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La voce del bosco

Lorenzo Gori

L’amore profondo per la montagna non si dimostra saccheggiandone il  territorio, seguendo mode indotte o piegandola ad un uso più o meno consumistico, ma vivendola sempre, in carne o in spirito.

Anche semplicemente da una finestra di un condominio di città si può amare davvero la montagna, perché essa è un valore morale e spirituale, prima ancora che un luogo fisico: è pace interiore, elevazione, umiltà e forza, sintonia col Creato.

Non è un caso, dunque, che la montagna attiri anche cittadini propensi a farsi rapire da quell’universo intimamente poco conosciuto. Uno di loro è Lorenzo Gori, che ha amato i monti fin da piccolo, pur essendo nato alla periferia di Pistoia. Si tratta di un cittadino che ha imparato a carpirne i segreti a poco a poco, assecondandone i ritmi lenti, col cuore più che con la mente. Lorenzo è un giovane di indole mite, ma si indigna quando vede la montagna usata e non percepita nel suo incomparabile ruolo di maestra di vita. Di professione fa il fotografo e si definisce “fotografo dualista”, dato che i suoi interessi muovono dal realismo proprio della più immacolata quotidianità, ma si estendono alla gestione e all’utilizzo della luce artificiale, nell’ambito dell’artigianato di pregio delle più grandi case di moda toscane.

La montagna, però, è la sua vera passione, nella quale trovano spazio le due “anime” di Lorenzo, quella di anacoreta e quella di educatore, che lo hanno indotto, come Presidente dell’Associazione “La vita nova”, a gestire insieme ad altri il “Rifugio del Faggione delle Valli”, situato all’interno della Foresta demaniale dell’Acquerino, nel Comune di Sambuca pistoiese. L’edificio adibito a rifugio è un piccolo eremo, sobrio ma grazioso, adagiato su una radura, dove, qua e là, si ergono qualche faggio e qualche pero selvatico; dispone di otto posti letto in autogestione ed è aperto nella stagione estiva secondo calendario.

Del faggio secolare, da cui il rifugio ha preso il nome, resta solo un minuscolo nuraghe in pietra che, nell’intenzione dell’ideatore, raccoglie lo spirito del grande albero, caduto nel gennaio del 1996. Il nuraghe è al centro di due cerchi delimitati da pietre, a cui Lorenzo ha dato il nome di “giardino delle farfalle”, un luogo popolato da cardi selvatici dove centinaia di farfalle svolazzano fino ad autunno inoltrato e che vuole simboleggiare il ciclo vitale, la rinascita della vita all’avvento di ogni primavera.

Ma anche l’idea di “rifugio” che Lorenzo ha, e che vorrebbe trasmettere ai turisti, nasconde un risvolto filosofico, cioè quello di riscoprire il valore originario della parola, offrendo ospitalità ma anche un approdo spirituale a chi si sente travolto dai ritmi caotici della vita quotidiana.

L’anacoreta e l’educatore  si sono materializzati in una mostra itinerante che Lorenzo Gori ha intitolato “Fuori Stagione” e che raccoglie una serie di fotografie di paesaggi invernali, disposte lungo un percorso che si snoda dal Centro di Educazione Ambientale (CEA) e conduce, per il sentiero forestale 02, al Rifugio del Faggione  delle Valli.

Il sentiero attraversa scorci più angusti, dove si accalca una straordinaria biodiversità botanica, e allora, in mezzo a fitti cespugli di nocciolo si divincolano ciliegi e qualche sparuto acero alla ricerca della luce solare. Poi, più avanti, la vista si apre a campi e monti lontani, in un’alternanza di prospettive che sconcerta e affascina nello stesso tempo.

Le foto di Lorenzo che corredano il percorso sono rade, quasi pudiche, per dar modo al pellegrino di riflettere e cercar di carpire la segreta voce del bosco nella mutevolezza delle stagioni e soprattutto in inverno, quando la neve trasforma i panorami e quando i grandi guardiani verdi, le alte douglasie, si inchinano  pericolosamente sotto il peso della coltre nevosa e abbandonano per qualche tempo la loro eretta maestosità.

Questa è la stagione che Lorenzo sembra preferire, la meno “scontata” e anche la meno turistica, ma forse quella più adatta a mostrare il volto della montagna povera, non griffata, che mantiene la sua bellezza rude e intonsa e che è degna di essere amata e protetta così com’è, come una gemma preziosa.

Realtà estiva e realtà invernale si propongono al visitatore non in antagonismo, ma come due aspetti di un medesimo soggetto, tanto che l’inquadratura di ogni foto si sovrappone perfettamente all’ottica del viandante, quasi un messaggio subliminale di tipo pedagogico- didattico che invita ad amare la montagna anche quando sembra ostile all’uomo e non permette picnic o scampagnate della domenica.

Non c’è nulla di agiografico o di illustrativo, solo un’estrema semplicità che forse è la lente più adatta ad evidenziare i piccoli- grandi tesori che ci elargisce quotidianamente la natura.

L’intero progetto è stato reso possibile anche grazie alla collaborazione con SassiScritti, con CEA Acquerino Rifugio “Il Faggione delle Valli”, con il Corpo dei Carabinieri Forestali e con l’Unione dei Comuni dell’Appennino pistoiese.

 

Testo Maurizio Ferrari

Foto Lorenzo Gori – lorenzogorifotografo.com

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