Troppo spesso la civiltà metropolitana dimentica che deve molto alle terre alte: dai monti scende a valle l’acqua delle piogge e delle nevi, grazie agli alberi dei boschi respiriamo amiamo parliamo e non di rado la grande Storia è passata prima dalle colline e dalle montagne che dalle città. I paesi e i borghi alti, nati intorno a Pistoia, Prato e Firenze, esistevano già quando ancora le paludi stavano ammorbando la grande piana e la gente di montagna è ancora lì a testimoniarlo.
la stretta strada che da Le Piastre conduce, attraversando un bosco di castagni e faggi, all’antico borgo di Vivaio
Allora rifuggiva l’insalubrità dell’aria e si insediava in luoghi spesso inospitali ed aspri; oggi chi vive in montagna ha meno disagi che in passato, ma è pur sempre il testimone di un altro vivere, coraggioso, alternativo e impopolare. C’è chi la definisce “resilienza” questa ostinazione a reagire e a perseverare nonostante tutto, a vivere luoghi che altri rifuggono, ma sarebbe meglio chiamarla attaccamento alle radici, alla patria, intesa come terra dei padri, senso profondo di appartenenza ad un francobollo di terra che di per sé è insignificante, ma che da solo legittima un’esistenza. E ripetere gesti antichi, come lavorare le castagne, fare i necci o realizzare una carbonaia, non è folclore per l’intrattenimento di turisti, ma un modo per perpetuare tradizioni nelle quali si sono riconosciute generazioni di antenati. Questo si deve pensare quando si visitano i paesi della montagna, ognuno dei quali è un po’ diverso dall’altro, ma tutti sono intimamente legati da un medesimo afflato, anche i più minuscoli borghi, come Vivaio, che si trova poco sopra Le Piastre.
Paolo, uno dei “Custodi della Montagna” davanti ad un castagno secolare presente nella bella Selva di Vivaio
Il piccolo centro abitato di Vivaio, non lontano dalla Strada Statale n° 66, ha pochi abitanti, ma ognuno di essi si può ben definire un custode amoroso delle proprie origini, della propria terra e delle attività che per generazioni hanno permesso la vita anche in un luogo così appartato.
Basta entrare nella selva, curata come fosse un giardino, per capire il rispetto quasi religioso che questa gente ha nei confronti della natura, un rispetto che non si manifesta a parole, ma con l’impegno quotidiano a custodire, nelle stagioni vive e in quelle morte, un bene prezioso, una madre che ha sfamato tanti figli, ma anche una fedele compagna di viaggio.
Roberta, una delle abitanti di Vivaio
Gente che non ama accumulare ricchezza e che quando ha qualche soldo lo investe per piantare nuovi castagni, per riparare stalle e metati, per conservare al meglio ciò che le è stato donato dai padri. Allora è facile leggere nei loro volti un compiaciuto sorriso quando guardano da lontano i castagneti puliti o restaurano una stalluccia per metterci qualche gallina ovaiola. E’ l’orgoglio di aver raggiunto un piccolo traguardo, di sentirsi vivi e apprezzati dalla voce tacita di coloro che a Vivaio ci sono vissuti tanti e tanti anni prima. Poco importa se a turno trascorrono nottate intere a sorvegliare affinché nel metato il fuoco si mantenga costante e non arrostisca le castagne: basta qualche fiammata troppo intensa che la farina viene amara e il raccolto dell’anno va perso.
Paolo, impegnato all’interno del metato
Ci vuole una sapienza antica che non si impara dai libri, ma che fin da piccoli si respira osservando, più che ascoltando, e di cui si diventa umili depositari per chi voglia apprenderla. I gesti sono quelli dei loro padri, sempre cadenzati e mai inconsulti, soprattutto quando lavorano insieme, a spazzare il castagneto dalle foglie cadute o a riparare un muretto a secco, e la fatica è ripagata dalla soddisfazione, dal rispetto di sé e dall’impegno comune. Le stingenti regole dell’economia contemporanea non arrivano a Vivaio: un orto, qualche animale, un po’ di farina dolce non rendono per l’impegno che richiedono, ma l’importante è confermarsi in questa religione antica, nell’orgoglio di saper fare da sé, di ricavare dalla terra qualche prezioso prodotto che sappia riproporre sapori antichi ormai quasi dimenticati. È la sintonia con l’ambiente il valore aggiunto e non c’è immagine più adeguata a testimoniarlo che la foto della signora che stringe al petto una gallina dal ciuffo: con lo sguardo apparentemente malinconico, la donna accarezza un’amica, una piccola compagna di viaggio.
Testo Maurizio Ferrari
Foto Nicolò Begliomini