Il Maestro Pineschi sulla tortuosa scala a chiocciola che conduce ad un balcone che si affaccia sull’interno della chiesa di Sant’Ignazio
Una tortuosa scala a chiocciola ci introduce in un corridoio illuminato da una luce flebile. Raggiungiamo un balcone che si affaccia sull’interno della chiesa di Sant’Ignazio: un gioiello di stile
barocco, edificato a metà del Seicento per volontà della famiglia Rospigliosi. Prima di essere eletto papa col nome di Clemente IX, il cardinale Giulio Rospigliosi si occupò degli arredi interni alla chiesa, commissionando a Gian Lorenzo Bernini il progetto dell’altare maggiore. Davanti a noi, sulla cantoria opposta, sta il prezioso organo costruito dal fiammingo Willem Hermans nel 1664, lo strumento ispiratore della scuola organaria pistoiese che ha nei Tronci e negli Agati i suoi massimi rappresentanti. Il parroco, don Umberto Pineschi, organista, compositore, a lungo docente di
organo e composizione organistica nei conservatori di Pesaro e Bologna e per 36 anni direttore della scuola comunale di musica “Teodulo Mabellini” di Pistoia, quell’organo lo conosce bene e lo ha voluto valorizzare commissionando a proprie spese, il suo “doppio”, uno strumento che l’organaro lucchese Glauco Ghilardi ha costruito nel 2007 ispirandosi all’organo Schnitger di Cappel, una cittadina della Germania del nord, datato 1680.
Ma il tesoro musicale che la parrocchia conserva non si ferma qui: la collezione di strumenti a tastiera di don Pineschi è una delle più importanti a livello nazionale.
L’ultimo arrivato (don Umberto l’ha acquistato un paio di anni fa da un collezionista di Varese) è un pianoforte Bowitz del 1830, il tipico strumento di quell’epoca, più grande dei predecessori nelle
dimensioni e nell’estensione sonora, esattamente quella che richiedono le ultime Sonate di Beethoven e gli Improvvisi di Schubert, ma anche i Notturni di Chopin e di John Field. Ha la martelliera rivestita in pelle di pecora, la tastiera è in avorio e i tasti cromatici sono ricoperti di ebano. E quel che più conta è che questo e tutti gli altri esemplari, tutti in perfetto stato di conservazione, sono a disposizione degli studenti dell’Accademia Internazionale Giuseppe Gherardeschi, un’istituzione fondata il 17 aprile 1975 dal maestro che ne è il presidente. Ottaviano Tenerani, clavicembalista e direttore d’orchestra, la flautista Marica Testi e l’oboista Martino Noferi – membri dell’ensemble “Il Rossignolo” – sono ora i direttori artistici della scuola di alto perfezionamento che ha sede
nel complesso della chiesa.
Il Maestro Pineschi è stato insignito alcuni anni or sono dell’onorificenza dell’Ordine del Sol Levante “Raggi d’oro con nastro”
“Qui si tengono corsi di strumenti storici, tastiere, flauto dolce e traverso, oboe, violino, canto, musica d’insieme, con i tradizionali corsi di perfezionamento d’organo coordinati dal maestro Pineschi” – spiega Tenerani – “In più, tra gennaio, aprile e luglio, organizziamo masterclass alle quali partecipano allievi provenienti da tutto il mondo, in particolare dal Giappone, con cui il maestro intrattiene fino dal 1978 rapporti di collaborazione e amicizia che lo hanno portato alla frequentazione della Casa Imperiale. Proprio in virtù della grande stima nei suoi confronti, la famiglia imperiale ha visitato Pistoia nel 1993 e pochi anni dopo lo ha insignito dell’onorificenza dell’Ordine del Sol Levante “raggi d’oro con nastro” per aver contribuito al rafforzamento degli scambi culturali tra il Giappone e l’Italia grazie alla musica per organo”.
Il repertorio che si studia e si approfondisce va dal tardo Cinquecento alla metà dell’Ottocento e la peculiarità della scuola sta proprio nel fatto che ogni periodo ha il suo strumento di riferimento. Infatti, oltre al pianoforte di Schubert, la collezione comprende una bellissima copia, ad opera del costruttore americano Keith Hill, di un fortepiano del 1790 di Anton Walter, produttore di strumenti ben noto nei circoli aristocratici di Vienna al tempo di Mozart e Beethoven. Ma andando ancora indietro nel tempo possiamo ammirare tanti altri pezzi interessanti: addirittura un unicum, cioè un cembalo traverso, datato 1731, di Giovanni Ferrini, allievo e collaboratore di Bartolomeo Cristofori, l’inventore del pianoforte alla corte medicea. E poi una originale copia di Colzani-Vismara di uno strumento di Andreas Ruckers realizzato nel 1620 e tre clavicembali, anch’essi di Colzani-Vismara: una copia di uno strumento italiano di un anonimo del secolo XVIII, una copia di un Grimaldi del 1697 e una copia di un Johannes Daniel Dulcken del 1750 circa, particolarmente adatto a suonare l’intero repertorio nordeuropeo. E ancora, un clavicordo opera di Gerrit Klop, cui vanno aggiunti altri due organi conservati uno nella chiesa del Carmine e datato 2008 e l’altro recentissimo, nella chiesa Maria madre Nostra del Centro MAiC.
“L’Accademia – aggiunge Tenerani – annovera anche una preziosa collezione di strumenti a fiato risalenti alla prima metà del Settecento: la raccolta è composta da due flauti traversi, del belga
J. Hyacinthus Rottenburgh e dell’italiano Carlo Palanca, due flauti d’amore Isotta (due dei tre strumenti Isotta presenti in tutto il mondo), un oboe di Giovanni Maria Anciuti che appartennero a
Clemente Rospigliosi, epigono della famosa famiglia pistoiese”.
“Nel palazzo Rospigliosi avevo trovato sul pavimento di una stanza, una gran quantità di preziosi manoscritti di musica da camera e li avevo ottenuti in dono per l’archivio della cattedrale, impiegando poi più di due anni per riordinarli e farne un primo catalogo”- ci racconta don Pineschi. “Dopo la morte di Clemente si ritrovarono, dentro una scatola da scarpe custodita in un armadio, questi strumenti smontati, dell’enorme valore dei quali ci si rese subito conto. Del resto, alla metà del ‘700 Pistoia era una delle capitali europee della musica.
Sono stati conservati per anni in una teca del Museo Diocesano, finché i musicisti del Rossignolo non li hanno avuti a disposizione e quindi ripristinati, ripuliti e resi nuovamente utilizzabili”.
Il maestro Pineschi
L’importanza di questi strumenti è straordinaria. Li hanno visti esperti e costruttori giunti da varie parti d’Europa e figurano in molti scritti e saggi specialistici. Il parco strumenti di cui dispone, rende dunque l’Accademia Gherardeschi un’istituzione all’avanguardia in Europa nel campo della musica antica. Recentemente il maestro Pineschi ha voluto donare un organo Tamburini del 1973 alla Cattedrale di Pescia perché ne era sprovvista ed un organo Tronci del 1793 al Conservatorio “Giuseppe Tartini” di Trieste. “Mi sono reso conto che questi strumenti, qui a Pistoia, sarebbero stati destinati ad essere inutili -– spiega – mentre a Pescia il Tamburini viene usato spessissimo sia nella liturgia che, ovviamente molto meno, per i concerti, e a Trieste il Tronci oggi è l’unico organo settecentesco, attorno al quale si organizza un’intensa attività didattica, concertistica (sono state effettuate anche alcune registrazioni discografiche) e liturgica, dato che il conservatorio, non avendo posto in sede, lo ha collocato nella vicina chiesa luterana. Spero che nessun altro strumento della mia collezione sia costretto ad emigrare, anche se la situazione attuale lo fa perlomeno
temere. Nel mio testamento questo è comunque tuttora previsto”.
In ogni caso, grazie anche ai numerosi e sempre nuovi progetti dell’Accademia e alle possibilità già studiate in prospettiva futura, il cammino è potenzialmente tutto in ascesa: questo corpus meraviglioso di strumenti, cui si aggiungono gli organi storici tanto celebrati, può rappresentare il volano per rendere l’Accademia – se adeguatamente supportata a livello economico e logistico – un’eccellenza a livello europeo.
Testo Chiara Caselli
Foto Nicolò Begliomini