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Pontito, il Paradiso perduto

veduta panoramica da Pontito

Una delle prime traduzioni di successo in italiano del poema epico “Paradise lost” di John Milton si deve al letterato e medico Lazzaro Papi, che nel 1811 dette alle stampe la propria versione dell’opera, della quale anche Foscolo aveva tentato senza successo di realizzare la trasposizione. Pare ad oggi una curiosa casualità che il paese di nascita di Papi sia proprio divenuto una sorta di “paradiso perduto”, un luogo di grande bellezza ma che all’apparenza sembra essere rifuggito dalla vita umana: Pontito. Grazie ad una altitudine di 749 metri slm che le permette di dominare la Valleriana da una posizione di vantaggio, ma penalizzata dalla difficoltosa accessibilità e dagli scarsi collegamenti con le zone più abitate ed economicamente sviluppate della piana, Pontito si sviluppa all’interno di una rete insediativa altomedievale che contava circa una quarantina di villae. Uno dei primi documenti nel quale viene menzionato è “una pergamena del 14 Novembre 998, con cui il Vescovo di Lucca concedeva in feudo a Giovanni ed a Pietro Signori di Maona e di Castiglione il loco Pontito”, come riporta Salvatore Bongi nell’Inventario  dell’Archivio di Stato di Lucca (1876). Con le continue lotte per il dominio della Valleriana e della Valdinievole che portarono nel 1300 alla conquista da parte di Firenze di Pietrabuona, Sorana, Vellano e Castelvecchio, Pontito, rimasta sotto il dominio lucchese, tra l’XI e il XII secolo si doterà di un vero e proprio nucleo fortificato. Ed è proprio la necessità difensiva dovuta alla dislocazione in una terra di confine, unita alle caratteristiche morfologiche dell’area, che determineranno l’impianto urbano e il tessuto edilizio del paese.

Chiesa dei Santi Andrea e Lucia

Il borgo ha un chiaro nucleo generatore, il castrum (sostituito successivamente dalla Chiesa dei SS. Andrea e Lucia) posto sulla sommità: da questo centro la maglia urbanistica di apre a ventaglio adagiandosi sul versante del colle e organizzandosi mediante terrazzamenti che seguono le curve di livello; la visione dall’alto ben rivela lo sviluppo ad archi concentrici, collegati trasversalmente da ripidi passaggi che si insinuano tra le abitazioni. La cinta muraria, di cui restano poche tracce, chiudeva il perimetro, lasciando solo come soluzioni di continuità le quattro porte laterali di accesso denominate di sopra, di sotto, Michelina e di San Luca. Le abitazioni in pietra conservano tutt’oggi la conformazione e la tipologia edilizia tipica della casa di pendio, sviluppandosi tra due piani scavati nella roccia, così da avere doppio accesso, uno posto alla quota più bassa e l’altro al livello superiore. Simboli scolpiti negli architravi, edicole con piccole sculture religiose e teste di personaggi ormai dimenticati costellano le pareti nude delle case, dove è facile individuare le tracce di porte o finestre chiuse nel tempo, oppure elementi lapidei di recupero, utilizzati a volte con libera interpretazione della loro funzione originaria.

Scalando le irte viuzze fatte di scaloni che collegano come in un labirinto i vari livelli, si raggiunge il punto più alto, dove, passando sotto l’arcata sulla quale si erge la torre campanaria di foggia romanica, si trova la Chiesa dei SS. Andrea e Lucia. Al contrario di altre Castella, come Castelvecchio o Vellano, la chiesa è posta all’interno della cinta muraria, anche se l’originaria pieve doveva essere posta a poca distanza, ma fuori dalle mura. Realizzato alla fine del ‘400, l’edificio presenta un impianto a tre navate suddivise da arcate e colonne con capitelli a motivi fitomorfi e un catino absidale con decorazione a lesene. La chiesa custodisce al suo interno un fonte battesimale a immersione decorato da cornucopie e rosoni (datato nella seconda metà del ‘400), ed arricchito da un grande arco in pietra grigia scolpito con motivi vegetali e i simboli dei quattro Evangelisti (fine XV secolo). Conserva inoltre al suo interno altre opere degne di nota: una Madonna in atto di scacciare il demonio, da datare ai primi anni del Cinquecento, e l’Adorazione dei pastori attribuito all’influenza di Sebastiano Vini, sempre del XVI secolo.

Sulla via che dalla chiesa esce dal paese e si collega al piccolo cimitero si trova una delle fonti pubbliche ottocentesche ricavate da blocchi di arenaria lavorati a scalpello che ancora oggi distribuiscono acqua al paese e si incontrano sulle attuali vie d’ingresso al borgo.
Pontito con i suoi scorci, le sue superfici scavate nella roccia e le sue architetture fatte di arenaria, emana un fascino particolare. Ogni pietra ci racconta una storia antica, quella di un paradiso perduto e ormai quasi disabitato tra le colline della svizzera pesciatina, un vero e proprio teatro della memoria, una testimonianza solenne di una vita passata.

via lastricata tipica del paese di Pontito

Testo Eleonora Maestripieri e Eleonora Meneghello – FAI Giovani Pistoia

Foto Claudio Minghi

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