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L’arte di costruire e restaurare organi a Pistoia, dal Medioevo ai giorni nostri.

Una tradizione lunga oltre sei secoli, quella dell’arte di costruire organi a Pistoia, che ha le sue radici nel Medioevo con la presenza in città di organari chiamati a fabbricare e conservare strumenti. Fatta eccezione, tra XVI e XVIII secolo, per l’organaro Pietro Castagna e per la breve dinastia dei Quartieri e dei Pomposi, bisognerà attendere la metà del Settecento per avere una vera e propria scuola organaria pistoiese; fino a tale periodo, infatti, saranno organari non autoctoni quelli che porteranno il loro contributo lavorativo a Pistoia.

Tra i nomi illustri si ricordano Matteo da Prato (sec. XV), Andrea di Nanni da Colonica, Giannino di Giusto Biancucci e Cesare Romani da Cortona (sec. XVI), e il maestro lucchese Cosimo Ravani, chiamato, agli inizi del Seicento, dalla nobile famiglia Rospigliosi per dar vita alla magnifica macchina dell’organo per la chiesa di San Domenico; dopo di lui arriverà il romano Giuseppe Testa, portatore, con l’organo per la chiesa di Santa Maria Assunta a Popiglio, di una ventata barocca nel capitanato della montagna.

L’arte organaria raggiungerà il suo apice nel XVII secolo con la presenza a Pistoia del Bernini degli organi, il maestro fiammingo Williams Hermans, chiamato dall’allora cardinale Giulio Ropsigliosi, futuro papa Clemente IX, per la realizzazione dell’organo, in tempi da record, per la chiesa di San Ignazio di Loyola dal cui esempio muoverà i passi la scuola organaria pistoiese del secolo successivo.

Sarà un organaro lucchese, Domenico Francesco Caciolli, a scegliere nella prima metà del secolo XVIII Pistoia come sede stabile della sua attività aprendo una bottega sulla Piazza della Trinità. Alla sua scuola si formeranno i celebri fabbricanti d’organi pistoiesi, Tronci e Agati, la cui attività, parallela ma distinta, diventerà, grazie al pregevole lavoro dei loro esponenti, fiore all’occhiello dell’alto artigianato musicale pistoiese, portando al di fuori dei confini cittadini il nome di Pistoia e la bellezza della sua arte.

La famiglia Tronci, dopo gli esordi lavorativi con un negozio di chincaglierie sullo Sdrucciolo della Sala, grazie ad una fortunata ascesa lavorativa, diventerà una delle più illustri casate di artigiani, attivi per secoli nella costruzione di organi, nel grandioso laboratorio posto al piano terra del palazzo di famiglia, oggi solo in parte riconoscibile nelle moderne forme di un palazzo al n. 22 di Via Cavour.

Gli Agati, invece, nell’arco di tre generazioni passarono da semplici legnaioli a valenti organari; il palazzo con la ditta annessa, a pochi metri da quello Tronci, oggi inglobato dalle moderne linee della sede della Camera di Commercio, fu il simbolo di un potere economico e sociale che la famiglia aveva con grande sacrificio acquisito nel tempo. L’ultimo degli Agati, Nicomede, alla prematura morte del nipote Luigi, figlio del fratello Giovanni ed unico continuatore dell’arte organaria, perseguendo la lungimirante decisione di non dare ad un forestiero la sua fabbrica d’organi, la cedette al concittadino Filippo III Tronci che dette così vita alla ditta Agati-Tronci.

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La costruzione di un organo, ieri come oggi, è il risultato di un lavoro di alto artigianato, in cui le capacità manuali si uniscono alla conoscenza dei materiali e delle discipline artistiche, musicali, oltre che matematiche, fisiche e chimiche. Ogni strumento è un irripetibile manufatto: l’organaro, nel suo percorso di costruzione o restauro di uno strumento, dalla chiesa al palcoscenico, adotta severe regole ed una grande passione, restaurando o costruendo ex novo uno strumento dalle caratteristiche uniche e irripetibili.

Ancora oggi nel territorio di Pistoia, a Montemagno (Quarrata), è presente l’arte di costruire e restaurare gli organi: la ditta di Samuele Maffucci, insieme ai suoi collaboratori Enrico Barsanti ed Andrea Michelozzi, porta avanti la lunga tradizione artigiana pistoiese, dove la manualità dei maestri della musica si unisce alla conoscenza organistica e al costante studio e ricerca delle fonti storiche. Come se il tempo non si fosse mai fermato: il fascino e la forza di una tradizione che ancora oggi permette di chiamare Pistoia città degli organi.

TESTO

Francesca Rafanelli

FOTO

Massimo Carradori

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