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Un sound americano made in Italy

La band dei Piqued Jacks di Buggiano reduce da un tour negli Stati Uniti.

Nello studio di registrazione dei Piqued Jacks il volume della musica è alto, le vibrazioni sono intense, la band prova i brani del prossimo disco, il loro primo album acustico. I quattro musicisti toscani prendono una pausa: “A fine prove – esordisce il batterista Matteo “ThEd0g” Cugia – un caffè è obbligatorio”. Ovviamente americano, un caffè che arriva direttamente dal loro ultimo “Atlas Tour”. I Piqued Jacks sono rientrati da poche settimane dagli U.S.A, dopo il loro secondo tour negli States. “Abbiamo macinato oltre ventimila chilometri – afferma il chitarrista Francesco “Penguinsane” Cugia – e attraversato una dozzina di Stati. La scena musicale americana è incredibile, ci sono persone che per ascoltarti percorrono anche due ore in auto”.

E’ proprio così: i Piqued Jacks fin dalle prime canzoni degli esordi cantano in inglese. Una scelta molto impegnativa ma che ha connotato il sound della band pistoiese, riconoscibile e apprezzato prima nella scena underground di Austin Texas e poi nelle numerose città toccate durante l’ultimo tour, concluso nel giugno 2015 con 45 esibizioni in 90 giorni. “Appena rientrati in Italia dopo il secondo tour in U.S.A. – prosegue il bassista Francesco “littleladle” Bini – abbiamo suonato in diversi festival, fra questi il Marea Festival di Fucecchio e MusicaW Festival, abbiamo appena aperto il concerto degli Interpol a Prato”. Una serata memorabile per la band: “Paul Banks ci ha ringraziato durante il concerto – racconta il frontman Andrea “E-King” Lazzeretti – e dopo abbiamo conversato a lungo con lui. Ha preso il nostro ultimo album e ci ha fatto i complimenti per il nostro sound”. La vocazione internazionale della band fondata a Buggiano nel lontano 2006 è una prospettiva diventata realtà.

“Appena entrati sul palco – proseguono i musicisti – abbiamo visto davanti a noi migliaia di persone. Una sensazione bellissima: dopo i primi momenti di emozione abbiamo suonato, eravamo molto carichi perché è il pubblico a creare uno scambio di energia. Senza pubblico durante un concerto non esiste la musica, non esiste l’arte”.

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I Piqued Jacks, dopo aver pubblicato singoli, EP e LP – ultimo fra questi “Climb Like Ivy Does” del 2015 – sono già a lavoro per il prossimo album: “Da tempo ci chiedono di incidere un album acustico – proseguono I Piqued Jacks – e probabilmente entro il 2015 pubblicheremo anche questo nuovo lavoro”. I giovani musicisti sono molto legati e raccontano la loro esperienza americana e italiana a quattro voci, sempre ben accordate fra loro, una sinergia preziosa e un sostegno reciproco che è fondamentale quando per settimane intere la band si sposta per migliaia di chilometri. “Negli Stati Uniti – raccontano i Piqued Jacks – ogni giorno percorrevamo 8 ore di auto per arrivare nel luogo del concerto. Suonavamo e al mattino seguente ancora altre 8 ore per raggiungere la nuova meta, siamo una band esperta e pronta a suonare in ogni contesto”.

Sono molti i riferimenti a tematiche ecologiche nei loro brani alternative/funk rock. Proprio come il titolo del loro ultimo album, i Piqued Jacks si arrampicano come l’edera, alla ricerca di uno spazio che ritengono vitale nel panorama della musica indipendente. “In Italia – continuano i Piqued Jacks – la cultura musicale è diversa rispetto agli Stati Uniti, probabilmente più limitata. Negli U.S.A. sono più esigenti, prestano molta attenzione alla scena musicale e soprattutto alle novità”. Almeno su un aspetto i Piqued Jacks non hanno dubbi: “Proprio sulla base di questa consapevolezza – conclude “Penguinsane” Cugia – abbiamo deciso di cantare in inglese, in questo modo possiamo comunicare con tutto il mondo!”.

TESTO

Emanuel Carfora

FOTO

Francesca Fabbri

Simone Ridi

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