Camminare sta diventando un’esigenza psicofisica primaria per l’homo tecnologicus, costretto a vivere gran parte della propria esistenza in interni anonimi, soffocanti e artificiali. Così si va riscoprendo il valore filosofico- salvifico del cammino e negli ultimi decenni ciò ha prodotto l’esigenza di riscoprire i cammini antichi, quelli che per secoli sono stati calcati da folle di viandanti e pellegrini.
In poco meno di un secolo, a causa dello spopolamento delle montagne, dell’urbanizzazione selvaggia e dell’incuria generalizzata, si è fortemente impoverita la rete viaria, principale e secondaria, che fin dal Medioevo aveva permesso l’attraversamento degli Appennini e collegato città, paesi e borgate, anche le più remote, del territorio italiano.
Così è avvenuto anche per il Distretto pistoiese, che pure ha avuto in passato un ruolo rilevante nella viabilità transappenninica, garantita da un reticolo di vie “storiche” che hanno collegato Roma e la Tuscia con l’area padana e conseguentemente con le grandi direttrici europee.
Il Cammino di Santiago di Compostela ha fatto da apripista e da testimone di un turismo lento, sostenibile e di tipo etico-spirituale che sembra incontrare il favore di un numero sempre più cospicuo di amanti della natura, di escursionisti e di pellegrini.
Su questo esempio nel 1994 il Consiglio d’Europa ha proclamato la Via Francigena, nel percorso descritto dall’arcivescovo Sigerico nel 990 d.C, come itinerario culturale europeo che da Canterbury conduceva a Roma. Il Distretto pistoiese è solo sfiorato da questo tracciato, ma altre e altrettanto importanti sono le vie storiche che l’hanno attraversato e che in parte stanno tornando a vivere.
Un primo esempio è il Cammino di S. Jacopo in Toscana che, seguendo l’itinerario della via Cassia-Clodia, collega Firenze e Lucca, attraverso Prato, Pistoia e Pescia. Ma il territorio pistoiese è stato ancor più snodo e cerniera transappenninica, avendo “ospitato” vari luoghi di passaggio, quali il valico della Cascina di Spedaletto, quello della Badia Taona, della Collina, della Croce Arcana e quello della Croce Brandelliana (Prunetta), ognuno dei quali era percorso da vie importanti, alcune già riscoperte, altre da riscoprire.
Tra le prime la Via Romea Nonantolana che collegava Nonantola a Fucecchio attraverso il passo della Collina e Pistoia; poi la Romea Nonantolana Longobarda, il braccio finale di un antico sistema viario oggi denominato Romea Strata, che collegava Roma col Nord-Est Italia e che raggiungeva Pistoia passando per S. Marcello, Pontepetri (sede dell’antica Locanda delle Panche), le Grazie, Castel di Piazza e la Via Vecchia montanina. Ma altre tre sono di interesse storico e dovrebbero essere oggetto di grande considerazione: la Via Francesca della Sambuca che, fra l’altro, rappresentava il tracciato più breve di collegamento tra Pistoia e Bologna, la Strada di Fontana Taona , che da Pistoia risaliva a Candeglia, Baggio e alla Badia Taona e che conduceva nel bolognese attraverso due direttrici (per Treppio e Badi oppure per Torri e Stagno) e la Strada della Croce Brandelliana che univa Pistoia a Prunetta risalendo la valle del Vincio di Brandeglio, per proseguire poi alla volta della Garfagnana.
Le vie appena menzionate attraversavano l’Appennino longitudinalmente, ma di recente ne è stata tracciata un’altra, sicuramente meno “storica”, il cui interesse consiste nel fatto che percorre l’Appennino trasversalmente: essa parte da Pavullo e raggiunge Pistoia passando per Fiumalbo, Abetone, Cutigliano, S.Marcello, Spedaletto – paese che ospitava l’antico Monastero di Pratum Episcopi – e Baggio. Dunque un sistema di vie complesso e nel contempo ricco di potenzialità anche economiche che, una volta a regime, potrebbe essere uno strumento prezioso di scoperta o riscoperta delle ricchezze culturali dei nostri borghi, costituire un’opportunità di recupero del nostro territorio in termini ambientali e produttivi e nel contempo rappresentare un’occasione di ripopolamento delle Terre alte che negli ultimi decenni hanno assistito ad un’impressionante emorragia di residenti.
Naturalmente un percorso storico ricondotto a fini turistico-culturali abbisogna di tutta una serie di supporti logistici, di punti di ospitalità e di una manutenzione ordinaria e straordinaria continua, se non si vuole che esso si riduca a mera ed inutile sequela di cartelli segnaletici dietro i quali c’è il nulla, che servono solo a fini di propaganda mediatica e di cui il nostro Distretto non sente certamente il bisogno.
Testo Maurizio Ferrari, Nicola Giuntoli
Foto Maurizio Pini