Dall’oratorio del 1300 agli ampliamenti e alle decorazione del Settecento, tra barocco e neoclassicismo.
Le origini della chiesa di San Leone sono da ricercare nella nascita dell’oratorio della congregazione dei sacerdoti secolari dello Spirito Santo di Pistoia costituita nel 1379. Il primo nucleo dell’oratorio occupava lo spazio dell’attuale navata e fu costruito grazie alla donazione del mercante Jacopo Berti ai suoi confratelli.
Il prestigio della congregazione si accrebbe durante i secoli e le loro fortune economiche prosperarono tanto che nel Settecento ampliarono la proprietà acquistando i terreni attigui. In seguito a queste annessioni i confratelli decisero di ingrandire la struttura della chiesa e decorarla nuovamente per renderla più ricca e vicina al gusto del tempo. I lavori furono affidati al pistoiese Raffaello Ulivi, che dette unità architettonica al complesso e la chiesa assunse l’attuale aspetto ad aula unica con tre campate, volta a botte ribassata e coro con copertura a vela.
Per le decorazioni furono chiamati da Firenze il frescante Vincenzo Meucci e il quadraturista Giuseppe del Moro. Alla mano dei due maestri sono attribuibili la volta del coro con la raffigurazione della Pentecoste (assai apprezzata al tempo dai confratelli), le lunette con le personificazioni delle Virtù Cardinali (Fortezza, Temperanza, Prudenza, Giustizia) e, al centro della volta a botte della navata, la Gloria di San Pietro.
La scelta di decorazioni a quadrature (che danno l’illusione di ulteriori spazi architettonici) e l’apoteosi dei Santi erano tipici del gusto barocco. La Gloria di San Pietro è in pieno ascrivibile a questo stile detto pittura a sfondamento che dà ampio respiro all’ambiente grazie alla prospettiva dal basso. In questa apoteosi del Santo il Meucci utilizza una pittura aerea dai toni chiari con effetti chiaroscurali che dava ai credenti suggestioni emotive, come se fossero al cospetto di una vera ascensione: San Pietro, con lo sguardo rivolto al cielo, è circondato di luce e portato in gloria su una nube trainata da angeli; in basso, l’allegoria dell’Eresia, personificata da una figura femminile, viene scacciata da alcuni angeli.
Meucci e Del Moro non terminarono la decorazione a causa di altre committenze e il lavoro nella zona del coro fu portato a termine da maestranze minori con decorazioni che riproducono in modo semplificato le pitture del coro della Badia Fiorentina.
Nel 1764 le decorazioni furono completate da un artista bolognese, Mauro Tesi, soprannominato “il Maurino”, che segna la transizione fra barocco e neoclassico con la raffinata volta a finti cassettoni a nido d’ape e i finti bassorilievi raffiguranti episodi evangelici dove interviene lo Spirito Santo. L’attenzione verso lo Spirito Santo è da ricercare proprio nella dedicazione della congregazione.
Lo spazio interno venne completamente impreziosito con la pittura a finti marmi colorati di tutte le cornici architettoniche e questo “inganna” in maniera raffinata l’occhio dello spettatore che ha l’illusione di trovarsi in una elegante sala nobiliare.
I dipinti dei due altari laterali della navata, presenti ancora oggi, sono seicenteschi e raffigurano a sinistra l’Ascensione di Stefano Marucelli per la famiglia Bronconi, a destra la Resurrezione di Cristo di Giovanni Lanfranchi per la famiglia Arfaruoli. I blasoni delle due famiglie committenti sono visibili nei plinti degli altari.
Nel 1773, dopo 400 anni di vita, la congregazione fu trasferita e l’oratorio passò al seminario vescovile: è in questo frangente che la chiesa assunse la dedica a San Leone Magno, il patrono del seminario. Dopo soli circa dieci anni, nel 1787, le riforme del Vescovo di Pistoia Scipione dei Ricci fecero sì che il seminario fosse trasferito nella nuova sede e la chiesa passò al Capitolo della Cattedrale. Questo dette inizio alla parabola ascendente della struttura che fu segnata dal declino negli anni Trenta del Novecento dopo le trasformazioni del tessuto urbano e le distruzioni del quartiere per la realizzazione delle Poste. Da quel momento emarginata, la chiesa (oggi aperta solo in particolari occasioni) rimase trascurata e luogo di deposito nonostante il suo valore storico e il pregio artistico, testimonianza del gusto barocco e della transizione verso il neoclassico.
TESTO
Beatrice Landini
Elena Zinanni
FAI Giovani Pistoia
FOTO
Nicolò Begliomini