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’60 Pop Art Italia

La Pop Art è un fenomeno prettamente metropolitano: nasce a Londra nel 1956 e si sviluppa contemporaneamente a New York, Los Angeles, Parigi e Roma, per diffondersi poi in tutto il mondo. In Italia si afferma a partire dai primi anni Sessanta, dapprima a Roma e in seguito a Torino e Milano, grazie ad artisti che guardano alla scena internazionale.
Ma in una nazione policentrica come l’Italia emergono altre città in grado di produrre e diffondere i linguaggi della Pop Art.
A Pistoia opera un gruppo di artisti ribattezzato “Scuola di Pistoia” che si confronta con gli altri autori attivi nel resto della penisola, primi fra tutti i membri dell’altra “Scuola”, quella di Piazza del Popolo a Roma.
La mostra si presenta come un viaggio in Italia che inizia con la storica Biennale del 1964, di cui ricorre il sessantesimo anniversario, e ricostruisce attraverso settanta opere una geografia di luoghi, artisti ed eventi che dimostrano la straordinaria vivacità e ricchezza creativa di questo periodo, tra i più felici dell’arte italiana della seconda metà del secolo scorso.

foto della mostra

Abbiamo incontrato il curatore della mostra, Walter Guadagnini, a cui abbiamo posto qualche domanda.
Come nasce l’idea di questa mostra che racconta la principale espressione artistica degli anni ’60?
Diciamo che nasce da due elementi: da un lato nel 2024 cade il sessantesimo anniversario della storica Biennale di Venezia che nel 1964 rivelò a tutto il mondo, anche a quanti non appartenevano al mondo dell’arte, la tendenza destinata a dominare il decennio, vale a dire la Pop Art, in particolare nella sua versione americana.
La mostra si apre proprio su quell’evento, con opere e autori italiani e stranieri che portano lo spettatore immediatamente dentro quel clima. Inoltre c’è una mia predilezione per questo momento storico e culturale, che rappresenta un periodo di straordinaria ricchezza creativa – si pensi solo alla musica, dal rock al jazz, in questo decennio sono state scritte pagine leggendarie, o al cinema: i Beatles, i Rolling Stones, Miles Davis, John Coltrane, Federico Fellini, Michelangelo Antonioni, Mina, è un elenco infinito di autori che hanno realizzato i loro capolavori in questi anni – e che in qualche modo rappresenta l’infanzia del mondo nel quale stiamo vivendo. La società in cui noi viviamo oggi è la conseguenza delle premesse poste in quegli anni, si pensi solo al mondo della comunicazione di massa.
L’esposizione è una sorta di viaggio attraverso i principali centri d’irradiazione italiani di questo fenomeno metropolitano, nato a Londra nel 1956. Quali sono i principali focus della mostra? Quali aspetti della Pop Art degli anni ’60 verranno esplorati?
Il focus è proprio sulle città, si tratta di una sorta di viaggio in Italia negli anni Sessanta, da Torino a Palermo, e si incontrano dunque molti dei miti e dei riti di quegli anni, Marilyn e la Coca Cola, Kennedy e le automobili, James Bond e Monica Vitti, uniti alle immagini della storia dell’arte rivisitate dai giovani autori di quegli anni, come Giosetta Fioroni o Mario Ceroli che rifanno la Venere del Botticelli o Aldo Mondino che gioca con Capogrossi. Roma fa la parte del leone, perché in effetti è stata davvero la capitale della Pop italiana, ma anche città come Milano e Torino hanno fornito importanti contributi: ne esce un ritratto ampio di un paese in movimento, curioso del presente e del futuro.
Quali sono le opere o gli artisti meno conosciuti che ha incluso nella mostra e che ritiene invece siano particolarmente
significativi per comprendere appieno il panorama della Pop Art degli anni ’60?

Antonio Fomez, Viva il consumo, 1964, olio su tela. Collezione private

La notorietà della Pop Art italiana è molto minore di quella della Pop Art americana; quindi, molti degli autori presentati in questa occasione non sono conosciuti al grande pubblico come possono esserlo Warhol o Lichtenstein, che pure sono presenti in mostra come punti di riferimento essenziali. In particolare si possono ricordare le presenze femminili: fino ad oggi le artiste pop per eccellenza erano solo la già citata Giosetta Fioroni e Titina Maselli (di cui presentiamo un grande, magnifico ritratto di Greta Garbo), mentre in questa occasione vengono alla luce anche figure come quella di Marisa Busanel, di Laura Grisi – un suo quadro luminoso che rappresenta delle macchine da corsa è uno degli emblemi della mostra, luce, velocità, nuovi modi di intendere l’arte e il mondo – e di Anna Comba, torinese.
Poi mi piace ricordare la grande composizione di Ettore Innocente, autore bravissimo scomparso troppo presto e troppo presto dimenticato, oppure il palermitano Nino Titone, di cui esponiamo una tela di grandi dimensioni proveniente dalla Galleria d’Arte Moderna di Palermo che non si vedeva da decenni. E ancora Piero Gallina con la sua divertente sagoma di carabiniere o il milanese Antonio Fomez, nella cui composizione si trovano alcune delle icone del periodo, il caffè Paulista, il fumetto Kriminal, ricordi per il pubblico più avanti con gli anni, scoperte per i più giovani.
Pistoia, con Roberto Barni, Umberto Buscioni, Adolfo Natalini e Gianni Ruffi, accanto a importanti città d’arte come Roma, Torino, Venezia, Palermo e Milano e ai loro grandi artisti. Qual è stato il ruolo della nostra città nel periodo d’oro della Pop Art?

foto della mostra

È stato un ruolo importante, ed è la dimostrazione della peculiarità della situazione italiana: negli Stati Uniti la Pop Art vuole dire New York (e un po’ Los Angeles), in Francia vuol dire Parigi, in Inghilterra vuol dire Londra; da noi invece anche una cittadina di nemmeno centomila abitanti può diventare un centro propulsore di un linguaggio nuovo come era quello della Pop alla metà degli anni Sessanta. Certo, i riconoscimenti avvengono anche per questi autori nelle città più grandi, in particolare Roma e Firenze, dove c’erano le gallerie e i critici più importanti, ma la loro base rimane Pistoia, nessuno di loro sente la necessità di andarsene verso la metropoli. È un caso interessante anche perché pur frequentandosi assiduamente, e avendo un orizzonte culturale comune, le loro opere e le loro scelte stilistiche sono profondamente individuali, più ironico e quasi concettuale Ruffi, più intimista Buscioni, in continua evoluzione Barni e più attento ai portati della comunicazione di massa Natalini. Insomma, una storia davvero significativa.

Testo Intervista a Walter Guadagnini. a cura della Redazione
Foto Fondazione Pistoia Musei

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Pubblicazione di punta della Giorgio Tesi Group è la rivista trimestrale gratuita NATURART, edita in italiano e inglese dal 2010 con l’intento di valorizzare in Italia e all’estero le eccellenze e i tesori custoditi da Pistoia e dalla sua provincia. Naturart è media partner riconosciuto per gli eventi speciali di numerose istituzioni locali impegnate nella promozione del senso di orgoglio e di appartenenza a questo territorio.
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