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Recupero di un segno identitario del paesaggio

Rappresentano da secoli i segni iconici che connotano lo skyline dei nuclei urbani o dei borghi rurali e montani; parimenti i campanili assumono anche significati simbolici sui quali si fonda, non di rado, l’identità di una comunità.
Le stesse caratteristiche strutturali, formali e materiche sono peraltro motivo di una maggiore difficoltà manutentiva, accentuata dalla forte esposizione agli agenti atmosferici.
Nel caso in esame l’intervento, concluso nella primavera scorsa, ha interessato il restauro conservativo, da tempo atteso, della torre campanaria del complesso parrocchiale di San Michele Arcangelo, in località Tobbiana di Montale, risalente al XVI secolo, che si erge in posizione dominante rispetto al paese ed alla valle del torrente Agna. Se le origini del complesso risalgono al XIII secolo, lo stesso ha subito notevoli trasformazioni nel corso dei secoli, che non hanno però interessato il campanile che ha mantenuto quasi  inalterate le caratteristiche originarie.
Lo stato di conservazione della torre campanaria Gli ultimi interventi di restauro risalivano ai primi anni novanta e, vista la particolare natura del paramento lapideo, molto friabile, lo stato di conservazione presentava un avanzato degrado.
Essendo la facciata nord all’interno del cimitero tale situazione comportava anche problemi di sicurezza legati all’incolumità dei visitatori.
Il paramento murario è in pietra a faccia vista con riquadri intonacati.
Gli elementi lapidei sono costituiti da arenaria grigia nella varietà della pietra serena, soggetta ai tipici fenomeni di degrado che caratterizzano il litotipo e la sua porosità: esfoliazioni, distacchi e “tasche” dovute alle infiltrazioni dell’acqua piovana e alla conseguente azione degli acidi e degli ossidi in essa disciolti o presenti in atmosfera, a cui si associa il fenomeno della gelività che determina rigonfiamenti e fessurazioni.
Durante i lavori sono poi emersi ulteriori degradi di cui non era nota la presenza, legati non solo alla vetustà del manufatto, ma anche ad alcuni interventi incongrui effettuati in passato che si sono disvelati in corso d’opera.


Questi hanno riguardato in modo particolare la cella campanaria e la struttura della copertura. Nel primo caso, nella fase di rimozione degli intonaci degradati presenti sui piedritti della cella campanaria è emerso un fatto anomalo, o quantomeno singolare: le 4 catene in ferro erano state “tagliate” in epoca abbastanza remota. Ciò è emerso a seguito dell’esecuzione di alcuni saggi di verifica, che hanno evidenziato la presenza di monconi in ferro murati e “nascosti” all’interno delle pareti. Si trattava dei tiranti di catene di cui era rimasta la sola presenza, visibile all’esterno, dei capichiave a paletto, che poteva far ipotizzare l’esistenza di catene murate sotto l’intonaco.
La visione ravvicinata in opera, con l’effettuazione di opportuni saggi sulla copertura, ha permesso di rilevare due ulteriori problemi.
Il primo riguardava la struttura lignea di copertura e in particolare la struttura secondaria, in condizioni molto degradate. Il secondo problema è emerso dalla verifica dell’impermeabilizzazione della copertura che risultava essere parziale, ossia limitata solo alla parte interna della copertura stessa, lasciando scoperto l’intero perimetro murario. Tale situazione è stata causa di infiltrazioni di acqua piovana nelle murature stesse della cella campanaria. A ciò si univa il fatto che il manto in marsigliesi, tipologia non tipica del manufatto, era stato completamente murato in ragione dei forti venti spesso presenti nella valle dell’Agna.
I lavori di restauro eseguiti L’intervento di restauro conservativo ha visto la preliminare messa in sicurezza del paramento lapideo rimuovendo i frammenti non recuperabili e stendendo una prima mano di silicato di etile.
Eseguito il pre-consolidamento materico si è passati alla pulitura mediante operazioni progressive e graduali basate essenzialmente su mezzi fisici (spazzole, spugne, bisturi, ecc.) oltre che chimici con prodotti idonei (carbonato di ammonio o biocida a spruzzo o a pennello). In alcuni limitati casi, più resistenti, è stato necessario il ricorso a sistemi di pulitura meccanica localizzata con bisturi, microscalpelli e vibroincisori. Sono stati utilizzati sempre i sistemi di minore impatto, facilmente controllabili e in grado di garantire il mantenimento delle patine naturali, come richiesto dalla Soprintendenza.
Gli elementi in fase di distacco, laddove recuperabili, sono stati messi in sicurezza e rinforzati con l’inserimento di barre/perni filettati in acciaio inox fissati con resina epossidica fluida iniettata a pressione
con silice micronizzata. I distacchi più estesi sono stati fermati con resina.
Si è preferito limitare il più possibile gli interventi di re-integrazione del modellato mancante che sarebbero risultati troppo invasivi e poco rispettosi della storicità del manufatto, prevedendo il consolidamento delle singole parti, con la stuccatura e un intervento finale di protezione.
Circa il “taglio” delle catene si è ritenuta necessaria un’operazione di ripristino, considerando il contributo essenziale che le stesse svolgono per la tenuta strutturale della cella campanaria. L’operazione è stata effettuata mantenendo inalterate le posizioni degli 8 capichiave visibili all’esterno, con posa di nuovi tiranti in ferro pieno di sezione circolare, con fissaggio tramite saldatura e rimontaggio finale in cantiere, previa dilatazione delle barre mediante surriscaldamento e zeppatura dei bolzoni esterni.
Per la struttura lignea di copertura si è proceduto con la rimozione della orditura secondaria e la  sostituzione con correnti in legno di castagno.
È stata consolidata la catena lignea originale attraverso l’affiancamento di longarine in ferro di sostegno poste ai lati con piastre di collegamento.


Il rifacimento dell’impermeabilizzazione ha permesso di valutare l’opzione, richiesta anche dalla Soprintendenza, di un ripristino dell’originale manto in coppi e tegole, più congruo con la storicità del manufatto rispetto ai marsigliesi. Si è quindi proceduto alla posa di tale tipo di manto in laterizio anticato, opportunamente ancorato con adesivo poliuretanico antivento e antigelivo. Nell’occasione è stata sostituita anche la croce sommitale in ferro che in precedenza si presentava fortemente corrosa e poco stabile nel suo ancoraggio alla copertura.
L’intervento di restauro è stato completato con: il ripristino degli intonaci con malta di calce naturale e relativa tinteggiatura; il rifacimento dei solai lignei interni per il raggiungimento della sommità del campanile; il risanamento del solaio di piano terra con la realizzazione di un vespaio aerato per l’eliminazione dei fenomeni dovuti all’umidità; la collocazione di nuove scale interne di accesso alla cella campanaria per garantire una migliore accessibilità in condizioni di sicurezza; la posa di reti e dispositivi per impedire l’accesso dei piccioni. Sono stati poi revisionati l’impianto elettrico e delle campane.
I restauri sono stati resi possibili grazie ai contributi giunti dall’8xmille della Chiesa Cattolica e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia.

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Pubblicazione di punta della Giorgio Tesi Group è la rivista trimestrale gratuita NATURART, edita in italiano e inglese dal 2010 con l’intento di valorizzare in Italia e all’estero le eccellenze e i tesori custoditi da Pistoia e dalla sua provincia. Naturart è media partner riconosciuto per gli eventi speciali di numerose istituzioni locali impegnate nella promozione del senso di orgoglio e di appartenenza a questo territorio.
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