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Dieci anni di festival

I Dialoghi sull’uomo sono arrivati alla X edizione, che si è svolta dal 24 al 26 maggio. È possibile tracciare un bilancio della manifestazione, sia pure in estrema sintesi?

Essere arrivati alla decima edizione è già un traguardo importante, ci siamo giunti forti di un pubblico più che triplicato nei primi nove anni (trentamila le presenze lo scorso anno), venticinquemila ragazzi di tutt’Italia coinvolti in questi anni nelle lezioni preparatorie, una collana di libri distribuita in tutte le librerie italiane, un archivio di video visti da quasi un milione di persone. Ma al di là dei numeri la soddisfazione maggiore è di essere considerati uno dei festival di più alto profilo culturale, e questo appunto non a discapito del numero di presenze. Si può dire che il pubblico dei Dialoghi cerca i contenuti culturali e smentisce il luogo comune che vede le manifestazioni di piazza come popolari e superficiali.

C’è un momento particolarmente importante di questi dieci anni che vorrebbe ricordare?       

Mi emoziono sempre molto quando, dopo la presentazione, inizia la prima conferenza del programma e il festival prende vita, una vita sua, autonoma, dove relatori e pubblico diventano i protagonisti, ed io, dopo mesi di lavoro, devo farmi da parte. Lo scorso anno un’insegnante di Monza, che aveva portato i suoi allievi in gita a Pistoia durate i Dialoghi, mi ha fermato per strada per ringraziarmi – sa – mi ha detto – i miei ragazzi sono felici, mi hanno chiesto di tornare anche il prossimo anno! Forse questo è il vero senso del festival.

Che riscontri avete sul rapporto tra coloro che partecipano al festival  in qualità di relatori e conferenzieri e la città di Pistoia?

La maggior parte dei relatori non sono stati a Pistoia prima dei Dialoghi, e il loro stupore e meraviglia è sempre totale. Molti di loro negli anni sono tornati al festival, come pubblico per il piacere di partecipare ancora, o privatamente in gita, perché hanno iniziato ad amare la città. Alcuni, come gli antropologi Marco Aime e Adriano Favole, sono diventanti quasi pistoiesi di adozione, un po’ come me!

Torniamo un attimo sui numeri del festival. In quanti, in dieci anni, hanno partecipato alla manifestazione? e da dove provengono?

Il pubblico mi ha sempre sorpreso sia in termini numerici sia in termini di qualità di partecipazione. Il primo anno ci aspettavamo 5000 persone e ne arrivarono 9000! Già all’ottava edizione avevamo triplicato il numero e lo scorso anno abbiamo superato le 30.000 presenze. Con la decima edizione siamo arrivati alle 200.000 presenze globali. Davvero un risultato importate, non solo in termini numerici, ma per la composizione del pubblico. Infatti arrivano moltissimi studenti universitari da tutt’Italia, così come moltissime persone che ogni anno si prenotano l’ultimo fine settimana di maggio a Pistoia arrivando anche da molto lontano, magari con l’idea di abbinare a qualche conferenza anche del turismo culturale. Ormai a inizio maggio non si trova più una camera in tutta la città.

Quale è il suo rapporto con la città? quale è il luogo di Pistoia (langolo, la strada, la piazza…) al quale si è maggiormente affezionata?  In questi dieci ani ho imparato a conoscere Pistoia e oggi mi ci sento a casa. Amo camminare a piedi anche sulle lunghe distanze, mi piace moltissimo la sua dimensione umana, la qualità della vita è ottima, anche per la bellezza dei monumenti, degli edifici e delle strade stesse. Amo moltissimo San Giovanni Fuorcivitas, dove non manco mai di fare una capatina quando mi è possibile e, naturalmente, Sant’Andrea, dove porto tutti i relatori del festival. Il mio entusiasmo per Pistoia è tale che molti ospiti del festival pensano che sia pistoiese, e questo mi rende molto felice.

Quali sono state le novità della decima edizione del festival?

La decima edizione ha rappresentato allo stesso tempo un punto di arrivo e di partenza. Il punto di eccellenza e di forza dei Dialoghi è di essere un festival che si pone anche come produttore culturale (vedi la collana di libri, le mostre fotografiche, le lezioni per studenti, il grade archivio di registrazioni, la collana di cataloghi fotografici etc.). Crediamo in una cultura della convivenza – e in questo senso è andato il tema scelto per la decima edizione, “Il mestiere di con-vivere”: intrecciare vite, storie e destini, lo abbiamo inteso sia come un focus su un tema di estrema attualità, oggi come sempre, sia come un modo per raccogliere, in una visione più ampia, il nostro lungo percorso.

A cura di Giovanni Capecchi

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