Sulla Montagna Pistoiese esiste una strada che tutti i giorni diventa sempre più lunga, più grande, a volte un po’ nebbiosa ma emozionante, è quella dei ricordi: momenti che sono entrati a fare parte della memoria collettiva dei pistoiesi, di chi vi ha lavorato e contribuito allo sviluppo, degli abitanti di tutta la montagna.
L’unico e ultimo intervento di viabilità in montagna, dopo la strada di Pietro Leopoldo nel 1781 e la ferrovia Porrettana inaugurata nel 1864, è la Ferrovia Alto Pistoiese (F.A.P.) che nel 2016 ha festeggiato i 90 anni di vita. La FAP, società per azioni fondata nel 1916 a Livorno da un gruppo di industriali, ha una storia particolare, ricca di vicissitudini, che ha contribuito in modo determinante allo sviluppo della Montagna Pistoiese sia da un punto di vista industriale che da un punto di vista turistico.
Il viaggio inaugurale, compiuto il 21 giugno 1926, dalla stazione di Pracchia verso San Marcello Pistoiese, è ricordato in molti documenti storici come un momento di festa, celebrato tra musiche e applausi da parte della popolazione che vedeva in quel treno dal fischio amico e familiare, un simbolo di rinascita e speranza per il territorio. Da quel giorno, per 39 anni, il treno correrà tra i monti trasportando operai, impiegati, studenti, militari, turisti in un percorso panoramico dal fascino unico, fino alla soppressione della linea.
La storia della ferrovia inizia immediatamente dopo l’apertura (27 luglio 1911) dello Stabilimento S.M.I. di Campo Tizzoro; tra il 1914 ed il 1916 viene costruita la tratta da Pracchia a campo Tizzoro e successivamente il 13 novembre 1916 si costruisce Società Anonima Alto Pistoiese F.A.P.; nel 1919 iniziano i lavori della nuova linea da Pracchia a Mammiano che verrà completamente dismessa il 30 settembre 1965.Dal momento che San Marcello rappresentava un centro di collegamento importante con Pracchia per le varie frazioni montane, l’opportunità di creare una ferrovia a scartamento ridotto che univa i due paesi passando per i centri di Pontepetri, Maresca, Gavinana, Limestre e Mammiano, era più che necessaria. Infatti nella stazione del comune di San Marcello si sono impiantate e sviluppate importanti industrie come la cartiera Cini, lo stabilimento S.M.I. di Mammiano Basso e di Limestre, la fornace Gamberini, opifici nei quali affluivano operai, uomini e donne, da tutta la montagna, una risorsa inestimabile per il territorio che necessitava di un mezzo adeguato al trasporto di molte persone, lavoratori pendolari dell’epoca.
La vecchia stazione di Maresca; 26 giugno 2016, un momento dell’inaugurazione della rotonda di Maresca, foto di Fiorenzo Giovannelli.
La linea Pracchia-San Marcello-Mammiano muoveva dal piazzale esterno della stazione di Pracchia delle Ferrovie dello Stato (mt. 616 s.l.m.) sviluppandosi per un breve tratto di circa 600 metri sulla sponda destra del fiume Reno e dopo averlo attraversato, a mezzo di un ponte obliquo, si immetteva sulla via Modenese. A Campo Tizzoro entrava in sede propria nella valle del Maresca, attraversando il ponte in località “Il Cassero”. Lasciata Maresca cominciava ad arrampicarsi sull’Oppio a 843 metri di altitudine, e dopo averlo valicato raggiungeva Gavinana, nel bosco sottostante il paese. Da questa stazione la ferrovia, mediante due avvolgimenti, si dirigeva tra le selve di castagni verso Limestre e poco dopo, rientrando nella via Nazionale, raggiungeva la stazione di San Marcello e poi quella di Mammiano dove terminava.
Nel 1965 viene però presa la decisione di mettere fine a questa tratta particolare, un piccolo gioiello incastonato tra le montagne e un punto di riferimento tangibile per l’intera popolazione. La sua sostituzione con il trasporto su gomma fu dovuta non tanto ad una mancanza di utilizzazione del mezzo, quanto invece all’evolversi di una società per la quale questa linea ferroviaria era diventata un peso. Il fatto di essere in parte in sede mista, con l’utilizzazione di una porzione delle strade statali 632 e 66, fu ritenuta un ostacolo all’aumentare del traffico automobilistico nel dopoguerra e pertanto da rimuovere. Un altro problema che giocò a sfavore della linea fu quello di non avere uno scartamento normale ma ridotto, fatto che creò difficoltà per il trasbordo delle merci dai carri FS a quelli FAP e viceversa. Negli anni l’unico intervento per la riapertura della FAP si presentò nel 1987 con il progetto di una nuova ferrovia da Pracchia fino all’Abetone che avrebbe interessato anche la val di Luce e quella del Sestaione: nulla di fatto, cadde il governo per lo scandalo delle lenzuola d’oro, i fondi stanziati furono distratti e la linea continuò ad esistere solo nella memoria di chi l’aveva vissuta.
Oggi sono stati proposti vari progetti per la rivalorizzazione anche da parte di alcune università italiane. Tra questi c’è lo sviluppo di un percorso ciclo-pedonale, greenway, che unisca l’ex infrastruttura ferroviaria della FAP riconnettendo tutte le precedenti fermate toccate dal treno.
Ma sarebbe ancora più interessante far vivere il percorso valorizzando gli aspetti naturalistici, paesaggistici e gli avvenimenti storici di cui è stato testimone con installazioni artistiche che ricordino la nostra storia, in modo tale da attribuirgli caratteristiche di unicità ed eccezionalità. L’ex ferrovia rappresenta quindi un’importante risorsa per questa zona sia in ambito turistico che locale, inserita in un progetto unitario che riconnetta i due capolinea storici della FAP (Pracchia-Mammiano) in un percorso che valorizzi il territorio montano e ripoti all’antico splendore anche quello che è stato abbandonato al degrado come la rimessa veicoli e la stazione di Pracchia.
TESTO
Roberto Prioreschi
FOTO
Archivio volume
Campo Tizzoro
Antologia dei 100 anni
La F.A.P.