Dall’insuperato Zeno Colò a Celina Seghi e Vittorio Chierroni.
Scrivere oggi, nell’anno di grazia 2014, dei campioni di sci abetonesi, è come tuffarsi a ritroso negli ultimi cinquanta anni della nostra vita, e assaporare, con inevitabile malinconia, affetti, emozioni e sensazioni stupende, che il tempo non cancellerà mai. Cominciamo dal più grande: Zeno Colò. Nasce nel 1920 a “la Consuma”, borgo di poche anime a circa 1 km dal passo dell’Abetone, dove una volta, all’epoca della costruzione della strada, (1781), si sostituivano i cavalli per il trapelo delle rare vetture, “consumati” dalla fatica. Primogenito dei quattro figli di Alfredo e Teresa, e non ancora adolescente, viene istruito o meglio addestrato, nell’unico mestiere praticato nel borgo paterno: il boscaiolo, lavoro duro, reso ancora più bestiale all’epoca dagli attrezzi primordiali usati, che tempra un carattere brusco e taciturno, ma anche muscoli d’acciaio. Inizia a sciare di nascosto dal padre severissimo. Già alla fine degli anni ‘30 si afferma in maniera clamorosa e dirompente.
Poi la triste pausa bellica, il richiamo alle armi, “la pattuglia veloce” degli alpini, che da Cervinia “scivola” a Zermatt, “l’internamento” a Murren dove può continuare a sciare. Diviene, per gli elvetici, “blitz” l’uomo lampo. Dopo, vince sulle nevi di tutto il mondo. Non c’è “classica” sia nazionale sia straniera che non porti il suo nome: Trofeo Cervino 3-Tre, il mitico Kandahar di St. Anton Wengen, Adelboden, Kitzbühel con l’altrettanto mitica “Streif” la libera per eccellenza e poi l’esplosione ad Aspen, in Colorado due volte medaglia d’oro ai mondiali in discesa e slalom e argento in gigante. Poi arriva l’Olimpiade 1952 a Oslo con la medaglia d’oro ancora in discesa, titolo mai più conquistato, fino ad oggi, da un atleta italiano. Nel frattempo, colleziona 28 medaglie ai Campionati Italiani e riuscirà a resistere, agonisticamente parlando, fino al 1954 quando la Fisi, la sua Federazione, gli infligge una iniqua squalifica per “professionismo” perché aveva dato il suo nome ad una giacca a vento. Fa, tuttavia, in tempo ai mondiali di Aare in Norvegia ad “aprire” la pista di discesa con il miglior tempo, davanti all’austriaco Pravda, che sarà il nuovo campione del mondo. Sarà il “tedoforo” alle Olimpiadi di Cortina nel ’56. Una storia strabiliante che lo vide, anche, aggiudicarsi, nel 1959, il record di velocità sul chilometro lanciato a Cervinia, con materiali di serie, senza casco e “bardature” di nessun tipo, ad oltre 160 Km all’ora. Vince ancora, per oltre quindici anni, i Campionati dei maestri di sci e mentre la Fisi lo riabilita, con colpevole quanto inutile ritardo, perde l’ultima gara, contro un inesorabile male il 12 maggio 1993.
Celina Seghi
Dal 1937 – appena diciassettenne – al 1954 ha sciato e vinto con più femminile leggerezza e con più atletica regolarità e potenza di qualsiasi altra sciatrice italiana ancora vivente.
Campionessa del mondo di slalom 1941, medaglia d’oro al valore atletico, atleta nella storia con 24 titoli italiani, medaglia di bronzo di slalom al campionato del mondo del 1954, “K” di diamanti (quattro vittorie al concorso internazionale Alberg Kandahar). Unica sciatrice al mondo che può fregiarsi di tale titolo.
Vittorio Chierroni
Rolly Marchi, importante giornalista italiano di sport invernali, dopo la scomparsa del campione, scrisse sulla Gazzetta dello Sport: «Era un audace, scardinava la neve. Aveva, impresso nel volto, un acuto senso della sua origine abetonese, vento e montagne, un viso antico carico di sapienza e di arguzia».
Campione del mondo di slalom 1941; 10 titoli di campione italiano (5 in libera, 2 slalom 3 combinata alpina); 1948 vince libera e combinata dell’Alberg Kandahar; 1948 vince Trofeo Lauberhorn dominio in campo nazionale. Due estremi. 1934: vince la discesa libera internazionale del monte Canin (una delle libere più terrificanti dell’epoca); 1950 vince il gigante della “3-Tre” di Campiglio, altra prestigiosa manifestazione internazionale.
TESTO
Marcello Fontana
FOTO TRATTE DAL VOLUME
Zeno Colò
Pacini Editore