L’origine è il disegno!
Begliomini, fin da ragazzo, osservando il mondo che agiva nel paese delle Piastre in cui è nato, inizia a rappresentarne graficamente la figura che, per lui, emergeva sulle altre: quella femminile, la donna “montanina” sempre disposta a faticare “come un mulo” al pari dell’uomo se non di più, dovendo anche accudire figli e casa, affinché le sue mansioni venissero messe a disposizione sia per il bene della famiglia quanto della comunità.
Però, quanto via via nel suo percorso artistico Leonardo Begliomini è andato realizzando, con i soggetti ricorrenti dedicati alla rappresentazione della donna tramite il disegno, la pittura, il bassorilievo e la scultura a tutto tondo, non vi è traccia espressiva dello sfiancarsi sul lavoro, tanto meno dell’impegno oneroso garantito alla famiglia e che allora (anni ‘50/’60) questi due ruoli, già sui quarant’anni, trasformavano la giovinezza femminile delle madri in precoce vecchiaia.
Com’è “sfiorita” la tale, si andava mormorando.
Ma l’artista è costantemente interessato a eleggere ben altro della figura femminile: l’archetipo.
Infatti, le sue donne sono delle nuove icone della Madre terra. Di fatto, donne di tutti i giorni prive di orpelli ornamentali e certo non disposte a manifestare compiaciuto edonismo. Molto semplicemente sono corpi femminili, pure poco sensuali anche quando sono rappresentate nella loro nudità oppure se, alzando la veste, fanno vedere il ventre della creazione.
Dunque, a mio avviso queste opere, possono essere considerate idoli nella fissità del tempo che, metafisicamente, Begliomini ci presenta come emblema di una femminilità ancestrale ideologicamente proposta affinché possa essere preservata.
L’esperienza scultorea che qualifica le opere dell’artista è il legame con quanto ha lasciato in eredità il ‘900 italiano: il rapporto con la tradizione umanistica, l’impegno sociale e civico, nonché la “filosofia”della meditazione.
Più semplicemente, il suo temperamento è predisposto, con autenticità d’animo, all’accurata osservazione della natura e conseguentemente, indotto a rifletterne l’organicità delle “piccole cose”. Questa diciamo, la sua poetica artistico-esistenziale; invece, il linguaggio formale ed espressivo con il quale caratterizza la plasticità, ma pure il pittoricismo delle opere – si pensi ai bassorilievi – si basa essenzialmente sulla sintesi delle morfologie, la “purezza” della linea, l’invenzione tipologica della rappresentazione femminile e, in particolare, Begliomini esprime il meglio di sé grazie a un’espressività “domestica” che esorta all’ammirazione dei modelli umani proposti e resi, appunto, esplicitamente familiari da amarli e venerarli come icone salvifiche.
Pur essendo la scultura tridimensionale, quanto la configura è il disegno, non solo preparatorio, ma anche quello che l’artista “vede” nella materia del tutto tondo o nelle mestiche, utilizzate per far affiorare dal nulla il disegno che ha nella mente o percepisce mentre, con minime levitazioni della corporeità, genera l’immagine.
Il suo direi, è un disegno che ha radici nella cultura etrusca: il solo tratto – a prescindere dal colore – è già in “tre dimensioni”, poi si innerva della “eroicità quotidiana” delle matrici umane scolpite da Marino Marini e, a mio avviso, anche di quella ben più umile interpretata da Arturo Martini nelle piccole opere modellate. Però la lezione a cui Begliomini tiene di più, almeno credo, è quella di Donatello e della pratica raffinata ed efficace dello “stiacciato”. In particolare penso al Donatello della vecchiaia, seppure aiutato dalla bottega, che si può apprezzare nei due pulpiti di San Lorenzo a Firenze. E non dimentico, per la scultura a tutto tondo, Arnolfo di Cambio e Tino da Camaino.
Allora si dirà: le opere di Leonardo Begliomini hanno soltanto radici storiche? Per me, senza quelle, un artista non è tale! Proprio perché, esclusivamente muovendo da motivazioni culturali affini alla propria formazione e alla personale poetica espressiva, chi ha il privilegio di “creare” riesce ad esprimere la continuità innovatrice dell’arte. In effetti, Begliomini, proprio corroborando di singolare energia espressiva quelle radici, è in grado di proporre una sua individuale e riconoscibile identità artistica.
A Pistoia, grazie anche alla presenza di una istituzione formativa come la Scuola d’Arte e Leonardo Begliomini ha avuto il suo imprinting proprio lì – quanto, dagli inizi del ‘900 fino agli anni ‘60, dalla fervente attività di prestigiose fonderie d’arte nella nostra città, infatti, è proprio grazie a queste due importanti “radici storiche”, che oggi possiamo annoverare come concittadini scultori significativi quali Andrea Lippi, Marino Marini, Agenore Fabbri, Jorio Vivarelli.
Ebbene, le generazioni successive, e mi riferisco agli scultori Valerio Gelli, Giuseppe Gavazzi, Andrea Dami, Beragnoli Sergio, Luigi Russo Papotto, Silvio Viola nonché, per l’appunto, Leonardo Begliomini hanno, da par loro, proseguito quel fil rouge storico adeguandolo, con personalità, all’evolversi della cultura artistica e alle motivazioni che sono scaturite dal mutare dei tempi.
Testo Siliano Simoncini
Foto Nicolò Begliomini