L’ex chiesa rinascimentale di San Giovanni Battista si presenta con una sobria facciata le cui linee, troppo nette, rivelano la ricostruzione post bellica. Ma, entrati, si compie un percorso a ritroso nel tempo, all’indomani del devastante bombardamento del 18 gennaio 1944 che distrusse quasi interamente la chiesa e buona parte dell’adiacente Conservatorio, a destra già monastero francescano di San Giovanni Battista sino al 1783 e a sinistra, sempre sino a tale data, monastero domenicano di Santa Lucia. All’interno cumuli di macerie giacciono ancora lungo i muri perimetrali dalle disadorne pareti: fra le rovine si scorgono alcuni frammenti del fastoso altare in marmi policromi che le francescane avevano fatto erigere allo scultore carrarese Andrea Vaccà nel 1711, su progetto dell’architetto pistoiese Francesco Maria Gatteschi. Fra i lacerti marmorei il più significativo pare quello della figura della Speranza, mestamente adagiata sul pietrame. Sulla parete di fondo, l’unica rimasta almeno in parte eretta della chiesa, ancora rimangono, seppur danneggiate, le due porte in marmi policromi, mute testimoni dell’antico splendore: erano state eseguite l’anno successivo (sempre su disegno del Gatteschi e affidate alla bottega del Vaccà), quale elegante fondale allo scenografico altare, la cui pala si credeva perduta.
interno della chiesa prima della ricomposizione della pala del Vini con frammento di un angelo dell’altar maggiore
Al termine dello spazio espositivo centrale, dal dicembre 2017, rimane uno dei ‘doni’ permanenti di Pistoia capitale italiana della cultura: la ricomposizione, seppur parziale, dell’Adorazione dei pastori di Sebastiano Vini (1515-1602), allestita all’interno di una sobria cornice in acciaio. I lacerti della tavola sono serrati – in modo reversibile nel caso in cui ne fossero rinvenuti altri – all’interno di due lastre di plexigass trasparenti: su quella frontale è sinteticamente delineata l’originaria composizione a ‘ricucire’ i frammenti, su quella posteriore la struttura della carpenteria lignea. Il suggestivo allestimento, corredato di sussidi didattici touch screen, si staglia contro una parete curvilinea in resina, evocativa di un abside (che in realtà la chiesa francescana non ha mai avuto) e che fa risaltare le cromie accese tipiche del Vini, noto come ‘Bastian veronese’ e dovute appunto alla sua formazione veneta.
particolare del bue da un frammento della tavola
Per commovente bellezza e intenso naturalismo si distinguono la figura di San Giuseppe appoggiata ad un bastone e la sottostante testa del bue.
Quella che era una prima ‘epifania’ del ‘divino’, per le monache ed i fedeli, rivela oggi quanto la sinergia tra ricerca storico artistica e disponibilità ad investire in restauro possa ‘produrre’ in termini di restituzione della memoria. I primi frammenti, provenienti dai depositi della Soprintendenza, furono ricondotti alla pala del Vini da Alessandro Nesi nel 2011; a questa prima individuazione se ne aggiunsero altri contenuti in una cassetta, sempre nei depositi della Soprintendenza, che apparentemente conservava ‘solo’ i lacerti di un’altra tavola cinquecentesca, documentata all’interno dello stesso Conservatorio, l’Adorazione dei Pastori di Giovan Battista Volponi detto lo Scalabrino (1489-1561), pala che sempre secondo Nesi adornava in origine l’altar maggiore della chiesa francescana. Questa fu sostituita, nel volgere di qualche decennio, da quella del Vini, il pittore più affermato a Pistoia nella seconda metà del Cinquecento, al quale le monache affidarono, probabilmente intorno agli anni Settanta di quel secolo, l’attuazione di un programma iconografico che dal portale d’ingresso – sulle cui lunette esterna ed interna dipinse a
fresco rispettivamente San Giovanni Battista e Dio Padre – conduceva all’altar maggiore dove si adorava l’incarnazione del ‘Verbo’.
Nei meritori propositi, anche se non di prossima attuazione, della Fondazione Conservatorio San Giovanni Battista c’è il restauro dei frammenti della pala dello Scalabrino e si auspica che in futuro possa esservi anche la valorizzazione dei lacerti dell’altare, alcuni dei quali custoditi presso gli uffici dell’ente.
Il Conservatorio devastato dal bombardamento: il fronte su Corso visto da opposte angolazioni
testo Claudia Becarelli
foto Archivio Fondazione Conservatorio San Giovanni Battista