Atto Melani: successi e intrighi di una star pistoiese del Seicento.
Quando nel 1644 il cardinale Giulio Mazzarino decise di impressionare la corte francese facendo venire a Parigi alcuni dei più bravi cantanti italiani dell’epoca, la sua scelta si orientò su un diciottenne pistoiese che, nonostante la giovane età, era già piuttosto famoso e prometteva bene. Il suo nome era Atto Melani: figlio del campanaro della cattedrale, fin da bambino aveva dato mostra di una bellissima voce. Per questo motivo il padre aveva pensato bene di farlo castrare (una sorte che toccò almeno a tre dei suoi sette fratelli) per garantirgli così una carriera nel canto, in particolare in quello operistico. Per quanto spietati, i calcoli paterni si erano rivelati esatti, come dimostrava proprio l’invito in Francia che giungeva dal potente cardinale Mazzarino. La tournée parigina di Atto fu un successo: soprattutto la regina Anna d’Austria era entusiasta di lui, come rivela nelle lettere inviate alla corte dei Medici. Negli anni successivi il cantante fu conteso dalle varie corti italiane ed europee: sono documentati suoi successi a Firenze, Roma, Mantova, Piacenza, Torino, Innsbruck, e soprattutto nuovamente a Parigi, dove l’artista pistoiese tornava appena possibile.
Fu in questi anni che Atto intraprese una carriera parallela a quella musicale. La familiarità con i potenti e la facilità di spostamento del celebre cantante lo rendevano un soggetto ideale per svolgere attività diplomatiche e soprattutto di spionaggio, che gli venivano commissionate per conto del Re Sole. Luigi XIV del resto non gli lesinò ricompense e riconoscimenti, tra i quali la nomina ad abate della ricca abbazia di Beaubec, in Normandia. Atto finì inevitabilmente per essere coinvolto in una serie di intrighi, anche amorosi: ebbe una relazione con il duca di Mantova, Carlo II, e soprattutto finì per infatuarsi di una nipote di Mazzarino, Ortensia Mancini. Questa liaison dangereuse, unita forse ad un coinvolgimento nello scandalo finanziario che travolse Fouquet, Ministro delle finanze del Re Sole, lo fece cadere momentaneamente in disgrazia.
Tuttavia nel 1667, Atto, trasferitosi a Roma, fu molto abile a propiziare l’elezione al papato del pistoiese Clemente IX, al secolo Giulio Rospigliosi, assai gradito alla corte francese. Il cantante e “agente segreto” pistoiese fu dunque pienamente riabilitato e tornò nelle grazie di Luigi XIV, che lo richiamò alla sua corte. In vecchiaia Atto, ormai stabilmente insediato a Parigi nella sua casa vicino alla chiesa di Saint-Eustache (nell’attuale Rue Hérold), dichiarava che «senza la Musica, sarei tuttavia a Pistoia a guardare il Leoncino», con un riferimento alla celebre scultura che decora il pozzo in piazza della Sala. La musica, dunque, gli aveva permesso di spiccare il volo dalla sua città natale, alla quale d’altro canto rimase sempre legato. Si preoccupò sempre di inviare alla famiglia (in particolare ai nipoti Luigi e Domenico) denari e gioielli, permettendo l’ascesa sociale dei Melani che, partiti dal nulla, poterono permettersi un sontuoso palazzo sul Corso, nonché poderi e ville (come quella di Castelnuovo, presso Cantagrillo), e infine l’ingresso nella nobiltà cittadina. I due nipoti, alla morte dello “zio abate” (così lo chiamavano, sorvolando sui suoi trascorsi operistici e spionistici) avvenuta nel 1714, gli fecero costruire un ricco monumento nella cappella di famiglia ubicata nella chiesa di San Domenico a Pistoia. Il ritratto marmoreo di Atto, realizzato da Vittorio Barbieri, fa ancora bella mostra di sé nella cappella. Al di sotto, compare lo stemma di famiglia: un cinghiale “fasciato d’argento” e sovrastato dal giglio di Francia, a ricordare il paese che più di tutti seppe riconoscere ed apprezzare le molteplici abilità del castrato pistoiese.
TESTO
Tommaso Braccini