Un artista lo si distingue se nel suo lavoro sono presenti tre qualità fondamentali: la proprietà tecnica, l’organicità della forma in relazione sia all’insieme dell’opera quanto al suo significato, e l’autonomia del linguaggio espressivo. In genere, più sinteticamente, si è soliti precisare che tali componenti definiscono e identificano la “poetica” dell’autore. Chi entri nello studio di Luigi Russo Papotto, è attratto dalla presenza di opere allestite dall’artista come il percorso di un museo “domestico”, accogliente e immagine peculiare della sua personale sensibilità estetica. Inoltre, è possibile rendersi conto di quanto e come il lavoro realizzato in più di trent’anni di attività, si sia evoluto interpretando i mutamenti della temperie culturale e più, seguendo le istanze della propria maturazione interiore che, in ogni artista, è la condizione essenziale affinché possa esprimere al meglio la creatività.
Gli altorilievi alle pareti, quanto le installazioni e le sculture presenti nell’ambiente, sono di fatto l’emblematica testimonianza di uno statuto artistico imprescindibile. Cosa intendo affermare: le tre qualità tipiche di ogni arte che sia tale, e indicate in precedenza, in questo spazio espositivo sono riscontrabili e tangibili; vediamone quindi il come e il perché. Dal punto di vista tecnico la pertinenza nell’uso di medium diversi da parte di Russo Papotto è impeccabile; che si tratti di modellare la creta, ritoccare le cere per i suoi bronzi, scolpire legno, pietra o marmo, come estroflettere e introflettere metalli non fa alcuna differenza. Ma soprattutto, la grande perizia tecnica emerge quando l’artista si accinge a dare vita alla forma con il filo di ferro che, attorcigliato o fluttuante nell’aria, definisce figure e soggetti con una maestria che sublima in purezza espressiva il rischio del tecnicismo fine a se stesso. Abituale, nella poetica di Russo Papotto, è il movente sociale e concettuale quanto l’attenzione al mondo degli omessi; il tutto attraverso il ricorso alle figure archetipe del mito o alla cultura storica delle arti visive.
Ovvero, pur agendo sperimentalmente, l’artista non rinuncia al legame con il passato facendone memoria attiva e rigenerandone i contenuti: dal sentimento del tempo alla ritualità, fino all’impegno etico. Quindi, alla causa segue l’effetto e Luigi sa mantenere il giusto legame tra il senso dell’opera e la sua trasposizione in forma organica. Come? Grazie a un rapporto, tra l’insieme e le parti, coerente e in grado di rivelarne in esplicita manifestazione tanto la presenza fisica quanto il contenuto dell’opera per un connubio perfetto tra estetica e significato.
Ogni artista, che sia tale, si esprime tramite un proprio e autonomo registro stilistico, evidenziando una sorta di “carta d’identità” che rende distinguibili le sue opere nella congerie della molteplicità spesso omologante. Ebbene, le sculture di Luigi Russo Papotto si distinguono – grazie alla duttilità tecnica nel saper sfruttare la qualità dei diversi materiali – per essere trasformate dall’artista in linguaggio plausibile ed evocativo, in un fluire armonico di appagamento sensoriale e mentale al contempo, per chi le osservi. Inoltre, carattere stilistico prevalente è la funzione del “vuoto” attribuita dall’artista alle sue opere, mentre – con il filo di ferro – costruisce nello spazio- tempo il divenire delle forme dall’immateriale alla consistenza. Uno stile inequivocabile presente, in maniera esemplare, nell’opera Annunciazione recentemente sistemata nella Chiesa di Vignole dedicata a San Michele Arcangelo. L’arte di Luigi quindi, è di quelle che travalica i radicalismi di maniera o accademici quanto le sperimentazioni gratuite, e sa offrirsi piuttosto come opera mediatrice tra spirito e materia, o meglio, tra l’inafferrabilità del mistero metafisico e la consistenza di quello esistenziale.
Testo Siliano Simoncini
Foto Nicolò Begliomini