“Per intercessione di San Bartolomeo apostolo e di Sant’Ubaldo vescovo ti liberi il Signore da ogni male in nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen….”
Questa è la formula di accompagnamento al rito dell’unzione, una tradizione legata alla festa di San Bartolomeo, la festa dei bambini, che si celebra a Pistoia ogni anno dal pomeriggio del 23 agosto e per tutto il giorno successivo.
Bartolomeo (in aramaico Bar Talmaj, cioè figlio di Talmaj), si pensa fosse quel Natanaele di Cana di Galilea menzionato nel Vangelo di Giovanni, che Filippo invita ad incontrare Gesù, e che successivamente visse e operò in Mesopotamia e in Asia Minore. In Armenia, dopo aver convertito il fratello del re esorcizzandone la figlia, fu condannato a morte, sembra per scorticamento.
Per questa ragione le madri pistoiesi usavano in passato chiamare i bambini “sbucciati”, o semplicemente i più vivaci, “sambartolomei”, “sambartolomeini”, oppure ancora, in forma abbreviata, “sammei”.
A Pistoia, infatti, la festa in onore del Santo è la festa dei bambini. Le bancarelle piene di giocattoli e dolciumi costituiscono il simbolo del ritorno alla condizione naturale dell’infanzia, il premio della purificazione che avviene dopo che il sacerdote “ha tracciato” una piccola croce sulla fronte dei fedeli, l’unzione appunto. Il rito risale all’arrivo dei Canonici Lateranensi dell’ordine di Sant’Agostino, che sostituirono i monaci benedettini del complesso di San Bartolomeo nel 1433; non a caso dunque nella formula di accompagnamento al rito viene citato Sant’Ubaldo, vescovo di Gubbio, e, appunto, canonico lateranense. Fu solo nel 1473 che la festa acquisì una dimensione più ricca e solenne, quando il cardinale Nicolò Forteguerri, con l’istituzione della Pia Casa di Sapienza, fece dono delle sue proprietà al Comune di Pistoia, finanziando anche i festeggiamenti in onore di San Bartolomeo.
Partendo dall’abbazia romanica dedicata al Santo fino ad affacciarsi sulla piazza del Duomo, le strade si trasformano, dal pomeriggio del 23 agosto fino a tutta la giornata del 24, in un gioioso e affollatissimo tripudio di colori e di allegria. Il mercatino offre una ricchissima quantità di giochi di ogni tipo, ben diversi dai poveri balocchi delle antiche feste, fatti a mano dai corbellai, dai fornaciari e dai legnaioli. Si trattava per lo più degli strumenti da lavoro dei grandi: cestelli, carriole, corbellini, o al massimo, quando si trattava di giochi veri e propri, di chiocche, vale a dire palline di coccio. I dolciumi tradizionalmente legati “al San Bartolomeo”, come si dice a Pistoia, sono le corone, che consistono in pippi (palline) fatti di un impasto dolce (quello del berlingozzo), tenuti insieme da uno spago e tutt’oggi indossate dai bambini nella giornata della festa.
Così le descriveva Alberto Chiappelli nei primi decenni del Novecento: “Le dette corone non hanno la forma di quelle del rosario, cioè a poste, ma rassomigliano piuttosto, nella loro terminazione con grosso medaglione, a quelle che negli antichi tempi portavano i re e gl’investiti di qualche divinità o di qualche ordine cavalleresco”.
di Iginia Bartoletti – Foto Carlo Quartieri