Avvicinatevi alla Bellezza è il titolo che la Giorgio Tesi Group ha dato ad una collana editoriale che promuove e racconta, con testi ed immagini di qualità, alcuni tra i principali beni culturali di Pistoia.
Avvicinatevi alla Bellezza è anche il claim della mostra “Pistoia Compostela d’Italia: l’Altare Argenteo di San Jacopo” che, dal 1 maggio al 30 giugno 2024, verrà ospitata proprio nella Pontificia Reale Basilica di San Giacomo degli Spagnoli.
La Basilica, chiesa nazionale di Spagna, fu voluta a Napoli dal grande viceré spagnolo don Pedro de Toledo e realizzata dall’architetto e urbanista regio Ferdinando Manlio che ne terminò la costruzione intorno al 1540.
Rimasta chiusa per molti anni a seguito d’importanti lavori di restauro, questo sito finora “negato” è stato riaperto al
pubblico, grazie all’impegno della Real Arciconfraternita Monte del Santissimo Sacramento dei Nobili Spagnoli, del Comitato Partidarios de Santiago e dell’Associazione Sualma.
Entrando in questa Basilica, l’emozione della ri-scoperta di un luogo finora “negato”, si alimenta non solo percorrendo le sue navate costellate dalle eleganti sculture dei tanti monumenti funebri e dai pregevoli dipinti esposti nelle diverse cappelle votive, ma questa emozione incalza, traducendosi in stupore, quando si scopre che nella zona retrostante all’altare maggiore, è custodito un vero e proprio tesoro nascosto: il Mausoleo di Don Pedro de Toledo. Questo imponente monumento è da considerarsi, senza ombra di dubbio, un capolavoro della scultura del XVI sec. in ambito europeo. Fu lo stesso Pedro de Toledo ad incaricare della sua progettazione Giovanni Merliano da Nola, uno dei più raffinati e colti scultori del tempo.
Per circa sessanta giorni, durante la sopracitata mostra, due splendidi tesori d’arte, l’Altare Argenteo di San Jacopo e il Mausoleo di Don Pedro de Toledo, dialogheranno in termini di Bellezza in un luogo consacrato, ormai da quasi cinquecento anni, al santo patrono della Spagna.
Una bellezza quale quella di questi due monumenti, che ha trovato forma e dimensione estetica non solo grazie alla maestria degli artisti che li hanno realizzati, ma che si è nutrita e continua ad alimentarsi nel tempo anche attraverso le particolari vicissitudini che ne hanno accompagnato la creazione e che, per certi versi, presentano delle similitudini: ugualmente laboriose e a “più mani” sono state, per esempio, la fasi di lavorazione di queste due pregevolissime opere scultoree.
Quando nel 1539, Pedro de Toledo commissionò a Giovanni da Nola il suo monumento funebre, il Merliano, che era già uno scultore richiestissimo, per portare avanti questo incarico e tanti altri lavori contemporaneamente, dovette giovarsi non solo della collaborazione dei suoi migliori discepoli, come Annibale Caccavello e Gian Domenico D’auria, ma anche “associarsi” con altri scultori che potessero essere degni della sua fama. Nonostante questo, la realizzazione di quest’opera durerà circa trent’anni, lasciando solo ai “posteri” di Don Pedro e di Giovanni da Nola, che morirono prima del 1570, il piacere di poterla ammirare nella sua completa bellezza.
Quando nel 1287 si incominciò a lavorare alla realizzazione dell’Altare Argenteo di San Jacopo si era solo all’inizio di una straordinaria sequenza d’interventi magistrali che vedranno ben cinque generazioni di artisti operare, durante un arco temporale di circa due secoli, alla la creazione di un tale capolavoro. Alla decorazione di questo splendido altare partecipò anche Filippo Brunelleschi al quale sono attribuiti i busti dei profeti Geremia e Isaia.
Sempre in riferimento a possibili similitudini tra le “storie” che ruotano attorno al Mausoleo di Don Pedro de Toledo e all’Altare Argenteo di San Jacopo: ugualmente “fortuite” e quindi diverse dai progetti iniziali, sono state le collocazioni di queste due opere o di parti di esse, durante o dopo la loro realizzazione.
Diversa, infatti, sarebbe stata la collocazione definitiva del Mausoleo di Don Pedro de Toledo se non ci fosse stata la “campagna militare di Siena”. Il monumento, in origine, fu pensato dal viceré spagnolo per essere poi trasportato in Spagna, dove desiderava essere sepolto. Incaricato nel 1553, dall’imperatore Carlo V di sedare una rivolta nella città Toscana, Don Pedro si diresse verso la battaglia, ma ammalandosi durante il viaggio fu costretto a riparare a Firenze.
Qui morì tra le braccia dell’amata figlia Eleonora de Toledo, venendo poi sepolto nella chiesa di Santa Maria del Fiore. Fu così che il suo monumento funebre rimase in “deposito” nella Basilica di San Giacomo degli Spagnoli, nella sua particolare e attuale collocazione, “nascosto” e tutto da scoprire, alle spalle dell’abside della chiesa.
Diversa sarebbe stata la collocazione della “Madonna in trono con il bambino”, nella struttura iconografica dell’altare argenteo, se non ci fosse stato il “furto politico” di Vanni Fucci, nel 1293, ai danni della “Sagrestia de’ belli arredi”. Questo episodio che fece all’epoca molto scalpore, tanto da essere immortalato da Dante nel Canto XXIV dell’Inferno, “costrinse” a seguito di alcuni danneggiamenti e successivi restauri, questa “Vergine col Figlio” che originariamente doveva essere inclusa all’interno di un ampia arcata, ad essere inserita dentro una ben più angusta cornice ogivale. Sempre a seguito di questo “famoso furto”, la stessa sorte toccò al gruppo dei dodici apostoli che furono ritagliati ed inseriti all’interno di piccole edicole.
Nonostante tutto, rimase e rimane intatta la raffinata bellezza di queste sculture che quasi al pari del Mausoleo di Don Pedro de Toledo, posizionate in maniera meno eclatante nella struttura dell’altare, diventano per molti aspetti dei “tesori nascosti”, tutti da scoprire.
Queste alcune delle storie, qui solo brevemente accennate, e che durante (e non solo) il periodo della mostra, arricchite di ulteriori informazioni e di altre suggestioni, potranno condurre il visitatore, nella Pontificia Reale Basilica di San Giacomo degli Spagnoli, ad “avvicinarsi” alla Bellezza attraverso la scoperta dei tesori di San Giacomo Maggiore, tra Napoli e Pistoia.
Testo Ilaria Moscato
Foto Lorenzo Marianeschi, Nicolò Begliomini