trova braccia pietose che trattengono e così via. Fino a che un magico coniglio, figlio e fratello di tanto lavoro collettivo, non passa da ciascuno per svegliare dal letargo e fare accettare di buon grado le braccia che si protendono verso di noi.

TESTO

Roberto Cadonici

FOTO

Archivio Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia

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