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Pistoia, piccola Santiago e non solo

Per meglio comprendere il fenomeno del pellegrinaggio di ieri e di oggi è necessario contemplare diversi fattori. L’ambiente culturale, le motivazioni politiche, la composizione della società, il substrato religioso, le tensioni emotive, che hanno spinto lungo i secoli migliaia di uomini e donne a mettersi in cammino verso la tomba dell’Apostolo Giacomo in quella finisbus terrae del mondo fino ad allora conosciuto. L’uomo del medioevo sente la necessità di conoscere, è animato certamente dalla curiositas ma soprattutto dalla fede. Ci si muove per devotionis causa od anche per poenitentiae causa, per espiare una colpa ed ottenere l’indulgenza dai peccati. I pellegrini prima di partire facevano testamento, il viaggio ed il ritorno erano lunghi e pericolosi, ma l’idea della scoperta, dell’incontro e del confronto con paesi, idiomi e tradizioni costituivano un incredibile stimolo.

Ma chi era l’homo viator? Ci dobbiamo basare sulle testimonianze scritte, sui diari di viaggio che determinano le coordinate entro le quali si sviluppa il concetto stesso di pellegrinaggio con un continuo intreccio rispondente alla cultura, agli interessi, alla devozione degli autori. La complessità del genere si evince fin dai primi testi; a scrivere sono perlopiù artigiani o commercianti che hanno interesse per le attività economiche, i cambi ed il commercio. Di seguito emerge una tipologia di pellegrino appartenente ai gusti ed alla mentalità rinascimentali: i testi sono di Bartolomeo Fontana, dei notai perugini Ballarini e Rattabeni, di Gaugello Gaugelli della corte dei Montefeltro, dell’erudito bresciano Pandolfo Nassino e di Lorenzo, rettore della chiesa di San Michele di Fiesole. Nel seicento e settecento emerge la provenienza ecclesiastica di chi si muove verso Santiago, testimoniata da autori quali il sacerdote Laffi, il frate carmelitano Naia, il francescano Buonafede Vanti ed anche Nicola Albani, per quanto lo stile di vita che conduce ed il testo che scrive lo avvicinino al mondo picaresco. Emerge quindi una dimensione pellegrinesca non riferibile ad un ambiente specifico ma con molte varianti e sfumature: artigianale e commerciale agli inizi, quindi specchio delle tendenze filosofiche e culturali rinascimentali o delle epoche successive, ma in tutti i pellegrini resta una base di forte recupero devozionale.

C’è sicuramente un filo conduttore che è il viaggio: un viaggio che varia a seconda delle tendenze, delle mode e degli interessi dei pellegrini ma che ha ineludibilmente Santiago come meta. Si predilige la via più diretta, più breve, più sicura, più strutturata nei luoghi di accoglienza e quasi sempre si ritorna per il medesimo itinerario. L’inizio è Roncisvalle con il suo corredo di leggende carolingie, l’arrivo è Finisterre che non perderà mai quella eco suggestiva di ultimo luogo della terra. E’ necessario considerare l’inevitabile flessione dovuta alle guerre di successione, rivoluzioni, guerre mondiali che di fatto determinarono la chiusura di un’epoca, la fine di una sorta di “età dell’oro” del pellegrinaggio compostellano. Facendo un salto spazio temporale, la ripresa del culto jacopeo va fatta ripartire dal 1987, data che sancisce il Cammino di Santiago come Primo Itinerario culturale europeo.

Grazie ad una decisiva sinergia tra le istituzioni, le associazioni operanti sul territorio, la Chiesa, il mondo della comunicazione, l’editoria, la cinematografia, oggi il pellegrinaggio è una proposta universale. I numeri degli arrivi hanno dimostrato nel corso degli anni un interesse sempre più crescente per la via che porta a Compostela. Gli uomini e le donne che ritroviamo in quello stesso percorso di mille anni prima camminano per fede, o per avventura, per fare un’esperienza, per spiritualità, per evasione dal quotidiano, per cercare una dimensione, per ritrovarsi. Si compiono gli stessi gesti, si visitano gli stessi luoghi, si giunge comunque alla stessa meta qualunque sia la motivazione.

Ma non lo si fa solo in Spagna; in migliaia ogni anno attraversano l’Italia per raggiungere Roma percorrendo la via Francigena, oppure per quell’incredibile fascio di vie connotate dalle bellezze artistiche, dalla natura, dalle devozioni locali.

Pistoia si inserisce in questo contesto costituendo uno snodo fondamentale, può essere meta intesa come la “piccola Santiago” grazie alla presenza della reliquia dell’apostolo Giacomo, può essere tappa da sud a nord verso Compostela, è baricentro essenziale per la sua posizione strategica di collegamento con la Via di Francesco ed anche per chi giunge dagli appennini Tosco-Emiliani.

Oggi che tutti avvertono la fine di un’epoca, le realtà identitarie, quelle tematiche, l’idea di accoglienza, di meta, di scoperta del territorio, di comunità di intenti fanno sì che il cammino di San Jacopo e Pistoia esaltino in chiave moderna un’idea di pellegrinaggio che si basa su pilastri ineludibili e che permettono alla città, al suo patrimonio artistico, storico e culturale di essere una realtà dal respiro internazionale nell’affascinante diorama dei pellegrinaggi. Con la forza delle idee ed il coraggio nelle azioni.

   Il cippo del Cammino di Santiago donato dalle autorità galiziane alla città di Pistoia

testo Jacopo Aldighiero Caucci Von Saucken

foto Luca Roschi                                                                                                          

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