Il fascino sofisticato e nascosto di una chiesta sei-settecentesca, tra echi rinascimentali ed elementi barocchi.
Il silenzio della montagna pistoiese cela un piccolo gioiello dell’architettura sei-settecentesca: la chiesa di S. Michele Arcangelo a Treppio, l’unica a potersi fregiare del titolo di arcipretura all’interno della diocesi di Pistoia. Qui il tempo sembra essersi fermato e soltanto posando lo sguardo sui resti del suo passato possiamo accorgerci delle vicende che interessarono questo luogo di confine.
Il paese, in origine fortificato, è documentato a partire dal 1086 e costituiva un elemento importante del sistema difensivo lungo la via che separava Pistoia dalla val Padana. A differenza del borgo, politicamente gravitante attorno a Pistoia, la chiesa dipendeva inizialmente dalla badia di Fontana Taona, dell’arcivescovado di Bologna, mentre nel 1220 la troviamo citata come cappella in un documento bolognese. A partire dal XIV secolo e sino al XVIII secolo, l’originaria cappella duecentesca subisce numerose trasformazioni, fino a diventare chiesa dipendente dal vescovado di Bologna.
Questa situazione, che vedeva la compresenza di due diverse autorità sullo stesso territorio, si protrae fino al 1784, quando papa Pio VI decreta il passaggio della chiesa alla diocesi di Pistoia.
La più antica descrizione dell’edificio sacro risale ad un inventario del 1623: essa appare di dimensioni inferiori rispetto alle attuali, con il campanile costruito sui resti di un’antica torre difensiva. Tra il 1667 e il 1670, per volontà dell’arciprete Fabiano Ulivi, la chiesa viene ampliata e arricchita dagli altari in pietra ancora oggi presenti al suo interno.
Nel Settecento si procede all’estensione del corpo longitudinale e al rifacimento della facciata, commissionando i lavori a Iacopo Antonio Coli. Nel 1797 la chiesa assume l’aspetto attuale: l’equilibrio delle proporzioni e la complessità architettonica dialogano con la natura circostante.
Le case del paese si schiudono al selciato dell’ampia piazza, dalla quale sorge la facciata ariosa del tempio. In seguito al restauro condotto dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Firenze, Pistoia e Prato fra il settembre 2006 ed il luglio 2007, la pietra arenaria che costituisce la struttura dell’intera facciata è stata protetta da uno strato d’intonaco, mentre emerge la pietra serena delle modanature architettoniche che scandiscono il ritmo della composizione. Lo schema compositivo riproduce quello tipico di molte facciate toscane, a partire da quella albertiana di Santa Maria Novella: inscrivibile in un quadrato, si articola in due livelli separati da una cornice aggettante. Rispettando il principio rinascimentale della sovrapposizione degli ordini, paraste e colonne di ordine tuscanico adornano il livello inferiore, mentre in alto sono leggibili lesene ioniche, con volute laterali di gusto, invece, tardo-barocco. La nicchia posta al centro della facciata, in asse con la serliana che incornicia il portale, arretrato rispetto al filo murario, contiene la statua del dedicatario della chiesa, San Michele, nell’atto di trafiggere il drago. Entrando, la pianta a croce latina si articola in tre navate suddivise da due file di colonne, ancora una volta in pietra serena e sormontate da archi a tutto sesto. Le campate della navata principale, più slanciata di quelle laterali, sono coperte da una volta a botte ribassata. La bicromia biancogrigio domina la scala cromatica dell’interno della chiesa, scaldata da vari arredi lignei scolpiti, fra cui due confessionali e, nella controfacciata, dal maestoso organo.
Sul lato opposto, nella zona absidale, fra due portali laterali centinati, è posizionato l’altare maggiore: in stile barocco e risalente al 1629, presenta due coppie simmetriche di colonne corinzie a sostegno di un timpano curvo e spezzato al centro, laddove si inserisce un’ampia cornice lapidea con l’immagine del Creatore. Infine, la pala d’altare, di notevoli dimensioni e risalente al XVII secolo, è una copia eseguita da un originale di Guido Reni, oggi a Roma in S. Maria della Concezione e raffigurante San Michele Arcangelo.
Il famoso organo di Treppio si trova all’interno di un’imponente struttura lignea sulla controfacciata della chiesa. Molto spesso, semplificando, si sente dire che questo strumento venne costruito da Pietro Agati, ma ciò è vero solo in parte: dalle ricerche effettuate è infatti emerso che il famoso organaro pistoiese, nell’anno 1794, fu incaricato di apportare degli aggiornamenti ad uno strumento preesistente. Pertanto, non stupisce constatare la presenza di tracce rinascimentali nell’impostazione generale di questo prezioso manufatto. Inoltre, se si osserva la cantoria lignea, si noterà che l’iscrizione qui presente porta la data 1739, di ben 55 anni precedente all’intervento dell’Agati: evidentemente l’organo doveva già essere presente. È degno di nota il fatto che, durante il restauro, all’interno della cassa di legno dello strumento, siano state rinvenute delle tracce pittoriche che raffigurano alcuni santi, testimonianza del reimpiego delle tavole stesse.
A cura di
FAI Giovani Pistoia
Leonardo Fabbri
Francesca Fanini
Eleonora Guzzo
Foto
Lorenzo Gori