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Viaggiare restando a casa

Cosa accade quando si ama la città in cui si vive ma anche il teatro che programmano a Parigi, Edinburgo, Praga o qualche città sud americana?

Ci sono due possibilità: il trasferimento momentaneo o permanente di se stessi all’estero o quello delle produzioni dei suddetti teatri nella propria città.

In entrambi i casi si costruisce un ponte, si tira una fune che collega il punto di partenza a quello di arrivo. Il Funaro di Pistoia – nomen omen, è il caso di dirlo, anche se la scelta deriva semplicemente dalla collocazione in via del Funaro – è nato sul bivio di questo quesito e chi l’ha ideato ha scelto di viaggiare restando a casa, di trasferirsi solo per il tempo necessario a stabilire cosa mettere nella “valigia” da riportare in città ovvero gli spettacoli che con più arte raccontano di noi e del mondo in cui viviamo.

La storia non parte da tanto lontano: nel 2003 quattro amiche, Antonella Carrara, Lisa Cantini, Mirella Corso e Francesca Giaconi accomunate dalla passione per il palcoscenico fondano un’associazione, il Teatro Studio Blu. Per un anno organizzano corsi di recitazione e nel frattempo incontrano il produttore internazionale Andres Neumann, il regista e antropologo colombiano Enrique Vargas (fondatore del Teatro de los Sentidos, che ha recentemente presentato “Il Filo di Arianna”) e Juan Carlos Corazza, regista e autorità nel campo della formazione attoriale. Prende forma l’idea di portare a Pistoia le esperienze teatrali di valore che il gruppo stava incontrando, creando un luogo adatto ad accoglierle.

Meglio in campagna? In città? Vengono valutate varie possibilità ma alla fine sembra più giusto restare a Pistoia: se insieme al desiderio di esplorazione c’è quello di condividere la gioia della scoperta meglio non “isolarsi”, restare in centro, in un quartiere, fra le persone. Messa a fuoco la domanda è stato facile trovare la risposta: la decisione ha acuito lo sguardo e improvvisamente, alcuni vecchi magazzini artigiani, che erano sempre stati lì, a due passi dal Duomo, appaiono come il vestito perfetto per l’idea di un teatro/non teatro, adatto alla programmazione ma anche alla formazione, alla documentazione, alle residenze, sul modello ideale della Cartoucherie di Parigi o di alcune sale teatrali che si possono incontrare in Francia o in Germania, dove è possibile andare anche solo per bere un caffè. Pensati come piazze di un paese che hanno al centro un palcoscenico sono posti che favoriscono prima di tutto la “relazione” con chi li frequenta. Questi edifici in via del Funaro possono diventare un posto accogliente, hanno l’aria di essere adatti perché si sviluppano in orizzontale, hanno più sale, il che è un vantaggio per svolgere contemporaneamente differenti tipi di attività. Si mettono all’opera Antonella Carrara, Alberto Vescovi, l’architetto Gianluca Mora, Andres Neumann, Enrique Vargas e Jean-Guy Lecat, stretto collaboratore di Peter Brook per la concezione degli spazi scenici e nel 2009 nasce il Funaro come lo conosciamo oggi.

Se si parla del Funaro soprattutto come promotore di contenuti internazionali è inevitabile tornare un momento su Andres Neumann: nato in Bolivia da genitori mitteleuropei di lingua tedesca, cresciuto a Montevideo, in Uruguay, emigrato nella Francia di Jack Lang per poi trasferirsi a Firenze nel 1974, Neumann è cresciuto a cavallo di tante, diverse culture, parla cinque lingue e nel corso della sua lunga carriera le ha sempre utilizzate tutte. La sua stessa professione è stata quella di “fare da ponte”: in oltre venticinque anni ha portato il meglio degli artisti stranieri in Italia e il meglio di quelli italiani all’estero. Il suo nome figura accanto a quello di artisti come Peter Brook, Tadeusz Kantor, Dario Fo, Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Ingmar Bergman, Pina Bausch, Luca Ronconi, Andreij Waida, Robert Wilson, il Living Theatre, nomi che ha accompagnato in momenti importanti della loro attività professionale. Un bagaglio artistico geograficamente così esteso e ricco da dare la possibilità di allargare lo sguardo alle fondatrici del Funaro, una preziosa opportunità formativa sul piano poetico e tecnico. Fino al 2013 Neumann è stato il consulente artistico e strategico del Centro, dove fino ad oggi, intrecciando il solido insegnamento e nuovi saperi è stato possibile programmare l’opera di compagnie da cinque continenti, note o nuove per l’Italia e citando solo gli stranieri compaiono i nomi di Peter Brook (Francia/Regno Unito), Michael Vogel (Germania), i Fratelli Forman (Repubblica Ceca), Marcello Magni, Kathryn Hunter, Jozef Houben (Italia/Regno Unito), Daniel Pennac (Francia), Rabih Mroué e Lina Saneh (Libano), Cuocolo Bosetti (Italia/Australia), Enrique Vargas e il Teatro de los Sentidos (Spagna), Blind Summit Theatre (Regno Unito), il Teatro Arabo Ebraico di Jaffa e non ultima Cristiana Morganti, italiana ma trapiantata a Wuppertal molti anni fa per lavorare con Pina Bausch ed ora impegnata in un percorso autonomo curato dal Funaro, che la produce (unica artista per cui ha deciso di farlo). Sono pochi gli spettacoli che presenta il Funaro ogni anno, circa cinque, seguendo come unica, ferrea regola di non proporre mai qualcosa per cui non varrebbe la pena fare anche molti chilometri (quelli che fanno le promotrici per andare a scovare i lavori).

Ciò produce molti debutti nazionali (visto anche il numero esiguo di titoli si tende a non ripetere ciò che già si può vedere altrove, in Italia) e al tempo stesso la ricorrenza, di anno in anno, di alcuni nomi nel cartellone perché approfondire la conoscenza della poetica di artisti particolarmente stimati, lentamente, nel tempo è una possibilità in più, secondo il Funaro.

Nella Biblioteca del Centro, fra le più fornite in Toscana di testi di teatro contemporaneo, è custodito anche il Fondo Andres Neumann: l’archivio professionale del produttore che testimonia anni di gloriosi tour mondiali. Quelle carte, pur molto differenti da quelle che si potrebbero compilare oggi se si parla di management teatrale, sono però un importante stimolo a non porre limiti ai sogni. Sono una specie di bussola che indica la via per continuare questo gran tour teatrale, per il piacere di chi lo organizza e insieme di chi vuole prendere parte al viaggio stando comodamente seduto su una poltrona di un teatro pistoiese.

 

TESTO
Tommaso Frasca
FOTO
Archivio Il Funaro

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