Un artista sensibile, colto, oggetto di fama, ma rimasto in un cono d’ombra dopo la scomparsa precoce, ben poco conosciuto nella complessità del suo profilo umano e professionale. E questo proprio a Pistoia, dove è pressoché ignoto malgrado i monumenti ai caduti di Valdibrana (1924), e di Casalguidi (1927), quest’ultimo fuso per esigenze belliche nel 1942.
Nato nel 1888 a Posola di Sambuca, nel 1915, già scultore per l’anagrafe, scende a Pistoia. Qui tornerà nel 1919, dopo gli anni di guerra passati a Cornigliano Ligure, per sposarsi con Giulia Nocchi. Con lei, salvo una parentesi fiorentina, abiterà al n. 5 di via Bracciolini, lavorando per tutti gli anni Venti: arte sacra, celebrativa e monumenti importanti, anche a Foiano della Chiana e Sampierdarena, lodato dalla stampa locale che lo cita come sig. Gemignani prof. Guglielmo.
Ha seri problemi di salute e il 10 novembre 1930, “col diretto del mattino” lascia Pistoia per raggiungere Genova, dove la moglie l’ha preceduto e lavora da infermiera, e lì morire il 22 dicembre, dopo una vita e una carriera artistica brevi, segnate da eventi avversi e continui spostamenti, alla ricerca di committenze e del successo che sentiva di meritare.
Risale al 1927 un bassorilievo in bronzo a tema San Giorgio e il Drago, dedicato alle Officine San Giorgio di Pistoia, tanto notevo le per tecnica e valore artistico quanto incerto come motivazione celebrativa.
La lastra è piccola (37 x 33 cm.) e realizzata con la fusione a terra – che permette anche serie di pochi esemplari – e il risultato è di pregio, per lo spessore del metallo che non supera i 3 millimetri e il sapiente stiacciato rinascimentale. Gremita di figure, ha una fascia inferiore dedicata alla “SAN GIORGIO SOC. ANONIMA INDUSTRIALE – OFFICINE DI PISTOIA” sormontata dalla scritta “Ibunt in splendore fulgurantis hastae tuae” cioè “Si metteranno in cammino nello splendore della tua lancia sfolgorante”, citazione biblica del profeta Habacuc, ed è firmata “G. Gemignani Pistoia 1927”.
In realtà dietro le figure del cavaliere e del pestifero mostro che divorava i giovani, c’è tutt’altro. Ad essere riproposte sono le idee trionfali del Ballo Excelsior (1881), il progresso tecnico e quello spirituale dell’umanità vittoriosi sull’Oscurità preindustriale nemica di pace e scienza, con un San Giorgio – d’obbligo come protettore di Genova, sede della casa madre delle Officine – protagonista di un sorprendente testimonial allegorico-aziendale. case, dove è facile individuare le tracce di porte o finestre chiuse nel tempo, oppure elementi lapidei di recupero, utilizzati a volte con libera interpretazione della loro funzione originaria.
Non senza qualche libertà. L’iconografia tradizionale esige oltre al Santo e al Drago una regale fanciulla da salvare. Ma lei non c’è. Il terribile scontro è già finito, il mostro, beccuto e spiriforme, è relegato in basso e il vincitore incoronato d’alloro punta la lancia al cielo e impenna il cavallo scortato da due figure femminili nude, volanti. Una terza gli cavalca a fianco e lo guida con la fiaccola. Un Genio della Luce vittoriosa, simbolo di Progresso e al Futuro, che tende la fiamma all’aereo e alla gru – in fondo le ciminiere fumano operose – e riverbera luce mistica su tre figure larvali in perizoma. Testimoni residuali d’un mondo arcaico – l’incudine è in contrappunto alla grande macchina incombente sul Drago – che si affacciano (attoniti) alla modernità… e alla conversione! Gemignani qui definisce bene, ma in ritardo storico, il valore massimo della sua arte, in equilibrio tra il passato – non solo il proprio – e l’esaltazione di un futuro fatto di macchine-divinità benefiche, lui stesso calato nelle spoglie di un iconico cavaliere medievale messo al centro di una Modernità invasiva, che sembra ghermirlo con la gru e col bimotore biplano, forse un Caproni 600 hp uscito dalla San Giorgio a fine guerra.
Una lastra ambiziosa, che usa un linguaggio naïf per risarcire la cesura tra i mondi pre e post (seconda) rivoluzione industriale, forte già dall’età giolittiana (1903-1914) e accelerata dalla guerra, e ottimista, piena del fervore per la macchina dei Futuristi oltre che del suo entusiasmo sincero, magari legato proprio al 1927, con Pistoia ormai Provincia e la ferrovia Porrettana passata dal vapore all’elettricità. Un anno di Progresso, no?
testo Daniele Negri
foto Nicolò Begliomini