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La colazione zuccherina di San Iacopo

Il sontuoso rinfresco offerto in dono a vescovo e nobiltà per festeggiare il patrono: anche di questo si parla nel volume di Andrea Chiappelli rivisto da Iacopo Cassigoli.

In principio furono frutta, pane, vino e berlingozzi. Poi, con il passare degli anni, a cavallo fra XIV e XV secolo, confetti, triggea, finocchiata e rinfreschi di trebbiano. E dalla metà del XVI secolo fino al 1777, confetture, cialdoni, pistacchi, cannellette, frutte candite, vino greco, malvasia e trebbiano. Leccornie che ogni anno, in concomitanza con i festeggiamenti del 25 luglio per il santo patrono di Pistoia San Iacopo, venivano servite al vescovo della città e agli alti prelati.

Il rituale prendeva il nome di Colazione zuccherina, ed è narrato in “Storia e costumanze delle antiche feste patronali di San Iacopo in Pistoia” di Andrea Chiappelli. Il volume edito nel 1920 in sole 120 copie e recentemente ripubblicato dalla casa editrice pistoiese Settegiorni editore, a cura di Iacopo Cassigoli che lo ha riportato alla fruizione collettiva, e presentato al residence Artemura. 140 pagine in cui Chiappelli attraversa nove secoli di festeggiamenti iacopei e delinea un un quadro storico-sociologico del culto del patrono pistoiese, di cui si hanno le prime testimonianze scritte nel 1221. Dal passaggio dei festeggiamenti a carattere esclusivamente religioso, a quelli successivi che mescolavano religione e riti civili, delineando il carattere sempre più popolare dei festeggiamenti. Fino alle “invenzioni” post seconda guerra mondiale che ai festeggiamenti iacopei affiancarono nel 1946 la Giostra dell’Orso.

vino speciale costumanza pubblico.artemura

Un esempio di omaggio consegnato al Vescovo, tre bottiglie di vino, ed il pubblico ad Artemura Residence

Ed è grazie ad Andrea Chiappelli che si scopre il rito iacopeo della Colazione zuccherina, il rinfresco di cui si cominciano ad avere notizie certe e dettagliate dal 1397. Un pasto ricco e sfarzoso offerto dall’Opera di San Iacopo al vescovo di Pistoia, ogni 25 luglio, con i pregiati prodotti delle spezierie di Pistoia già famose per i confetti. “Trionfi di confettura dorata – scrive Chiappelli – per la colazione della mattina di San Iacopo”. Confetti prodotti nelle cosiddette spezierie – la più famosa fra ‘300 e ‘400 era quella del Vescovado o “Farmacia dei Ferri” al pian terreno dell’attuale Antico palazzo dei Vescovi in piazza Duomo – che poi, nell’ottocento, cominciarono a essere prodotti nelle piccole drogherie a gestione familiare di Pistoia. Un’attività di retrobottega che, dal 1918 in avanti, per la ditta del cavalier Umberto Corsini divenne vera attività industriale. Un aspetto che contribuì ulteriormente a identificare Pistoia come “città dei confetti”.

Durante i festeggiamenti iacopei, dunque, non solo processione con la reliquia del santo, cerimonia degli omaggi, corteggi e luminarie. Anche la Colazione zuccherina era a tutti gli effetti uno dei riti più apprezzati e attesi per il santo patrono. Una refezione che doveva essere “buona, bella, onorevole, sufficiente et conveniente” scrive ancora Chiappelli. In principio offerta solo al vescovo, dalla metà del ‘600 si aprì anche alla nobiltà cittadina e forestiera. Un numero sempre maggiore di persone, che costrinse l’Opera di San Iacopo a decidere di trasferire il rinfresco dalla sala del Vescovado alla sala Maggiore del Comune di Pistoia nel 1641.

Nel 1704 la Colazione zuccherina si arricchì anche del gelato, al tempo chiamato “neve”. Prodotto con ghiaccio grattato, proveniente dalle ghiacciaie della montagna pistoiese, e mescolato a frutta e aromi. Uno sfarzo che, però, cominciò a essere davvero troppo costoso per le casse dell’Opera di San Iacopo e che costrinse l’ente a diminuirne quantità e sontuosità. Colazione che scomparve del tutto nel 1777, quando dietro firma del decreto del Granduca Leopoldo I l’opera di San Iacopo fu soppressa. E con essa, appunto, anche l’usanza del ricco rinfresco a base di dolci e vini prelibati nella mattinata di festeggiamenti per il santo patrono della città di Pistoia.

 

valentina vettori

Mi chiamo Valentina Vettori e sono nata a Pistoia il 18 marzo 1990. Dopo essermi diplomata al liceo scientifico, ho conseguito la laurea triennale in Scienze della comunicazione all’Università di Firenze per poi trasferirmi a Genova. Città in cui ho vissuto due anni e mezzo e dove mi sono laureata in Informazione ed editoria, dopo aver frequentato il corso di Giornalismo culturale. Nella città ligure ho mosso i miei primi passi nel mondo del lavoro scrivendo per l’Agenzia regionale per la promozione turistica. Nel 2015 sono tornata a Pistoia e ho cominciato a collaborare con il quotidiano Il Tirreno. Amo i viaggi, i cani, la filosofia, i tramonti al mare e la cucina toscana, ma non chiedetemi di cucinare, non ne sono capace.

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