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Il grande atlante che racconta la storia della Salvezza

Un’opera complessa, monumentale, ricchissima di dettagli e contenuti costruita pezzo dopo pezzo nel corso di quasi due secoli. Ad oggi questo arredo strepitoso è privato della sua funzione originaria: quella di altare su cui celebrare la messa.
Un dato che non aiuta una comprensione immediata e la lettura teologica dell’insieme e delle sue parti. L’altare è poi un’opera composita, pensata in un primo momento come arredo mobile,
per accompagnare nella cappella i momenti più solenni e poi custodita nell’adiacente Sagrestia “de’ belli arredi” ricordata da Dante per il furto sacrilego di Vanni Fucci.

Possiamo tuttavia collegare in una lettura unitaria l’insieme, specialmente se consideriamo l’altare d’argento come un grande atlante illustrato della storia della salvezza in cui trova spazio e risalto
la figura di San Giacomo apostolo.

La lettura può prendere il via dalle storie della Genesi collocate sul fianco destro (per chi guarda) dell’altare. Il discorso torna meglio se si ricorda che questo paliotto è stato collocato in un primo
momento sull’altro lato dell’altare (fu spostato pochi anni dopo per privilegiare quello con le storie di San Giacomo). Dalla creazione di Adamo ed Eva, attraverso il peccato originale, l’omicidio di Abele e il Diluvio, le pagine della Bibbia scorrono assai rapidamente, ma dopo il peccato e il Diluvio Dio è sempre protagonista nell’avviare la narrazione di ogni formella, preoccupandosi di riallacciare un dialogo con le sue creature. Al centro del secondo registro e di tutto il paliotto sta il sacrificio di Isacco. Episodio emblematico della vicenda di Abramo, prefigurazione di quel sacrificio di Cristo che si celebra sull’altare. Dio risparmia Isacco, ma non farà altrettanto con suo figlio Gesù, ultimo e definitivo atto di Dio verso l’umanità per sancire la nuova ed eterna alleanza.
Con la prima formella l’ultimo registro conclude le storie bibliche attraverso l’incoronazione regale di Davide, dalla cui discendenza nascerà Gesù. Seguono le storie della Vergine Maria che permettono di collegare questo paliotto alle scene cristologiche raccontate sul paliotto frontale. Nella decorazione, che pure precede per data di esecuzione quelli laterali, la storia della salvezza “continua” dispiegandosi su tre registri. Nel primo, più in alto, si va dall’annunciazione fino all’adorazione dei Re Magi; nel secondo, dopo la strage degli innocenti, si descrivono le storie della Passione di Cristo: la cattura nell’orto degli ulivi, al centro la Crocifissione, l’apparizione del risorto agli apostoli e l’incredulità di Tommaso. Nel terzo registro si raffigura l’Ascensione al Cielo
e tre storie di Giacomo apostolo.
Il racconto presenta però alcune incongruenze. Proprio nell’ultimo registro dopo l’Ascensione è posta la Presentazione al Tempio di Gesù, evidentemente fuori posto.
La formella è stata spostata per privilegiare il Cristo apocalittico tra Maria e San Giacomo. Le tre storie di Giacomo (predicazione, processo e testimonianza dinanzi a Erode, Martirio e  glorificazione) insistono sull’apostolicità del personaggio, predicatore del Vangelo, primo tra i dodici a morire martire. La scelta delle Scene evangeliche invece, si sofferma sul sacrificio di Cristo.
La presentazione al Tempio, che possiamo immaginare al centro nel primo registro, ricorda l’offerta del Figlio primogenito del Padre e si collocava in linea con la scena della Crocifissione, sacrificio che redime l’umanità e che diventa il centro del kerygma, la buona notizia illustrata, in basso al centro, da Giacomo alle folle. Nel paliotto di sinistra, con le storie di Giacomo la narrazione amplia il racconto agiografico, soffermandosi, nelle scene centrali dei tre registri, sul tema della passione (il calice che berranno Giacomo e Giovanni; la cattura dell’apostolo; il suo martirio).

La storia della Salvezza prosegue oltre il tempo nella corte celeste che affianca la figura di Giacomo apostolo in trono al centro del dossale. Alla “scuola” di questa corte è chiamato il fedele e il pellegrino che entrava nell’antica cappella di San Jacopo, come ammonisce tuttora l’iscrizione presente sull’architrave del portale: «Tu che qui vieni, impara ciò che dice la Corte di Cristo: evita ogni male, fai il bene, vivrai in eterno».
Al centro, in posizione d’onore, sta proprio San Giacomo apostolo, patrono della città di Pistoia, qui riprodotto come pellegrino, cifra evidente di un culto giunto da Santiago de Compostela,
riferimento esplicito alla vocazione di una città collocata al centro di strade e snodi di fede, cultura e commerci. Giacomo pellegrino accompagna il credente nel cammino della storia cristiana,
custodendo chi gli si affida nei pericoli del mondo fino alla patria eterna.
La Curia di Cristo è invocata presente anche nella messa, quando il sacrificio celebrato sull’altare unisce cielo e terra, e si inserisce nel canto degli angeli e dei santi che intonano il Sanctus. Il canto
dei cori celesti risuona nella sommità dell’altare, affaccio sulla gloria celeste ad anticipazione di quella futura, quando il Signore Gesù tornerà per ricapitolare ogni cosa. Il gesto benedicente e sospeso del Cristo nella Mandorla, ben rende l’idea di quell’attimo finale in cui tutto troverà la sua composizione definitiva.

testo Ugo Feraci

foto Nicolò Begliomini

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