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La ferrovia che unisce

Bisogna fare attenzione alle date. Non per puro amore della cronologia ma perché nel caso della Ferrovia Porrettana hanno un particolare significato, tanto sono fitte e importanti.

La rivoluzione economica, sociale, urbanistica e paesaggistica delle ferrovie, destinata a cambiare il mondo ha inizio in Inghilterra nel 1830 con la linea Liverpool-Manchester, la prima costruita per il trasporto pubblico di persone e merci e nel 1845 le ferrovie sono già presenti anche in Belgio, Olanda, Germania, Austria, Francia, Danimarca e Russia ma anche negli Stati Uniti e a Cuba.

In Italia nove anni dopo viene inaugurata nel Regno delle Due Sicilie la Napoli-Portici mentre l’anno dopo è aperta nel Lombardo-Veneto la Milano-Monza. Anche nel Granducato di Toscana l’interesse per le ferrovie è precoce. Nel 1846 venne aperta la linea Lucca-Pisa che possiamo definire internazionale perché collegava due città in due stati diversi, il Ducato di Lucca e il Granducato di Toscana.

Nell’Italia nata dal congresso di Vienna e divisa in numerosi stati le ferrovie vengono individuate dai governati e dagli esponenti del capitale finanziario come motore dello sviluppo economico e sociale in particolare nel Regno Sabaudo, nel Lombardo Veneto e in Toscana.

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La stazione di Pracchia appena terminata; uno scorcio della linea.

Nel 1845 l’ingegnere pistoiese Giuseppe Potenti pubblica una carta che intitola significativamente “L’Italia rigenerata dalle ferrovie”. Elemento nodale della “rigenerazione” era il collegamento tra la rete ferroviaria del nord Italia e quella toscana con una linea che scendeva da Piacenza e giungeva a Bologna in un progetto militare ed economico sostenuto dal Governo austriaco in funzione di traffici tra il cuore dell’Impero e il porto di Livorno.

Elemento nodale del collegamento era il luogo di attraversamento della catena appenninica, cui iniziano a pensare i bolognesi già nel 1842 e cui danno una risposta nel 1845 i fratelli Bartolomeo, Pietro e Tommaso Cini di San Marcello che in quell’anno si fanno “Promotori della costruzione di una Strada a rotaje di ferro destinata al transito pubblico, da Pistoja al confine della provincia Bolognese passando per la valle dell’Ombrone e per quella del Reno” e ottengono dal Granduca Leopoldo II l’autorizzazione a compiere i relativi studi.

Inizia così, solo quindici anni dopo che la locomotiva Rocket ha mosso i primi vagoni tra Liverpool e Manchester, la storia della Ferrovia Porrettana. Inizia contemporaneamente un acceso confronto, lungo quasi vent’anni, tra Pistoiesi e Pratesi sul percorso della ferrovia e sulla città di arrivo in Toscana del tratto appenninico; anche perché Prato dal 1848 e Pistoia dal 1851 sono collegati a Firenze con la linea Maria Antonia destinata ad arrivare a Lucca. Gli esponenti e i protagonisti politici ed economici delle due città ritengono la ferrovia fondamentale per lo sviluppo economico e sociale e così si alternano studi, progetti, cartografie, pressioni su governi e tecnici affinché la propria città divenga la porta d’accesso al sistema ferroviario della parte economicamente più ricca e sviluppata d’Italia.

Sotto l’impulso dell’Austria si giunge così alla firma della convenzione tra cinque stati preunitari: Impero d’Austria, Stato Pontificio, Granducato di Toscana, Ducato di Modena, Ducato di Parma per la costruzione della “Strada ferrata dell’Italia Centrale” destinata a congiungere il sistema delle ferrovie dell’Austria a della Toscana, con una Commissione internazionale destinata a gestire i lavori e che sceglierà il percorso per Pistoia con la galleria di valico tra San Mommè e Pracchia.

La storia della Porrettana si svolge così negli anni cruciali della storia d’Italia tra due Guerre d’indipendenza, una società di gestione fallita, l’apporto di capitali finanziari nazionali e internazionali, le idee di progettisti inglesi e francesi, il lavoro di migliaia di operai, i faticosi scavi di gallerie e la realizzazione di ponti e viadotti imponenti, ma alla fine, con il progetto dell’ingegnere francese Jean Louis Protche che realizza un’ardita discesa tra Pracchia e Pistoia, il 2 novembre 1864 il lavoro si compie: 34 anni dopo la Manchester-Liverpool e 21 dopo l’idea primigenia dei fratelli Cini.

Una ferrovia ideata da cinque stati preunitari, confermata dai governi provvisori di Toscana ed Emilia, fatta propria dal governo del Regno Sabaudo e poi dal neonato Regno d’Italia diviene l’asse portante delle comunicazioni ferroviarie tra il nord e il centro-sud della nazione.

Sarà messa subito alla prova nel 1866 quando, nel corso della III guerra d’indipendenza, sosterrà il transito di soldati, carriaggi e vettovaglie per il fronte del Mincio e del Po. Ancora più determinante sarà la sua funzione negli anni della Grande guerra, il conflitto in cui il sistema ferroviario si rivelerà determinante per le nuove strategie belliche e tutto il flusso di uomini e armamenti destinati ai fronti dolomitico e carnico passerà da Pistoia, Porretta e Bologna. Un ruolo assunto fino all’apertura della Direttissima Prato-Bologna nel 1934, che la declasserà a linea secondaria e farà comporre nel 1957 a Piero Jahier, scrittore e ferroviere, il suo coinvolgente racconto, fra i suoi più belli, “Morte alla Porrettana”.

Possiamo dire che la Porrettana è il frutto della matura e moderna società capitalista ottocentesca, di accordi diplomatici internazionali, del ruolo da protagonista del notabilato locale, delle conoscenze delle professioni tecniche, ma anche della volontà politica delle classi di governo e dell’impiego di imponenti capitali finanziari internazionali.

La Porrettana, quasi come un paradigma, registra il passaggio dall’ancien régime settecentesco all’Europa delle Nazioni, dall’Italia divisa in numerosi stati disegnata a Vienna nel 1815 allo stato nazionale che fa propria la rete ferroviaria e la espande, consapevole del ruolo che essa ha nel processo politico ed economico di nation-building e di costruzione dell’identità nazionale.

Oggi, dopo anni di dibattiti, pubblicazioni, mostre e manifestazioni il compito di continuare a studiare, raccontare e valorizzare la Porrettana è affidato all’Associazione Transapp.

 

TESTO
Andrea Ottanelli
FOTO
Archivio Vedute Fotografiche della costruzione della ferrovia porrettana (1859-1864)
Marcello Mari

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