Immerso nella tranquillità della natura, è stato teatro di scontri nel Medioevo.
Un luogo riparato, quasi nascosto, come se i lunghi secoli tumultuosi di storia che gli sono passati accanto l’abbiano reso desideroso di pace, come un saggio che guarda dall’alto della sua sapienza e vuole godere della natura che lo circonda. Questa è la sensazione che Vinacciano consegna ad un primo sguardo; la piccola via che porta al paese sembra quasi scoprire lentamente gli edifici, come per farli assaporare piano piano perché essi rappresentano la storia del borgo con vicende che si intrecciano profondamente con quelle di Pistoia e Serravalle.
Il castello si trova tra i due comuni e si raggiunge percorrendo la strada che da Pontelungo arrivava verso “la via per Montevettolini”, collegamento parallelo alla via Cassia ma, rispetto ad essa, meno sottoposto ad attacchi per la sua minore notorietà.
Vinacciano si affaccia ufficialmente alla storia solo nel 998, quando si parla di una “curtis vinathiana”, toponimo collegato a vinum, dato che l’area era nota per la produzione di vino, oppure riconducibile al termine latino venatio, indicante l’attività della caccia. Da subito il borgo diventa teatro di scontri per ottenerne il dominio, perché le sue qualità, oltre alla posizione strategica, erano molteplici: una pieve presente già nell’XI secolo che fungeva anche da ospizio e infine un castello fortificato, nato a protezione del luogo, con scopo di avvistamento e controllo del territorio della Valdinievole. Nel XIV secolo queste caratteristiche rendono ambito Vinacciano; infatti esso diventa preda di Uguccione della Faggiola, Signore di Lucca, nella sua lotta contro i Neri e i Guelfi Pistoiesi e, pochi anni più tardi, viene sottomesso, insieme ai castelli di Serravalle e della Castellina, da Castruccio Castracani, il quale vuole aumentare le difese del luogo fortificandolo con “torre e altri muri e steccati”.
Dopo un secolo di tranquillità si susseguono, nel 1501, una serie di episodi cruenti nell’ambito delle lotte tra le due famiglie pistoiesi dei Panciatichi e Cancellieri; il borgo diventa prima roccaforte della famiglia Cancellieri e per questo poi distrutto e arso dalla famiglia rivale, a cui tocca lo stesso destino con la Villa di Montebuono.
Delle fortificazioni antiche resta la torre pentagona
Successivamente, perdendo la sua funzione strategica, il castello si è lasciato circondare da olivi, cipressi e viti che sembrano proteggere e difendere il luogo su cui svetta la magnifica torre pentagona appalagiata, ultima dimostrazione delle fortificazioni medievali; quest’ultima nella metà dell’800, viene trasformata, al piano terra, in una piccola cappella della famiglia degli Arcangeli, allora proprietari e, al primo piano, in una stanza funebre con dipinti murari in finto marmorino sulle pareti. La torre è inglobata nel Palazzo Sozzifanti, prima Cancellieri, che ha caratteristiche volumetriche e architettoniche a sviluppo orizzontale, richiamanti alla proporzione, simmetria e armonia dei modelli classici; la ripetitività della facciata è interrotta dal portale in pietra serena che serve ad indicare il fulcro dell’edificio, sottolineato anche dal balcone da cui, affacciandosi, è possibile ammirare il magnifico paesaggio.
Nella facciata che costeggia la via di Vinacciano, probabilmente la facciata principale del palazzo, si stagliano due grandi portali, uno al piano seminterrato, che serviva per l’accesso alle cantine e alle zone di lavoro e l’altro al piano nobile, attualmente tamponato. Una scala a doppia rampa consentiva l’accesso alla porta principale del primo piano, caratterizzata da un robusto bugnato e sormontata dallo stemma gentilizio dei Cerracchi dal Gallo, per un lungo periodo proprietari dell’edificio.
Il gruppo scultoreo presente tra la facciata e la base della torre raffigura un leone ed una leonessa che rappresentano la sudditanza del castello e di tutto il territorio pistoiese al dominio fiorentino; il leone, simbolo di Firenze, guarda dall’alto, in modo austero, la fiera leonessa ormai conquistata. La mole del Palazzo nasconde il piccolo borgo ma non il campanile della Chiesa, dedicata ai Santi Marcello e Lucia, ampliamento del preesistente oratorio; la chiesa è caratterizzata da un porticato con tre arcate a sesto ribassato da cui si accede all’aula ecclesiale, “rimodernata” a cavallo tra il XVII e il XVIII secolo, con ricchi apparati decorativi. La chiesa rappresenta una degna conclusione della breve visita al castello e, riprendendo la via che riconduce alla città, il visitatore trova conferma all’atmosfera di serenità e pace che questa piccola e poco nota perla della collina pistoiese ha suscitato in lui già al primo sguardo.
TESTO
Silvia Anzilotti
Alessandra Corsini
FAI Giovani Pistoia
FOTO
Nicolò Begliomini