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La città dei pulpiti

Pistoia è una città dalla forte presenza di monumenti ed edifici religiosi che ne hanno caratterizzato lo spirito nei secoli passati.

Questo animo devozionale l’ha portata ad essere un cuore pulsante delle attività artistiche dal Medioevo al Barocco. Durante i periodi romanico e gotico Pistoia esprime la sua individualità e delinea fortemente una sua geografia tramite i pulpiti, che segnano un percorso di punti cardinali stilistici, tanto da poter essere definita “la città dei pulpiti”.

Facciamoci guidare dai passi di un visitatore nel creare un itinerario all’interno della città che vada a toccare queste opere così caratterizzanti.

Quello che il nostro moderno visitatore vede non è l’immagine che appariva in origine. I pulpiti, infatti, nel rito precedente al Concilio di Trento, si trovavano vicino al recinto che separava la zona presbiteriale dall’aula: la celebrazione religiosa non era visibile ai laici e l’unico momento di vicinanza tra il clero e i fedeli era rappresentato dalla lettura della parola di Dio e dalla predica che si svolgevano proprio sul pulpito, rivolto al popolo. Il pergamo andava così ad espletare contemporaneamente la sua funzione comunicativa in due modi: fornendo al clero un punto di lettura e di presenza verso l’aula e mostrando, attraverso le scene bibliche scolpite su pietra, la cosiddetta Bibbia dei poveri, un mezzo di “lettura” delle scritture per gli umili. Con il Concilio di Trento molti pulpiti vennero smembrati o spostati e quindi tutti quelli ancora visibili hanno una complessa storia di ricostruzioni.

Sant’Andrea, base di una colonna raffigurante Atlante/Adamo simbolo dell’uomo.

La passeggiata del viaggiatore inizia salendo le scale della Pieve di Sant’Andrea. Varcata la porta i suoi occhi, attratti dalla maestosa altezza della navata, sono indirizzati verso l’abside per poi scivolare in basso fino ad incontrare tra le colonne il gioiello più conosciuto della città: il capolavoro di Giovanni Pisano, terminato nel 1301. In questo pergamo esagonale Giovanni mostra tutta la sua abilità e tensione espressiva con stile serrato e intenso. Il maestro esprime il tema unitario della Redenzione attraverso l’uso di tre livelli architettonici che definiscono le tre chiavi di lettura simboliche: allegorica (nella parte inferiore), profetica (nei pennacchi) e storica (nelle facciate della cassa). I plutei definiscono scene ricche di pathos tramite la sovrabbondanza di personaggi, il movimento e l’espressione dei volti.

Attraversando il cuore pulsante della città, piazza della Sala, il visitatore si trova davanti alla ritmica geometria della facciata laterale della Chiesa di San Giovanni Fuorcivitas. Come la porta della chiesa si chiude alle sue spalle i rumori della città sembrano svanire per lasciare spazio ad un’atmosfera soffusa e tranquilla che porta ad un raccoglimento e ad uno spirito contemplativo.
Il pulpito si staglia proprio davanti all’ingresso ed è il primo oggetto che cattura lo sguardo: realizzato da Fra’ Guglielmo da Pisa nel 1270, la sua particolarità stava nell’utilizzo, nei fondi dei bassorilievi, di piccole tessere in vetro policromo lavorate con foglia d’oro utilizzate per riflettere la luce e dare risalto alle figure che raccontavano le fasi principali della vita di Cristo e storie successive alla sua Resurrezione.

La descrizione di scene successive alla morte di Gesù si hanno anche nel pulpito di San Bartolomeo, opera di Guido da Bigarelli da Como della metà del XIII secolo. La chiesa, come il pulpito, ha avuto una difficile storia di riedizioni e restauri.

Si presentava con una ricca stratificazione architettonica e storica dovuta soprattutto ai lavori realizzati nel Seicento e nel Settecento che le avevano donato un aspetto barocco; successivamente fu condannata, con pesanti interventi di restauro negli anni Cinquanta del Novecento, ad uno sconvolgimento che ne ha alterato l’identità e la lettura stratigrafica degli elementi.

Tale intervento aveva come finalità quella di riportare alla luce una presunta “romanicità” della chiesa, creando di fatto un falso storico.

Ad oggi le lastre del pergamo non si trovano più tutte collocate sulla cassa a causa delle varie ricomposizioni; le scene riguardanti la vita del Cristo si trovano collocate al momento sulla parete di sinistra della chiesa mentre rimangono nel pergamo solamente quelle relative alla Resurrezione del Signore. L’uso del marmo colorato per le colonne denota la volontà di trasmettere la ricchezza dell’abbazia, unita alla simbologia cristologica della passione del Cristo nel colore rosso del marmo. I lettorili angolari colpiscono per la loro maestosità: da uno si proclamavano i Vangeli, dall’altro le Epistole. Il pergamo di San Bartolomeo, infatti, è un esempio tipico perché mostra nel lettorile di sinistra le figure allegoriche degli Evangelisti che schiacciano una testa demoniaca e, nell’altro, le figure di San Paolo, Tito e Timoteo, scrittore e destinatari delle più note Epistole.

L’ultima tappa del cammino del viaggiatore è la Cattedrale di San Zeno. Lo stupore è grande nel trovarsi davanti ad un pulpito rinascimentale di epoca assai successiva a quelli contemplati fino ad ora. Scendendo nella cripta, due lastre di eccezionale fattura attirano la sua attenzione e lo colpiscono per la complessa intensità narrativa.

Raffigurano la prima, a campitura unica, la Visitazione, e l’altra, a campitura bipartita, l’Ultima Cena e la Cattura di Gesù. Questi elementi sono due degli indizi di un grande pulpito dimenticato del Duomo: quello risalente al XII secolo attribuito al maestro Guglielmo, perduto a causa dei lavori di riedizione della Cattedrale dopo il Concilio tridentino.

All’interno dell’aula il pergamo di Guglielmo doveva apparire solenne ed era uno dei più antichi presenti nel territorio pistoiese unito a quello della Pieve di San Michele a Groppoli. Con molta probabilità aveva forma quadrangolare e presentava, alla base delle colonne, i caratteristici leoni stilofori, elementi simbolo del Cristo e della sua vittoria sul male e sul paganesimo.

Lo studio e l’indagine sui pochi elementi superstiti sono l’unica via perché la città possa riappropriarsi del monumentale pulpito perduto e dimenticato.

Finisce così il percorso del nostro visitatore alla scoperta dei pulpiti, ai quali NATURART, FAI Giovani Pistoia e FAI Pistoia hanno dedicato un volume di prossima pubblicazione, inserito nella collana “Avvicinatevi alla bellezza”. Pistoia Capitale della Cultura 2017 offre l’occasione di dare nuova luce a queste magnifiche opere che, seppur spesso in ombra nelle chiese e private della loro funzione iniziale, riescono comunque a conservare grande maestosità e fascino grazie alla loro bellezza.

 

TESTO
FAI Giovani Pistoia
Alessandra Corsini
Beatrice Landini
FOTO
Nicolò Begliomini

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