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Abetone, bellezza naturale da valorizzare

Nell’archivio storico del cessato Corpo Forestale dello Stato, recentemente versato all’Archivio di Stato di Pistoia per fini conservativi e di consultazione, si trovano cinque disegni (eliocopie) dell’architetto fiorentino Gino Coppedè (1866-1927), già noto a Pistoia per aver realizzato la palazzina d’ingresso delle Officine San Giorgio (1907-1908) che porta il suo nome.
I disegni sono firmati e datati 25 aprile 1924, contenuti in un fascicolo insieme a molti altri documenti che raccontano la storia di un ambizioso progetto edilizio, poi non eseguito.

Gino Coppedè, disegno di un villino (eliocopia), prospetto, firmato, 1924 (mm 300×330).

Nel 1923 il Coppedè presentò all’Amministrazione forestale un’istanza per l’acquisto di alcuni terreni demaniali all’Abetone, in zona Le Regine, per costruire un centro di villeggiatura costituito da una serie di villini e da varie strutture ricettive, tra cui un grande albergo. La superficie su cui doveva sorgere era molto vasta: adiacente alla strada statale, comprendeva la zona intorno all’attuale piazza Vittorio Chierroni, la chiesa di San Giovanni Gualberto e le case lungo via Secchia e del Bicchiere, oltre all’area prativa e boschiva antistante. Il progetto fu ostacolato dalla presenza di altre due istanze concorrenti, una delle quali a firma dell’ingegner Lapo Farinati degli Uberti, allora sindaco di Cutigliano, e non fu realizzato probabilmente a causa delle sfavorevoli condizioni imposte dall’Amministrazione forestale per l’acquisto dei terreni. Durante le trattative, il Coppedè inviò in allegato ad una lettera, in cui difendeva la validità del suo progetto, le copie dei disegni raffiguranti la pianta dell’intero complesso e quattro progetti di villini.

Gino Coppedè, disegno di un villino (eliocopia), prospetti e piante, firmato (mm 410×360): Intorno al villino compaiono alberi, cespugli, vialetti e due figure umane, che danno la misura della dimensione effettiva dell’edificio

Tipologicamente gli edifici sono molto vicini ai coevi Villini delle fate del Quartiere Coppedè a Roma, l’opera più famosa dell’artista e più rappresentativa del suo stile. Muovendosi all’interno delle moderne correnti del Liberty e dell’Eclettismo, l’architetto aveva elaborato un linguaggio contraddistinto da una grande libertà decorativa e dalla presenza di elementi derivanti dalla tradizione fiorentina medievale e manierista. Fondamentale era stata l’attività svolta nella bottega del padre Mariano (1839-1920), La Casa Artistica, che realizzava arredi lignei per interni, di gusto eclettico: qui si era formato insieme al fratello Adolfo (1871-1951), anch’egli divenuto un importante architetto. Ne derivò uno stile inconfondibile, immediatamente riconoscibile e così personale da essere definito stile Coppedè. Il Coppedè si era affermato come architetto dell’alta borghesia imprenditoriale, per la quale progettava castelli, ville e palazzi in uno stile nuovo. Anche i villini per Le Regine appaiono come costruzioni imponenti, lussuose, arricchite da inserti in ferro battuto, finestre di varie forme, balconi, archi, loggiati, decorazioni alle pareti con temi floreali e figurativi. Il progetto sarebbe stato finanziato dalla Società Edilizia Moderna dei fratelli Cerruti, banchieri genovesi con cui l’architetto aveva già lavorato a Genova e a Messina e per i quali stava costruendo il Quartiere Coppedè a Roma.

Abetone, parte dell’area compresa nel progetto di Gino Coppedè: la chiesa di San Giovanni Gualberto a destra, il grande prato con i monti sullo sfondo e a sinistra alcune delle abitazioni che si affacciano sull’odierna via Secchia e del Bicchiere

Sicuramente la realizzazione del centro di villeggiatura a Le Regine era considerato un redditizio investimento economico, confermando il crescente interesse per l’Abetone, ormai divenuto un’importante stazione climatica e meta turistica estiva e invernale.
A questo proposito, nella lettera che accompagna l’invio dei disegni, il Coppedè afferma che ogni programma di intervento in zone di elevato valore paesaggistico, come Le Regine, non deve basarsi solamente “sull’immediato ed esclusivo tornaconto finanziario”, ma deve conformarsi alle “norme artistiche”. Per l’architetto la sua proposta progettuale è migliore di quelle concorrenti proprio perché è in grado non solo di portare vantaggi economici, ma anche di “valorizzare il patrimonio ideale … che è costituito dalle bellezze naturali del nostro paese”. Le affermazioni del Coppedè denotano senza dubbio un’alta considerazione delle proprie capacità artistiche e professionali, ma affrontano anche un tema di grande attualità: la necessità di pianificare gli interventi sul territorio, di creare progetti organici che integrino le strutture residenziali e ricettive con il paesaggio circostante, bene comune che va tutelato e valorizzato.

Testo Chiara Benzoni

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