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Biografia scolpita nel gesso

La collezione di Libero Andreotti, costituita da oltre 200 gessi, è stata allestita nel 1992.

Gli ambienti della Gipsoteca di Pescia rappresentano il felice rapporto fra Libero Andreotti (1875-1933) e la sua città natale: attraverso le sculture esposte nelle sale è possibile riscoprire i momenti più significativi della biografia artistica dello scultore pesciatino.

Le opere donate alla città dagli eredi dell’artista consentono al visitatore di entrare letteralmente nello studio di Andreotti, superare il perimetro fra spazio pubblico e spazio privato, fra luogo di fruizione culturale e luogo di creazione artistica. La collezione proviene interamente dallo studio fiorentino dell’artista, poi allestita nel 1992 negli antichi ambienti del Palagio, edificio simbolo della città.

La storia della collezione di gessi rappresenta il fattore poetico ed emotivo intorno alle vicende andreottiane e quindi dell’apertura al pubblico della Gipsoteca. Gli oltre duecento gessi – bozzetti, modelli, monumenti – realizzati come preparazione per fusioni in bronzo, costituiscono una rara testimonianza di arte scultorea: il visitatore rimane impressionato dalla capacità evocativa dei modelli, dalle sfumature di bianco che esaltano la complessità delle linee.

Una collezione, merita ricordarlo, che più volte ha corso il rischio di andare perduta. Lupo Andreotti, figlio dello scultore e fautore della donazione, in una commovente memoria già rimarcava la reale esigenza di creare uno spazio culturale destinato a preservare e valorizzare la produzione artistica del padre.

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Dopo la morte di Andreotti la famiglia dello scultore trascorre periodi di grandi difficoltà, dovendo anche occuparsi della gestione dell’intera gipsoteca. Nel 1942 gli ambienti del grande locale di Viale Machiavelli a Firenze furono requisiti ed occupati dai soldati nazisti, che ammassarono le sculture per recuperare spazio, causando per fortuna solo lievi danni alle opere.

Dopo la guerra lo studio fu trasferito in un altro ambiente situato in Lungarno Cellini, dove nel 1966 a causa della tragica alluvione le opere furono danneggiate, mutilate e ricoperte di fango. Nonostante la drammatica situazione, ancora una volta la maggior parte delle opere della collezione era sopravvissuta ad eventi tragici della storia: solo alcuni gessi risultarono compromessi in modo irreversibile, perso per sempre, invece, tutto l’archivio fotografico dell’artista.

Ancora oggi, osservando le opere, si possono rintracciare i segni di tali avvenimenti, sapientemente mitigati da accurati interventi di restauro. Avvicinandosi alle opere di Andreotti la sensazione è proprio quella di entrare nella cornice di colui che la critica ha definito come “scultorenarratore”: gli esordi, le nuove esperienze artistiche, la maturità, il rapporto con gli allievi.

Il percorso espositivo diventa per questo motivo luogo della memoria e della consapevolezza, una apertura da dove osservare le creazioni di Andreotti. Al piano terreno si trovano numerosi bozzetti preparatori e modelli per i monumenti di Bolzano e Milano, mentre la Pomona (1912) al primo piano, simbolicamente distesa su un letto di frutta, invita a salire negli ambienti superiori.

Le grandi sale del secondo e terzo piano raccolgono numerosi modelli realizzati nei primi decenni del Novecento. Andreotti si muove fra tradizione e sperimentazione, attingendo dal repertorio etrusco e greco, intraprendendo però una strada personale che entra in contatto con esperienze artistiche europee a lui contemporanee (Rodin, Bourdelle, Medardo Rosso e altri).

Il periodo trascorso da Andreotti a Parigi si riflette pienamente nel gruppo di sculture che rimandano al balletto russo, come Danzatrice con maschera
di Medusa (1911-12) oppure Danzatrice con grappoli d’uva (1912), figure realizzate in pose di grande intensità fisica, ferme sulle punte dei piedi e con espressioni fortemente evocative.

L’artista conduce il visitatore anche nelle strade e nelle piazze del suo tempo, attraverso i soggetti popolari del gruppo dei “venditori di frutta”, con La ciliegiara (1919), Venditrice di frutta (1917), Pesciaiolo (1916). Attraverso altri soggetti Andreotti racconta il tema dell’incomunicabilità fra gli esseri umani con Africo e Mensola (1933), oppure conduce al ricordo di storie mitologiche, fermate in un gesto dinamico come nel caso di Diana e Atteone (1913-14).

Colpisce per sensibilità e scelta stilistica la nota Annunciazione Toeplitz (1931), esposta tra settembre 2015 e gennaio 2016 nella versione in bronzo proveniente dalla Galleria di Arte Moderna di Firenze per la mostra di Palazzo Strozzi dal titolo “Bellezza Divina”. Nelle sale espositive della mostra di Firenze Andreotti trova la legittima collocazione accanto ad artisti come Chagall, Van Gogh, Munch e Picasso.

Info:

La Gipsoteca Libero Andreotti si trova in Piazza del Palagio 7, a Pescia. Il museo è aperto martedì e giovedì dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 18,  ercoledì
dalle 9 alle 12, venerdì e domenica dalle 9 alle 12 e dalle 16 alle 19, sabato dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 16 alle 19. L’ingresso è gratuito e il museo è parzialmente accessibile ai diversamente abili.

La Gipsoteca organizza percorsi didattici rivolti alle scuole di ogni ordine e grado. Per saperne di più www.keras.it o didattica.gisoteca@keras.it.

TESTO

Emanuel Carfora

FOTO

Nicolò Begliomini

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