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Archivi di pietra

I cimiteri sono, come gli archivi propriamente detti, luoghi di conservazione della memoria. La memoria dei defunti è custodita nell’interiorità di ciascuno di noi: i ricordi delle persone di famiglia che non ci sono più e anche delle persone che hanno contato nella formazione individuale, per il lavoro, per le relazioni affettive e di amicizia e più in generale per la vita sociale, vivono nello spirito di chi resta. Quindi da sempre si è avvertito anche il bisogno di porre un “segno” esteriore per ricordare i defunti e tramandarne la memoria. Questo sono le tombe per noi: spazi della memoria reificata.

I cimiteri, però, non sono soltanto questo. Svolgono un’importante funzione sociale perché danno al visitatore la possibilità di ricordare i personaggi che sono stati importanti per l’impronta che hanno lasciato nella vita della città. Ma, in fondo, anche di ricordare gli altri, tutti coloro che semplicemente esistendo hanno fatto vivere la comunità cui oggi apparteniamo.
La nostra città dei vivi è in un continuum con la città dei morti, perché ha in essa il fondamento della propria esistenza e della propria identità. Perciò, come scriveva Mazzini, la sepoltura è un atto sociale e tale deve restare.
Qualcuno potrebbe dire che ai morti della nostra presenza non interessa granché. Ma chi sa? È bello pensare che ad ognuno di loro sia accaduto di immaginare che qualcuno, un giorno, vedendo il nome sulla tomba, li riconosca e serbi di ciascuno un ricordo vivo e intenso.

La lapide posta sulla tomba del famoso regista pistoiese Mauro Bolognini

Ma vi è dell’altro. Passeggiando per un cimitero, soffermandosi a guardare le tombe e a leggere le lapidi, si può capire come cambiano nel tempo certi costumi.
Di come, ad esempio, ai nomi della tradizione, a quelli femminili di Maria, Rosa, Anna, Angela e a quelli maschili di Giovanni, Giuseppe, Antonio se ne vengano sempre più sostituendo altri, magari suggeriti da mode più o meno effimere. Nel caso pistoiese non si può fare a meno di notare, ad esempio, la totale scomparsa di un nome come Umiltà, un tempo frequente in omaggio alla nostra Madonna dell’Umiltà, cui è intitolata la Basilica. Oppure possiamo constatare come la retorica biografica consueta nelle lapidi di fine Ottocento, di madri affettuose e di padri laboriosi, abbia lasciato il posto alle odierne scarne sintesi anagrafiche: foto, nome, anno di nascita e di morte.
Oppure, ancora, di come gli abiti eleganti e in qualche modo ufficiali delle foto dei defunti abbiano ceduto il posto ad abbigliamenti molto meno formali, fino al punto che non fa, ad esempio, alcuna impressione vedere la foto dello scomparso in tuta sportiva…
Tutte queste ragioni fanno di ogni cimitero storico, dal monumentale di città al semplice camposanto di campagna, un museo e un archivio a cielo aperto, custode di un patrimonio di storia e di cultura, unico e in continuo divenire.
Per questo non ci si deve rassegnare alla loro scomparsa.

               La tomba del celebre scultore Marino Marini e di sua moglie Marina

Sarebbe ingeneroso verso i defunti, ma anche verso i vivi, che grazie al risveglio di quei ricordi ritrovano le tracce del proprio passato. Soprattutto, lo sarebbe nei confronti della comunità cittadina che ha non solo il dovere, ma il diritto di tener viva la memoria certamente dei grandi personaggi che ne hanno fatto la storia.
Per questo vorremmo che la città si prendesse cura di quegli archivi di pietra che sono i cimiteri.
L’intento dell’iniziativa “Archivi di pietra” lanciata dall’Associazione Storia e città e recentemente approdata alla pubblicazione del volume così intitolato, che raccoglie le lezioni tenute nel Liceo scientifico cittadino Amedeo di Savoia duca d’Aosta negli anni scolastici 2021/22 e 2022/23, è quello di sensibilizzare la cittadinanza alla necessità di conservare e valorizzare il patrimonio cimiteriale cittadino che a Pistoia si presenta particolarmente ricco perché ai cimiteri più importanti, quello Comunale, quello della Misericordia e quello della Vergine, se ne affiancano nel solo territorio comunale decine di altri.

Tutti, in maniera diversa, ospitano monumenti, edifici, tombe e cappelle private che ne fanno dei veri e propri contenitori di opere d’arte ed esempi di pregevole architettura funeraria.
Il crescente ricorso all’incenerimento delle salme, che con incremento esponenziale negli ultimi anni ha superato in percentuale le inumazioni tradizionali, e all’uso privato delle ceneri, magari con la dispersione di esse nella natura, minaccia di sottrarre alla comunità il ricordo di alcuni dei suoi membri defunti e rischia di far scomparire brani significativi della memoria collettiva. Oltre a ridurre, comunque, ogni morte alla dimensione di un fatto del tutto privato, che recide definitivamente ogni legame dello scomparso con la società e il tempo in cui è vissuto e che per certi aspetti lo fa scomparire due volte.

                                    

                                   La copertina del volume “Archivi di Pietra”

L’iniziativa degli “Archivi di pietra” è scaturita, in particolare, dal dispiacere di constatare la progressiva alterazione di uno spazio che rappresenta un pezzo di storia della società pistoiese: il Tempio crematorio. Situato nell’area semicircolare dietro la Cappella centrale del cimitero comunale di Pistoia, con iscrizioni poste ai lati dell’ingresso che ricordano Garibaldi e le origini della cremazione a Pistoia, esso appare, dopo i recenti restauri, come l’edificio funerario lì di maggior pregio. L’insieme delle urne cinerarie che vi si conservano, sebbene sempre più esposte al rischio di scomparsa, ci mostra quasi un compendio di quella che fu la classe dirigente della Pistoia laica tra Ottocento e Novecento, quando la pratica della cremazione, ancora vietata dalla chiesa, era addirittura identitaria per gli anticlericali, gli unici a praticarla. Nelle stanze del Tempio non è difficile trovare un Mazzino, un Garibaldo, o altri defunti che si pregiano della qualifica di “garibaldino” o fotografati in camicia rossa. Purtroppo, queste urne cinerarie, pregevoli per il loro stile liberty anche dal punto di vista di una storia del gusto, stanno lasciando progressivamente il posto alle urne moderne, per lo più seriali e insignificanti, delle nuove incinerazioni, così che va a perdersi la memoria di quello che la cremazione a lungo rappresentò.
L’auspicio è che l’immagine complessiva del luogo venga salvata finché si è in tempo, almeno con un’operazione di salvaguardia fotografica.

Testo Associazione Storia e città, OdV

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