Tanti giocano coi treni finché sono bambini, ma solo pochi possiedono la perseveranza e l’entusiasmo per trasformare una passione d’infanzia nel mestiere della vita.
Questo riuscì a fare un ingegnere francese dal nome difficile da pronunciare, ancora sconosciuto ai più eppure tanto importante per la nostra città di Pistoia; un ingegnere amante dei binari e delle sfide la cui azione si intreccia da oltre un secolo con la storia del nostro territorio.
Lui è Jean Louis Protche e la sua impresa più celebre e celebrata è proprio la costruzione della Ferrovia Porrettana, la prima transappenninica del centro-nord. Un cantiere arduo e variamente ostacolato che lui a metà Ottocento venne chiamato a dirigere, e che noi oggi siamo stati invitati a raccontare.
Noi, ovvero altri due bambini ormai cresciuti che hanno continuato a prendere sul serio i loro giochi d’infanzia, cercando di trasformarli in un mestiere: così il pongo e i disegni con cui si divertiva Michele Fabbricatore si sono trasformati nella creazione di più adulte ceramiche e poetiche illustrazioni; ugualmente i racconti di bambina di Martina Colligiani si sono divertiti a farsi storie più profonde e scanzonate filastrocche. Con piacere abbiamo raccolto l’invito che la Giorgio Tesi Editrice ci ha rivolto: raccontare la storia dell’ingegner Protche, questo straniero illustre che visse il culmine della sua carriera proprio all’interno della solida tradizione ferroviaria pistoiese; un serio signore dal baffo folto che fin da giovane amava costruire ponti e strade per non lasciare soli i borghi più sperduti e che si dimostrò tanto pragmatico nello svolgere calcoli e misure quanto visionario nell’immaginare viadotti altissimi e gallerie a ricciolo, e accettò con una creatività tutta pratica la sfida sorprendente che la Porrettana costituiva.
Una linea chiamata non solo a unire Toscana ed Emilia ma l’Italia stessa, al tempo appena nata e ancora assai confusa. Una linea che è motivo in più per scoprire la nostra montagna, intessuta di boschi e di paesi. Una linea che la Giorgio Tesi Editrice ci ha chiesto di raccontare ai più piccoli, per far conoscere quest’intrepido pistoiese adottivo a chi può capire al meglio la serietà dei sogni, ovvero i bambini.
Da questo comune proposito è nato l’albo illustrato sul Porrettana Express che vi presentiamo, e in cui – noi autori dobbiamo ammetterlo – ci siamo presi la licenza di aggiungere il motore fondamentale dell’azione umana: un tocco di sentimento. Ci siamo divertiti a immaginare, cioè, che al di là degli accordi politici o delle richieste di capitali stranieri, il nostro Protche fosse spinto a realizzare la sua opera d’ingegno soprattutto dal desiderio di riabbracciare la sua amata: la bella Selvaggia, fiera abitante della montagna pistoiese e custode delle sue molte ricchezze, dalla quale abbiamo immaginato che il nostro eroe fosse diviso a causa di una insormontabile montagna. Un ingegnere ferroviario come poteva quindi mettere la sua abilità, a metà fra arte e scienza, al servizio del suo cuore? La soluzione era attraversare coi binari quel muro di roccia e quella condanna all’isolamento costituita dall’Appennino, creando gallerie che potessero unire gli amanti e i paesi, e che dessero l’opportunità al nostro di conoscere finalmente le bellezze montane a cavallo del suo destriero di metallo. Tutto per riunirsi alla sua amata.
Per questo, il protagonista del nostro albo è senz’altro Jean Louis Protche, ma l’opera è volutamente narrata a due voci: la prima parte, che ripercorre lo sforzo tecnico della progettazione e costruzione ferroviaria, è saldamente in mano al nostro ingegnere; la seconda, attraverso la quale scopriamo finalmente la montagna e i suoi segreti, è invece guidata da Selvaggia. È la fanciulla dalla lunga treccia bionda che con il suo parlare saggio insegna al suo innamorato, troppo chiuso nelle rigide certezze del mestiere, a guardare oltre il piccolo finestrino del suo vagone.
Da Pistoia a Castagno o, con uno stacco temporale, al trenino senza fumo della FAP di Pracchia; dall’albero con gli occhi di Orsigna al ponte sospeso di San Marcello o all’Osservatorio di Gavinana, i due viaggiatori allargano, così, sempre più i loro orizzonti e giungono insieme, di stazione in stazione, fino a Porretta; dove troviamo la fine della linea ma certo non la fine del viaggio. Questa è per i due solo una pausa, perfetta per riprendere le forze e fare i conti con ciò che si sono insegnati a vicenda.
Cosa hanno imparato i nostri eroi? Delle piccolezze: che tecnica e natura non devono essere avversari ma alleati; che è molto più semplice lamentarsi e innalzare barriere che agire in prima persona e costruire ponti; che le differenze alla fine non sono una condanna ma l’occasione più semplice per ottenere mondi più larghi e incontri più autentici. Piccolezze che, poi, piccole cose davvero non sono, ma che anzi è sempre un bene ribadire; così come è bello celebrare ancora oggi l’eleganza antica della Porrettana e la maestosità riservata dell’Appennino che attraversa. Sono piccolezze che i piccoli veri, quelli che giocano ancora coi treni, con le rime o coi pastelli, crediamo saranno i primi ad apprezzare. Con gioia nostra, del nostro coraggioso ingegnere e della sua fiera fanciulla.
Testo Martina Colligiani
Illustrazioni Michele Fabbricatore